Questo testo dei fratelliGabbard, corredato da una filmografia esauriente, vede oggi la suaseconda edizione (la prima era comparsa nel 1986) riveduta e ampliata indiverse parti: nella revisione gli Autori hanno potuto riscontrare comeil materiale da introdurre fosse sensibilmente aumentato: la filmografiaraccolta nel 1986 era circa di 300 film, oggi si avvicina a 450.
Inoltre da quando, nel 1987, èapparsa la prima edizione la psichiatria ha continuato ad allontanarsidalla psicoanalisi e dalla psicoterapia: ciononostante, nel mondo del cinema,l'enfasi rimane sulla cura della parola e raramente viene rappresentatala somministrazione effettiva di farmaci. In questo testo il termine psichiatriaviene usato dagli Autori nella sua accezione più vasta per comprenderetutti coloro che lavorano nel campo della salute mentale, specialmenteda coloro che esercitano la psicoterapia.
I retroterra culturalidei due Autori sono molto diversi: Glen O. Gabbard è psichiatrae psicoanalista direttore dell'Istituto di psicoanalisi di Topeka,mentre Krin Gabbard insegna cinema, letteratura e 'cultural studies' allaState University di New York. Il risultato è un tentativo di integraree sintetizzare la dimensione dello studio sul cinema con quella della psichiatriae della psicoanalisi: come noto il cinema e la moderna psichiatria sononati quasi in contemporanea all'inizio del '900 e hanno avuto un destinoparallelo, poiché dall'Europa si sono trasferite negli USA. Siala psichiatria che il cinema, non sempre in accordo, hanno cercato di penetrarenella vita quotidiana e di rivelare i segreti del carattere umano. Inoltrela psichiatria ha fornito a sceneggiatori e produttori molti spunti e materialeper le vicende da rappresentare sul grande schermo: i film sono divenuticon il tempo il 'grande magazzino' della immagini che popolano l'inconscio,il territorio privilegiato della psichiatria psicoanalitica.
Nel tentativo di rintracciarele varie relazioni tra cinema e psichiatria gli Autori si sono imbattutinei personaggi e con le convenzioni stereotipate che dominano la rappresentazionecinematografica degli psichiatri: gli stereotipi variano sensibilmenteda un periodo storico all'altro. Nel primo capitolo è quindicontenuta la rassegna degli sterotipi più comuni, e ovviamente gliAutori si rivolgono prevalentemente alle strutture culturali e storichedella produzione cinematoigrafica americana. Malgrado la loro indiscussaimportanza sono state tralasciate opere come "Il gabinetto del Dott Caligari"di R.Weine, "I misteri di un'anima" di G. Pabst, "Il testamento del DottMabuse" di Fritz Lang, "L'immagine allo specchio" di Ingmar Bergman. Ineffetti l'analisi degli psichiatri nei film stranieri avrebbe richiestouna metodologia più elaborata di analisi, che non era possibileper gli Autori affrontare. Dopo aver analizzato gli stereotipi e i generipiù comuni, dedicano ben tre capitoli alla evoluzione storica dellerappresentazioni cinematografiche della psichiatria americana
Come puntualizzano nell'introduzionegli Autori, il termine "psichiatria" viene utilizzato in generale per designarel'attività professionale di coloro che si occupano, a vario titolo,di salute mentale, senza addentrarsi (per ovvi motivi) una distinzioneulteriore tra le varie discipline sviluppatesi all'interno. Seguendo glisviluppi di questa ricerca si nota come come nel cinema spesso l'attivitàdello psichiatra spesso si confonde ibridandosi con quella di consulentescolastico, assistente sociale. Inoltre la rappresentazione prevalente,dagli anni trenta ad oggi, è quella si una terribile semplificazionedella "terapia della parola" che nel cinema la professione psichiatricaè risultata di fatto "demedicalizzata".
Inoltre una delle ragioni dell'onnipresenzadegli psichiatri nel cinema americano è forse legata alla pertinenza della loro professione – che si riflette nell'immaginario di registi espettatori – con le modalità con cui il cinema influenza la menteumana.
Le immagini proiettatesullo schermo vengono riconosciute come affini o appartenenti al "registrodell'immaginario" dell'inconscio che da personale diventa collettivo (perdirla con Lacan): in effetti la ricerca in questa direzione dovrebbe potersvelare quale sia il nesso tra l'immagine filmica proiettata sullo schermoe l'inconscio dello spettatore.
I Gabbard individuano – forti della loroimponente documentazione – l' "età dell'oro" della psichiatria nelcinema, tra gli anni '50 e i '60: l'idealizzazione del terapeuta come voceautorevole della ragione e spesso scaduto nella produzione cinematograficaa somministrare consigli che sembravano tratti direttamente dai manualidel Dott. Spock o dalle rubriche dei magazine patinati. Dagli anni '60in poi riprende a trionfare lo sterotipo negativo come nell'ironico CiaoPussycat, dove Peter Sellers nella parte del dott Fritz Fassbender impersonaun ciarlatano viennese lussuririoso alle prese con le infedeltàdi Peter O'Toole. Infine completerà l'opera Woody Allen che conil suo cinema 'ipernarcisistico' segnerà l'avvento dell'artistain analisi.
Dopo aver analizzato nella prima parteil modo in cui i film hanno rappresentato gli psichiatri, nella secondaparte "Lo psichiatra al cinema", i Gabbard rovesciano la prospettiva analizzandoi film da un punto di vista psicoanalitico, completando la ricerca a duefacce, del complesso rapporto che intercorre tra psichiatria e cinema.
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