QuesteConversazioni private, con regia di Liv Ullmann e soggetto di IngridBergman, ci riportano ad un tema classico della filmografia d'autore: l'analisidi problemi esistenziali e filosofici attraverso l'indagine fenomenologica.Bergman con il soggetto tratto dal suo romanzo omonimo e Liv Ullmanncon la trasposizione cinematografica ci consegnano un'opera di grandevalore artistico. Centro della narrazione il tema classico dell'adulterioe del tradimento – analizzato in tutte le sue molteplici sfaccettaturecome nel celebre Scene da un matrimonio – che viene introdottoda Anna (Pernilla August) nella prima conversazione con lo zio Jacob, pastoredella comunità religiosa (Max von Sydow): gli confessa conmolta sofferenza di essersi innamorata di uno studente di teologia, e ditradire il marito ignaro, anch'esso impegnato nella comunità pastorale.Ciò che viene messo in scena è quindi il destino di una donnache si consuma tra amore sacro (verso Dio) e amore profano (la passioneper un uomo).
Illegame tra Anna e Jacob si dipana lungo l'arco di una generazione, dallaprima giovinezza all'età matura di Anna, nei primi anni del Novecento.In esso trova posto una divergenza profonda e sostanziale che, mentre sembraporre in causa solamente la questione religiosa, in realtà investeil modo stesso di concepire la vita, propria e degli altri. Anna si contrapponealla figura religiosa e retta di Jacob come figura radicalmente laica,incapace di affidarsi a un Dio che non sa né dove cercare nédove trovare. Scossa da inquietudini e da contraddizioni é proprioper questo portatrice di una spinta alla vita e alla trasformazione cheinvano cercherà un interlocutore possibile: la giovanissima Annadubita se accettare o meno la comunione e Jacob la lascia libera di scegliere.
Vent'annidopo lei gli riproporrà un dubbio in fondo simile: seguire se stessa,minacciando l'ordine costituito, o salvaguardare quest'ultimo rinunciandoalla passione amorosa? Questa volta Jacob non le offrirà una scelta.Forse la spinta amorosa è più temibile, nelle sue potenzialitàdistruttive, del dubbio religioso?
Come la primavolta Anna si sottometterà alla legge, all'ordine religioso: vent'anni prima all'ordine del piccolo gruppo protestante al quale appartiene, vent'annidopo all'ordine sociale che la vuole legata al marito. Il problema chetormenta Anna è un problema etico fondamentale: affrontare pienamentee fino in fondo le proprie contraddizioni, assumendosene il rischio e laportata di caos, di distruzione, o eluderle, in favore dell'adesione aduna morale collettiva di cui Jacob si fa portavoce?
Possiamoporre il problema anche da una diversa prospettiva: da dove proviene lasalvezza individuale? Dalla scelta che privilegia ad ogni costo la libertàdel singolo o dalla capacità di rinuncia, che permette all'individuodi abdicare in favore dell'altro o del gruppo? Si tratta evidentementedi una questione di fondo, che percorre il cattolicesimo quanto il protestantesimo.D'altra parte sarebbe un'ipocrisia vedervi solo una questione etica, sganciandoladal portato sociale e culturale che ha tipicamente eletto la donna a figurasacrificale. Potremmo allora trasformare questo interrogativo e chiederci:può un destino femminile volgersi alla realizzazione della propriaindividualità o questo tentativo è necessariamente votatoal fallimento?
Assistendoalla crisi esistenziale di Anna, il pastore la incoraggia ad unavera e propria confessione: è infatti un sacramento che Luteroconsigliava ai suoi, chiamandolo conversazione privata, per permettereforse al penitente un maggiore svelamento di sé attraverso la possibilitàdi esternare i tormenti della colpa vis a vis al confessore. Inquest'ottica la confessione avviene attraverso un incontro umano, dovechi soffre per avere perso fede in Dio trova la massima possibilitàdi ascolto, non tanto nel confessionale, ma in un dialogo schietto e onesto,dove la distanza tra colui che si confessa e l'ascoltatore consente diincontrare senza barriere lo sguardo dell'altro. E' dunque la possibilitàdi rispecchiarsi nello sguardo dell'altro il fulcro della conversazioneprivata, che in questo caso parte sì da una difficoltàumana per rivolgersi ben presto anche nei tormenti della protagonista al tema della sacralità dell'esistenza dell'uomo.
Il pastoreJacob ammonisce Anna, a non invocare il nome di Dio nell'angosciadella colpa, bensì a ricercare umilmente la presenza del sacro nellavita di tutti i giorni.
Cosa vi èinfatti di più sacro di un'unione coronata dalla nascita gioiosadei bambini?
E cosa viè di più sacro di un amore passionale consumato nell'ombracon un giovane studente di teologia? Dov'è dunque la voce di Dio?L'esistenza di Anna – in bilico tra sacro e profano – appare destinatasin dall'inizio votata al sacrificio esemplare in nome dell'unitàdella sacra famiglia e della tutela dell'innocenza e della serenitàdei bambini.
Dio cosane sarà mai dei bambini …!
Bambini innocentie felici che come in Scene da un matrimonio non compariranno maisulla scena, se non un una fugace immagine in cui nella felice cornicedella vacanza in campagna vengono immortalati nella loro gaia esistenza.Non ci rimane che proteggere dunque questi bambini, che non devono rimanereturbati anzitempo dalle angosce e dalle miserie della vita degli adulti!
La secondaconversazione, che avviene tra Anna e il marito nella casa di vacanze,è quella sicuramente più drammatica, dove si intravedonole tracce della lezione teatrale di Ibsen, che già in Casa diBambola aveva analizzato il tema della moglie infedele che porta sull'orlodella catastrofe esistenziale la vita della famiglia. Ma ci sono anchele urla e gli scoppi di ira de La tempesta di Strinberg: la regiastessa del film, con l'ambientazione negli interni grigi della casa, ivolti appassionati e disperati, la recitazione sofferta degliinterpreti ci rimanda al palcoscenico di un teatro. Il volto tormentatoe mobile di Anna, spesso coraggiosamente mostrato in primo piano, finalmenteautentico dopo tanti seduttivi volti di celluloide di maliarde holliwoodiane, ci coinvolge direttamente nel dramma.
La terzaconversazione si svolge durante la fuga d'amore. Casta e misurata nelle movenze, trattenuta nelle effusioni con l'amante che cerca di proteggeregoffamente con una fede nuziale del nonno defunto, per risparmiargli loscherno di sguardi indiscreti. Ma Tomas, studente di teologia immaturoe incerto, viene travolto dalla passione di lei: non reggealla prova della fuga d'amore, consumata nell'austera dimora di una signoranorvegese, zia di una cara amica di Anna. Quasi soffocati nel talamo sontuosoadorno di pizzi e damaschi, si spegne mestamente la passione degli amantiin fuga, che lascia spazio ad una angoscia dilagante, al tormento dei dubbi,allo smarrimento dell'anima. Ed è proprio il continuo riferimentoalla riflessione teologica e filosofica sempre presente nel film, che riescea dare spessore a questo eterno dramma umano, che nella riproposizionecinematografica potrebbe immiserirsi: non a caso l'austera Marta, amicadi Anna, suggerisce allo smarrito Tomas la lettura del libro di Kirkegaard,Opere dell'amore.
Infinel'ultima conversazione con il pastore Jacob, è dominata dalla riflessionesulla morte. Il pastore gravemente malato, chiama Anna per l'ultimo salutoe per prendere insieme a lei la comunione: qui Anna, vedendo una foto,rammenta anche il dubbio che l'assalì il giorno della prima comunionea diciotto anni, e anche in quella circostanza fu lo zio Jacob ad indicarleil giusto cammino. Anche allora le fu impossibile decidere liberamente,secondo coscienza, e fu questa arrendevolezza – ai limiti del masochismo- a segnare per sempre la sua vita. Jacob interroga ancora una volta ilcuore di Anna, che considera ormai come una figlia.
Certo leferite sono in qualche modo rimarginate, anche se la sofferenza subitaha spento il volto di Anna: é rientrata in famiglia dopo la fugadello studente Thomas, i bambini crescono bene e il marito Heinrich siè ammalato e proprio a causa della sua fragilità si sonoriavvicinati. Ormai siamo buoni amici sorride mestamente, ormaisalva dal gorgo infernale della passione! Jacob finalmente sospira e silascia sfuggire un sorriso "… ora posso morire in pace!".
L'esistenzadi Anna appare stretta fra tre figure maschili che non sanno incontrare,seppure per motivi diversi, il potenziale creativo- trasformativo che essaporta dentro di sé (vale a dire la capacità di dubitare,di amare e di mettere in crisi l'ordine morale e sociale). L'aspetto tragicodi Anna è in questo disconoscimento che la imprigiona. Padre Jacobin realtà sembra riconoscere in lei questo potenziale, e perciòlei è la preferita tra i suoi figli spirituali. Ma proprio questole chiede di sacrificare la sua libertà d'amare. L'operazione "educativa"di Jacob è sottile e spietata, proprio nella misura in cui eglivede e ama in lei precisamente ciò a cui le impone di rinunciare.Quanto al marito, Heinrich, egli, fragile e immaturo, ha bisogno di unamoglie-madre a cui appoggiarsi e presso la quale ripararsi. Thomas, nellacui giovinezza la vitalità di Anna parrebbe poter germogliare, asua volta si ritrae spaventato quando lei gli chiede di avventurarsi nell'ignotopercorso che l'amore indica loro. Se Heinrich chiede soltanto una tranquillavita coniugale, priva di passione quanto di dubbi, Thomas non èda meno nell'incapacità di cogliere e accettare il rischio di uncambiamento profondo quale l'amore e la personalità stessa di Annaesigono.
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