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Manuale di Psichiatria

5 Apr 13

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L’Editrice Piccin di Padova ha pubblicato la V Edizione del Manuale di Psichiatria di F. Giberti e R. Rossi: edizione riveduta e ampliata di un testo ben conosciuto dagli Psichiatri, che da molti anni ha costituito un fertile terreno di avvicinamento alla Psichiatria come materia di studio nei corsi universitari.

Il "Giberti-Rossi" era, anche ai tempi del mio corso di Psichiatria (molti anni fa!), il testo privilegiato, per la sua scorrevolezza e comprensibilità, da molti colleghi che si avvicinavano alla Psichiatria (all’epoca per la prima volta materia obbligatoria del Corso di Laurea in Medicina), con tutta la circospezione dovuta a sei anni di studio completamente privo di ogni riferimento al ruolo del "mentale" nella storia degli individui, e quindi anche nella storia delle loro malattie. L’edizione attuale del Manuale, molto più corposa e ricca, permette senz’altro di avere una visione di insieme, di ciò che oggi viene ricompreso sotto il termine di "disturbo mentale". Da questo punto di vista, non possiamo che lodarne la (puntigliosa quasi) completezza degli argomenti esposti: esposti si, più che trattati, perché evidentemente gli approfondimenti sono lasciati al lettore attraverso la ricca e stimolante bibliografia che completa ogni capitolo del Manuale.

D’altra parte il target cui questo Manuale tende, come appare in copertina, sono gli studenti, i medici, gli assistenti sociali e gli operatori psichiatrici; specificarlo da subito mi è sembrato una operazione intelligente e chiara.

Nell’ambito del lavoro dei Servizi abbiamo infatti bisogno di poterci riferire a dei Manuali quali il Giberti-Rossi, perché la formazione degli operatori non può prescindere dallo studio di un testo scritto, che aiuti collocare in modo non caotico le varie sindromi, spiegandone il corteo sintomatologico e indirizzando alla lettura delle ipotesi esplicative circa la loro origine e il loro progressivo strutturarsi.

Questo Manuale può quindi fungere da cornice a tutta una serie di conoscenze che restano altrimenti spezzettate e isolate, prive di fili di senso capaci di unirle. In particolare ci sembra importante sottolineare la novità rappresentata da capitoli come la "Psicopatologia dell’adolescenza", la "Psicogeriatria", "Psichiatria e virtualità" (un orizzonte, questo, finora trascurato, ma sempre più presente, in questi ultimi anni, tra gli operatori della salute mentale): si tratta di capitoli che di solito non trovano posto nei manuali "classici", proprio perché rappresentano il risultato di ricerche e di approfondimenti molto legati allo Zeitgeist. Mi è sembrata altresì un’ottima decisione l’aver dedicato un capitolo alle basi psicodinamiche della psicopatologia e al versante c.d. sociale: un operatore "psi" che voglia essere moderno e adeguato deve poter affrontare infatti con una certa disinvoltura tali tematiche, almeno per quanto riguarda i concetti generali che li informano.

Affrontare la psicopatologia dell’adolescenza significa, ad es., attirare l’attenzione: 1) su un periodo specifico e molto peculiare della vita segnalandone altresì i profondi mutamenti rispetto alle modalità con cui gli anni dell’adolescenza erano vissuti nel periodo postbellico e della ricostruzione;

2) sul peculiare legame che salda l’adolescenza alla prima infanzia e all’ingresso all’età adulta;

3) sulle particolari modalità con cui si declinano i disturbi psichici in questa età, a partire dalla fondamentale riflessione sul rapporto tra corpo che ho (Körper) e corpo che sono (Leib).

Non sempre i manuali di psichiatria facilitano l’emergere di queste linee di collegamento, che, ripeto, anche se in termini generali devono essere presenti nella mente di chi si accinge ad incontrare il dolore mentale.

Una simile impostazione riconosce peraltro anche dei limiti, che a nostro avviso vanno segnalati:

Primo. Ci sembra che, in questa edizione, gli Autori abbiano subìto troppo pesantemente come modello di riferimento il DSM IV, che, purtroppo, in Italia è studiato come se fosse un Trattato di Psichiatria e non semplicemente per quello che è (un Manuale diagnostico e statistico, ateoretico (!!) per propria definizione); sul DSM IV rimando peraltro all’ottimo lavoro di C. Maleval (Limites et dangers du DSM), apparso nel n. 1/2003 della rivista "Évolution Psychiatrique".

Secondo. Ciò ha portato ad un ridimensionamento evidente di ogni impostazione potenzialmente tesa alla comprensione, anche in capitoli dove forse gli Autori potevano portare dei punti di vista sintetici ma originali, non limitandosi a "ricalcare" l’impostazione del DSM IV. Si dirà che oggi il linguaggio convenzionale imperante nella nosografia psichiatrica è quello americano, ma (come già F. Barison fece più volte notare), una esagerata sottomissione al modello suddetto tende a impoverire le conoscenze elaborate da oltre un secolo di riflessione clinico-psicopatologica, per appiattirle ad una spietata povertà descrittiva, ove i disturbi mentali sono trattati quali entità di natura [alla stessa stregua dei disturbi fisici (polmonite, peritonite etc.)] e viene persa, così, ogni possibilità di incontro con il paziente, essendo il campo completamente occupato dalla "malattia".

Terzo. Poco o nullo è lo spazio riservato alla psicopatologia intesa come ricerca di senso basata sulla clinica e non solo come descrizione; pretendere una attenzione in questo senso è forse chiedere troppo? Non credo, anche se sono consapevole che una simile riflessione non potrebbe essere "la ciliegina messa sulla torta", ma dovrebbe costituire l’anima su cui strutturare tutto il Manuale: e quindi rimanderebbe ad una philosophy completamente diversa, che nessuno può imporre a nessuno.

Ma certo, la vivacità di un Manuale di Psichiatria trova alimento anche nella sua capacità di essere un momento di raccolta di più voci (e questo nel Giberti-Rossi è un tentativo senza dubbio presente) e di essere uno strumento di consultazione, e quindi di approfondimento, tramite opportune indicazioni di possibili percorsi bibliografici (e anche questo, come già detto in precedenza, è una bella caratteristica di questo Manuale): ciò appare evidente, ad esempio, nel capitolo che tratta la psicosi schizofrenica e nei capitoli che affrontano la possibilità di intervento terapeutico (farmacoterapico e psicoterapico).

In conclusione, quindi, questo Manuale costituisce un buon strumento per molti operatori "psi", che, studiandolo, verranno stimolati a non fermarsi all’approccio clinico-descrittivo, ma a cercare opportuni approfondimenti e sollecitazioni: nella consapevolezza che il fondamento metodologico proprio della psicopatologia non è eludibile, se non si vuol trasformare la ricchezza del sapere psichiatrico (in quanto sapere che si trasforma con la storicità umana), in scarna "encefaloiatria" (per usare un termine di E. Borgna), cioè in una disciplina che si confronta con un organo (supposto) malato e non coglie mai la complessità e le infinite sfaccettature dell’uomo, anche quando, ad esempio, la psicosi sembra svuotarlo e renderlo alieno.

Il nostro auspicio è che questo Manuale possa indirizzare chi lo leggerà (studierà) in questa direzione, aiutandolo a comprendere la necessità, per chi si avvicina alle persone con disturbi mentali, di dover soprattutto farsi capaci di un ascolto paziente e laborioso, senza pensare di poter trarre subito conclusioni (diagnosi), che in psichiatria servono a poco, se non accompagnate dalla capacità di riflessione e di elaborazione di tutto ciò che vediamo e ascoltiamo.

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