RenéGirard, nato ad Avignone nel 1924, ha percorso l'intera carriera universitaria negli Stati Uniti, dapprima all'Università dell'Indiana,poi alla John Hopkins University e dal 1980 all'Università di Stanfordin California.
Ènoto al pubblico italiano per le sue opere quali La violenza e il sacro,Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Il caproespiatorio, L'antica via degli empi, tutte pubblicateda Adelphi. Nella sua prosa profonda e incisiva, svela la radice violentache accomuna società arcaiche e contemporanee: è diventatofamoso per gli studi in campo religioso, antropologico e filosofico, inparticolare per il suo lavoro sul Capro espiatorio, in cui analizzale radici religiose della violenza all'interno dei gruppi umani. Solo conla pubblicazione di La violenza e il sacro nel 1972, l'autore raggiungevala notorietà nel suo paese d'origine.
Perchéla credenza nel sacro è ancora di grande attualità?
Perchéovunque riti e divieti, perché non vi è stato un ordine socialeprima del nostro, che non appaia dominato da un'entità soprannaturale?
Girard, inquesto saggio aveva già posto alcune di quelle domande ultime chel'antropologia ormai tende sempre più a celare in un opaco involucro.Con questo libro Delle cose nascoste, apparso nel 1978 in Francia,si è spinto alle riflessione delle cose ultime, quelle che,secondo la parola del Vangelo di Matteo, sono nascoste sin dalla fondazionedel mondo.
I testi quipresentati sono il risultato di ricerche svolte a Cheektowaga negli anni1975 e 1976 e a J. Hopkins nel 1977. In un secondo tempo essi sonostati rielaborati con alcuni scritti anteriori di René Girard: ilmateriale è stato organizzato in forma di metalogo con glipsichiatri Jean-Michel Oughourlian e Guy Lefort.
Nonstantela complessità teorica il testo è discorsivo e di piacevolelettura, proprio per questo elemento dialettico che permette al filosofodi confrontarsi anche con altre discipline quali psichiatria, psicoanalisi,etnologia e antropologia.
Rimando quindial contributo del dott. Luigi Mariani, che ha collaborato alla stesuradi questa recensione, e che ringrazio per la preziosa collaborazione.
DAL SENSODI COLPA ALLA COLPEVOLEZZA: BREVE RICOGNIZIONE NELL'UNIVERSO DI RENÉGIRARD*
*di LuigiMariani, Bologna.
Il tema della colpa nell'opera di René Girard si associa strettamente alletematiche della colpevolezza e della colpevolizzazione. La psicologia diGirard che egli definisce come psicologia interindividuale si poneesplicitamente al di là del soggetto classico della filosofia,e quindi anche della psicoanalisi e non ha più la possibilitàdi tenere separato il singolo dalla comunità umana in cui egli èinevitabilmente inserito. Quanto segue è da riferirsi all'operadi Girard che elencheremo in bibliografia. Il paradigma della colpa ètema centrale dell'intera opera di Girard, poiché strettamente collegatoalla tematica che gli ha dato la fama, cioè quella del caproespiatorio. Il capro espiatorio è la vittima innocente attornoalla quale si esercita la violenza mimetica collettiva, tant'èche soltanto dall'esercizio di questa violenza unanime la collettivitàacquisisce la propria identità e prosperità. La morte diuno è la vita di tutti coloro che in maniera più o meno direttal'hanno provocata. Girard pone all'origine di ogni civiltà e culturaquesto fenomeno di cui egli cerca le tracce cancellate o inespresse inogni fenomeno culturale.
Il fenomenoespiatorio in origine spontaneo, trova occasione di ripetersi ad ognicrisi che minaccia la civiltà nel suo insieme. Il fenomeno da spontaneodeve trovare una sua ripetibilità e la violenza collettiva delle'giustificazioni'. È la nascita del rito. Il futuro caproespiatorio, per poter essere ucciso, non può mostrarsi innocente,egli per svolgere appieno tale funzione deve essere caricato di colpe (trasgressionisessuali, divieti, tabù, ecc…).
La comprensionedi questa dinamica apparentemente banale, in realtà potentissima,è resa praticamente impossibile alle culture che vivono nell'universomitico. Il disvelamento è possibile anch'esso quando questo universoentra in crisi: è l'età della tragedia greca e quindi dell'EdipoRe. Edipo è il sovrano asceso al massimo prestigio sociale con una carriera vertiginosa: egli è il Tiranno. Ma la comunitàsubisce la Peste. Soltanto un sacrificio espiatorio potrà liberarla.Occorrerà sacrificare ciò che una comunità ha di piùalto: il Capo. Per sacrificare il Capo occorre però un motivo.Egli deve essere colpevole di cose altrettanto gravi della peste. Edipoverrà imputato delle colpe più ignominiose per una comunitàche si vuole civile: parricidio e incesto. Egli ha ucciso il padre Laioed è giaciuto con la madre Giocasta. L'istruttoria da lui stessointrapresa via via scarta tutti gli elementi a suo discarico (i moltepliciassassini di cui alcune voci fanno menzione vengono accantonati) peraddivenire ad un verdetto unanime di colpevolezza che egli fa proprio.
La colpevolizzazioneriesce completamente ed Edipo si acceca. Egli dunque accetta la colpa chela comunità, che si vuole innocente, getta completamente su di lui.In questo modo il meccanismo può continuare ed Edipo stesso scontatala pena può accedere all'universo dei numi tutelari (Edipoa Colono). Sofocle, ovvero l'universo tragico, scopre la violenza mimeticama ha ancora bisogno di colpevoli. Edipo è vittima sì, macolpevole. Altro è l'universo giudaico-cristiano, che ha il suocampione in Giobbe, il paziente. Anch'egli è caduto predadell'emarginazione sociale e morale ma non ci sta, non accetta il verdettoche lo vuole causa dei suoi mali. Egli non si fa chiudere la boccadai cattivi amici che lo vorrebbero vedere ammettere di avere la responsabilitàdelle sue disgrazie. Egli si sente colpito ingiustamente e grida in facciaa tutti, Dio compreso, l'ingiustizia che gli è toccata. Siamo quialle soglie della modernità, finalmente anche le vittime espiatorie,quelle per definizione senza parola possono dire la loro. Il discorsoda religioso via via si trasforma in politico. Infatti perchè l'unanimitàdella colpevolizzazione sia perfetta occorre che la vittima ne partecipi,che unisca la propria voce al coro che la condanna. Giobbe è ilprimo nella storia della cultura occidentale che non ci sta. Con Edipoinfatti, nonostante i grandi progressi, siamo ancora all'interno del 'sacro',mentre Giobbe è letteralmente dis-sacrante.
Girard ribadiscequi la maggiore potenza disvelante dell'universo giudaico-cristiano, rispettoa quella ancora in molti casi ineguagliata della grecità tragica.L'ultimo passo avverrà con la testimonianza evangelica dove il Cristo,agnello sacrificale totale, in quanto divinità incarnata,porterà a compimento il processo di demitizzazione culturale (inquanto cultura uguale a sacro e uguale a violenza) palesando a tuttile cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, cioè che ilregno di questo mondo è composto soltanto da colpevoli, e quindil'unico innocente, Dio stesso, non può che morire. È la stessaconclusione della Leggenda del grande inquisitore all'interno delgrande capolavoro dostoevskiano (I fratelli Karamazov).
Mentre inGiobbe, infatti, Dio flirta pesantemente con i persecutori (gli amici rappresentanola comunità) nell'evangelo Cristo è assolutamente dallaparte delle vittime, trasformandosi in vittima egli stesso. Tra Edipo eGiobbe, a voler essere pignoli, vi sarebbe il capolavoro dell'Antigone,che però deve dividere il destino di capro espiatorio con il fratellocaduto Polinice. Antigone non difende infatti soltanto se stessa quantol'instaurarsi della mostruosa differenza che Creonte vuole arbitrariamentestabilire tra i due fratelli nemici Eteocle e Polinice. Differenza cheoccorre per fondare il Diritto su cui si regge la città. Giobbeinvece è "l'Antigone della propria causa. Gli si chiede di riconoscersimartirizzato giustamente, e lui rifiuta".
Infine dalpunto di vista di un'intenzione di cura psicoterapeutica (guarigionespirituale direbbe Girard) che parta da tali premesse, si potrebbedire che il processo di guarigione dovrebbe percorrere la strada che c'ètra il senso di colpa psicoanalitico e l'assunzione dellacolpa girardiano. L'uomo girardiano (si parla esplicitamente di una 'nuovaantropologia') non può e non deve rifuggire dalle responsabilitàche gli toccano in quanto uomo. Il senso di colpa che egli proverànon sarà più "inconscio", ma assolutamente cosciente poichélegato alla presa d'atto che il risentimento che egli inevitabilmente prova,non è altro che la propria volontà di potenza negata.Il senso di colpa girardiano è oltre Freud e Nietzsche. Piùsi è vittima più c'è ressentiment. Senon si possono amare i propri persecutori – e in un mondo di fratelli-nemicitutti lo sono potenzialmente – è inevitabile odiarli, desiderandoche scompaiano. Il Desiderio che normalmente sembra tendere al piacere,come ci ha insegnato Denis de Rougemont ne L'amore e l'Occidente,e che apparentemente mira all'amore e al godimento, in sostanza trova invariabilmentela Morte. E l'Identità, problema ancora fuori fuoco,come l'Harry dell'ultimo Allen, appare in definitiva sempre piùlegata alla Colpa piuttosto che all'Innocenza (quest'ultimadeclinabile soltanto con modalità collettive).
Concludendocon le parole dello stesso Girard,
lacrisi della filosofia fa tutt'uno con la crisi di tutte le differenze culturali,ma i suoi effetti sono a lungo differiti e i filosofi che parlano sempredella fine della filosofia affermano nello stesso tempo che non si puòpensare al di fuori di essa. Io credo che la fine della filosofia significhi,finalmente, la possibilità di un pensiero scientifico nell'ambitodell'uomo, e nello stesso tempo, per quanto strano possa sembrare, il ritornodel religioso; ossia il ritorno del testo cristiano in una luce nuova, non tramite una scienza che gli sarebbe esteriore, ma per il fatto cheè esso stesso questa scienza che sta sopraggiungendo nel nostromondo.
Bibliografiadi René Girard
– Girard,René, Mensonge romantique et vérité romanesque,Paris, 1961; trad. it.: Struttura e personaggi nel romanzo moderno,Milano, Bompiani, 1965;
– Girard,René, La violenza e il sacro, Milano, Adelphi, 1980;
– Girard,René, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondoMilano, Adelphi 1983;
– Girard,René, Il capro espiatorio, Milano, Adelphi, 1987;
– Girard,René, L'antica via degli empi, Milano, Adelphi, 1994;
– Girard,René, Dostoevskij. Dal doppio all'unità, Milano, EditriceSE, 1987;
Su RenéGirard, in italiano:
– StefanoTommilleri, René Girard, Milano, Franco Angeli, 1997
– AndreaTagliapietra, La metafora dello specchio, cap.IV, Milano, Feltrinelli,1992
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