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L’organizzazione nascosta. Dinamiche inconscie e zone d’ombra nelle moderne organizzazioni

28 Mar 13

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"Bisogna muovere dall’errore e convincerlo della verita’. Occorre cioe’ scoprire la sorgente dell’errore; altrimenti non ci serve a nulla ascoltare la verita’. Essa non puo’ penetrare se qualcosa d’altro occupa il suo posto.

Devo immergermi sempre di nuovo nelle acque del dubbio"

(L. Wittgenstein)

 

L’ultimo libro di Mario Perini, psicoanalista e consulente d’organizzazione tra i piu’ noti e stimati nel nostro Paese, offre un’ampia ed approfondita revisione suile dinamiche inconscie operanti nei moderni processi organizzativi, quelle "organizzazioni nascoste", quasi sempre misconosciute ed insidiose, che cosi’ spesso boicottano il lavoro istituzionale, e che costituiscono una vera e propria malattia sotterranea del moderno tessuto organizzativo. L’Autore, che e’ direttore in Italia dell’Associazione Il Nodo Group, sceglie come modalita’ di analisi l’ormai consolidata linea di ricerca che fa capo da oltre quarant’anni al Modello Tavistock della scuola inglese, e precisamente al Tavistock Istituite of Human Relations di Londra, un filone di studio che integra due diversi paradigmi, la psicoanalisi con l’antropologia sociale e la teoria dei sistemi, l’individuo e la complessita’ del suo mondo interno intrecciato all’ambiente sociale, portatore a sua volta di specifiche criticit’ e conflitti.

Un libro molto opportuno ed attuale che, come scrive il suo Autore, con linguaggio semplice ma mai riduttivistico, si pone l’obiettivo di esplorare "la prospettiva psicologica, l’esperienza soggettiva e il costo emotivo che i processi operanti nelle organizzazioni implicano per le persone che ne sono a vario titolo coinvolte, i capi come i collaboratori". Perche’ parlo di un libro attuale? Se e’ vero che la moderna organizzazione del lavoro nasce con l’epoca industriale e si sviluppa ulteriormente in quella post industriale, e’ la societa’ globalizzata di oggi a porre nuovi interrogativi e nuove fragilita’. Il Lavoro in se’, e non questo o quel lavoro, e’ ridiventato qualcosa di cui si discute, di cui parlano i media e la pubblica opinione, che muove e sposta consensi elettorali, che separa drammaticamente le generazioni, da cui ci si aspetta non solo sostentamento ma anche realizzazione personale; il lavoro ha smesso di costituire un luogo assodato della vita dell’uomo occidentale per ridiventare tema centrale di un ampio dibattito culturale. Il mercato del lavoro, infatti, tende a richiedere competenze sempre piu’ parcellizzate e specifiche, esalta la flessibilita’ in alcuni settori laddove in altri pare imbalsamato nel totale immobilismo, sindacale o meno, le relazioni che lo compongono diventano sempre piu’ "liquide" e provvisorie, mentre nuove precarieta’ e nuove poverta’ minacciano di decomporre assetti che sembravano consolidati. L’idealizzazione della ‘flessibilita’ a tutti i costi’ (certamente utile ma, per certi versi, maldestramente esportata dalle culture anglosassoni senza che vi fosse un reale radicamento nel nostro Paese) espone gli individui al rischio di una penosa perdita di riferimenti fisici ed ideali, strutturando cosi’ uno scenario in cui allo "sviluppo", economicamente inteso, non corrisponde un reale "progresso", come gia’ anticipava Pasolini negli anni ’70, intravvedendo quella che sarebbe diventata la futura scissione tra la crescita economica (lo svluppo, appunto), e la crescita umana (il progresso).

In luoghi di lavoro ‘a tempo’ che tendono a modellarsi come i "non luoghi" di cui parla l’antropologo Marc Auge’ (1993), ossia luoghi, virtuali o no, che in contrapposizione ai luoghi antropologici, sono privi di coordinate storiche e relazionali valide, qui il lavoro come istituzione viene a perdere quelle caratteristiche di contenitore delle ansie primitive dei soggetti che lo abitano, con la possibilita’ che si inneschino difensivamente le "organizzazioni nascoste", quelle zone d’ombra in cui, scrive Perini, "si annidano l’ignoto e l’imprevedibile (…)…quella parte sommersa che non viene mai portata alla luce e nemmeno esplorata perche’ tutti sanno per esperienza e per intuito che e’ fatta di fantasmi e miti, di pericoli e di complessita’, di emozioni e di ansie, e che questa sostanza sembra quella dei sogni, incompresnibile ed ingovernabile".

A seguito di questa collocazione nel contesto storico-sociale attuale, il libro riprende il corpus centrale della teorizzazione psicoanalitica applicata alle istituzioni (che, ricordiamo, nasce con Psicologia della masse di Freud, prosegue con gli Assunti di base di Bion, fino ai lavori di Jaques e altri negli anni ‘50) : la presenza di diversi tipi di ansie all’interno del lavoro (primitive e specifiche), le difese che si ergono ogni qualvolta si propone un cambiamento, avvertito dai membri del gruppo come un cambiamento non tanto di compito e di mansioni, quanto come un cambiamento identitario. Il lavoro non e’ piu’ soltanto qualcosa che si fa, ma e’ qualcosa che si e’, che ci definisce agli occhi nostri e del mondo; vi abbiamo collocato inconsciamente ansie profonde, senso identitario, continuita’ con la nostra storia. Ogni cambiamento, pertanto, anche se a livello conscio accettato o persino apprezzato, rischia di venire incosciamente vanificato e boicottato se chi lo propone, il leader o meglio la leadership (ossia la funzione, che puo’ venire rappresentata da una o piu’ persone), non ha gli strumenti per affrontare la complessita’ del processo.

L’affascinante tema della leadership costuisce, nella seconda parte del libro, il cuore di tutta la riflessione (ed e’ stato recente oggetto dei Seminari di Arona, versione italiana modificata ed abbreviata delle Leicester Conferences di Londra). Alla leadership delle moderne organizzazioni si pongono compiti delicati e complessi che vanno ben oltre la ‘normale’ capacita’ di comandare, e a cui il nostro mercato del lavoro rivolge ancora scarsa attenzione. La leadership efficace e’ quella che racchiude in se’ capacita’ direzionali e competenze emotive, sa proporre i cambiamenti in modo che essi vengano digeriti dai followers (ai quali, nel nostro Paese, si fa davvero pochissima attenzione) poiche’ e’ persona che non poggia la sua autorita’ su un enfatico e vuoto carisma, ma sa attingere dentro di se’ introspezione e consapevolezza, l’unica chiave, l’unica forma, l’unico valore che permette di orientarci in queste difficolta’. Gli inconsapevoli sono sempre un problema, scrive Perini. E’ quella "funzione edipica della mente" (Di Chiara, 1999), che si configura per la sua "peculiarita’ di rinuncia alla realizzazione lineare della pulsione, con conseguente istituzione della competenza riflessiva e simbolica" (ib), l’assetto interno che il buon leader deve avere vivo dentro di se’, per poter operare in quel delicato mantenimento del confine la cui flessibilita’ e’ segno distintivo della buona leadership.

Concetto di ‘confine’ (inteso nel piu’ ampio e comunicativo senso di boundary e non semplicemente di border); distinzione tra Potere ed Autorita’ (la prima "attributo della persona" e la seconda "del ruolo") che possono essere dolorosamente scollati, come accade di osservare in molte situazioni gruppali; individuazione e corretta gestione delle Difese organizzative, sono i perni centrali su cui si articola la riflessione sulla leardership, a cui il consulente organizzativo e’ chiamato a portare soccorso.

L’organizzazione, al pari del paziente in analisi, va trattata come un soggetto sofferente, inconsapevole, intrappolato in difese irrigidite e in coazioni a ripetere che, se pure ne garantiscono o promettono di garantirne la salvaguardia, proprio come nel paziente nevrotico ne soffocano la creativita’ e la possibilita’ di crescita, pagando il prezzo in sofferenza, burn-out, assenteismi, malattie. Le organizzazioni, insomma, si ammalano tanto quanto le persone, e lo psicoanalista consulente che se e’ chiamato ad occuparsene si trovera’ a dover maneggiare, in ugual misura che nel trattamento individuale sebbene con un diverso respiro, il forte impatto emotivo del transfert e del controtransfert, e dovra’ porre quell’attenzione che sempre si richiede al terapeuta quando si mobilizzano difese magari diventate incongrue, ma pur sempre sentite dal soggetto come necessarie.

Concludo questo invito alla lettura auspicando che questo libro, ed il filone psicoanalitico a cui fa riferimento, estenda la sua diffusione al di la’ degli ambiti strettamente sanitari, come supervisioni a gruppi clinici di pazienti e operatori, nella cui cultura tutto sommato queste riflessioni si sono sufficientemente radicate. Penso invece alle industrie, alle pubbliche amministrazioni, al vasto mondo della piccola e media impresa diffuso in Italia, ossia a quelle culture prettamente impreditoriali o amministrative, tradizionalmente lontane da un "pensare" analitico, dove si sovravrinveste il ruolo del leader, come scrive Perini, trascurando quello dei followers, o dove si rischia di enfatizzare una flessibilita’ precarizzante e senza sbocchi alternata a iperprotezionismi burocratizzati, generando sofferenza e instabilita’ nei lavoratori coinvolti. Oggi prende il nome di executive coaching la metodologia piu’ diffusa di aiuto consulenziale ai dirigenti, ed essa puo’ a pieno titolo rientrare in un coaching psicodinamico, profondo (in-depth), come descritto in questo libro, un approccio integrato che veda insieme il pensiero psicoanalitico come asse portante irrinunciabile, coadivato dalle teorie sistemiche, dall’antropologia sociale e dale tecniche relazionali che stanno alla base del problem solving.

Resta profondamente valido il famoso assioma di Freud con cui l’Autore apre il libro, secondo cui la normallita’ psichica e’ data dalla capacita’ di amare e lavorare. In quanto oggetto di passioni, desiderio e conflitti, il lavoro non puo’ ridursi a pura produttivita’, o a rituale meccanizzato e alienato, poiche’ pulsioni libidiche e distruttive si combinano in esso di modo che "si agisca su un oggetto con aggressivita’ sufficiente per modificarlo nel modo desiderato, ma con amore sufficiente per preservarlo dalla distruzione" (Baum, 1990, citato da Perini).

 

Riferimenti bibliografici

    • Auge’ M., "Non luoghi", Eteuthere ed., 1993
    • Di Chiara G., "Sindromi psicosociali", Cortina ed. 1999
    • Speziale-Bagliacca R., "Freud messo a fuoco", Boringhieri ed. 2002

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