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Relativamente al Taoismo, quello che ha sempre particolarmente sorpreso, è stato constatare che non si è mai avuto un sistema filosofico di rilievo mondiale fondato su più ristrette basi.
Il Tao Te Ching, in effetti, più tradotto di qualsiasi altro testo ad eccezione della Bibbia, consiste in appena cinquemila parole. Mentre il libro di Chuang Tzu, che pure nella sua forma attuale presenta ben trentatre capitoli, dovrebbe in realtà aver avuto un nucleo originario di soli sette "capitoli interni" ampliati per successive aggiunte e redazioni (cosa ben frequente nella letteratura classica cinese).
Risulta indiscutibile, quindi, l’enorme potere suggestivo che il concetto di Tao ha da sempre esercitato su molti studiosi occidentali delle discipline più diverse. Forse questo è dovuto essenzialmente al fatto che non solo il Tao si presta a raccontarci qualcosa sotto forma di metafora, ma, al di là di un’impossibile traduzione categoriale di un sistema culturale in un altro, esso permette l’avvio di un confronto dialettico, molto più difficile da focalizzare e realizzarsi in assenza di "un secondo termine di paragone".
In sintonia con lo spirito anti-convenzionale del taoismo classico di Lao Tzu e Chuang Tzu, proteso alla messa alla berlina di dogmi, rituali senza senso e pratiche di magia, gli Autori occidentali che hanno utilizzato il Tao come metafora, hanno sempre cercato di indicarci la "via" della filosofia dell’arte del vivere e delle interconnessioni, muovendosi all’interno di un campo di interesse costituito dalla Natura nel suo insieme e il posto che in essa occupa l’uomo.
Anche nel libro di G.Pagliaro e di E. Martino questa intenzionalità è ben presente, con qualche particolare in più, che si esprime nel tentativo (molto impegnativo), di utilizzare la metafora del Tao per arricchire una riflessione molto attuale che coinvolge la psicoterapia e la psicologia e che introduce la concezione olistica e il suo modo di intendere il rapporto salute-malattia e il rapporto mente-corpo.
La concezione olistica considera il mondo in termini di relazioni, di interazioni, di interscambio energetico e di totalità. I singoli sistemi vengono rappresentati come totalità integrate, le cui proprietà non possono essere ridotte a quelle di unità minori.
Secondo questo approccio quindi, la salute risulta essere un fenomeno multidimensionale, che implica aspetti fisici, o più propriamente biologici, psicologici e sociali interdipendenti. Il concetto di salute non si identifica, tout court, con l’assenza di malattia: esistono differenti livelli di benessere e spesso la salute include anche la malattia. Infatti, la malattia non è aprioristicamente un male, ma una situazione transitoria che può favorire il benessere stesso.
Il rapporto tra salute e malattia può essere quindi rappresentato come equilibrio dinamico, che rivaluta la tendenza naturale dell’organismo a passare da stati di equilibrio a stati di equilibrio: ciò in corrispondenza con le diverse fasi e con i cambiamenti della vita.
Se consideriamo la salute come stato di benessere condizionato da processi interagenti, il campo di ricerca si allarga dalle discipline dell’area medica a tutte le scienze implicate nello studio della vita.
In Occidente, l’idea che la salute sia strettamente connessa con il benessere emotivo e cognitivo è stata eclissata dal dualismo cartesiano, che ha favorito una contrapposizione netta tra mente e corpo, relegandone lo studio a discipline differenti e decretando la supremazia di Panacea (terapia, ovvero cura dei mali) su Igea (prevenzione, o conservazione del benessere).
Malgrado questo paradigma dominante, da diversi settori del sapere scientifico viene rivalutata l’interrelazione tra mente e benessere fisico, quindi tra emozioni e salute e soprattutto negli ultimi decenni, sono nate differenti discipline olistiche coerenti con il modello occidentale di salute e malattia.
Il contributo di Pagliaro e Martino, è una voce in più, sicuramente da ascoltare sia da chi fa scienza sia da chi lavora in clinica per la soluzione dei problemi della sanità nella società contemporanea.
Il libro, infatti, offre diversi spunti di riflessioni richiamando inizialmente la rappresentazione che il modello occidentale propone della salute e il percorso evolutivo su cui questo modello si è costruito.
Affronta il confronto con i modelli olistici nati all’interno di culture diverse, trattando del concetto di guarigione e del ruolo del guaritore.
Descrive le possibilità applicative della visione olistica articolandola su interventi che spaziano dalla psicosomatica, alla psico-oncologia per soffermarsi alla psiconeuroedocrinologia, dove vi viene studiata l’interdipendenza del sistema neuroimmunitario con i fattori psicologici e sociali sull’insorgenza e sul decorso degli stati patologici dell’organismo.
Viene altresì riposta particolare attenzione all’influenza dei sentimenti e delle emozioni sulla salute, contrapponendo alla metafora bellica del sistema immunitario che lo vuole perfetto apparato di difesa dell’organismo, una configurazione che al contrario vede l’eccezionale capacità di adattamento del sistema immunitario legata proprio alla sua imperfezione: il raggiungimento di un obiettivo attraverso l’assenza di obiettivi. Cioè, per assicurare un’ampia gamma di reazioni, questo apparato non parte già dotato di cellule specifiche, ma elabora la propria reattività nel confronto con l’agente invasore.
Le pratiche meditative, orientate alla conservazione del benessere, prescritte dalle tradizioni orientali, vengono reinterpretate dagli Autori alla luce dei criteri di scientificità occidentali, mostrando una forte capacità di implementare le risorse disponibili e praticate dalla nostra tradizione medica.
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