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Michele Ranchetti, Scritti diversi, tre tomi

9 Apr 13

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I tomo: Etica del testo, 1999,

II tomo: Chiesa cattolica ed esperienza religiosa, 1999,

III tomo: Lo spettro della psicoanalisi, 2000.

Recentemente Michele Ranchetti ( Milano, 1925 ), con la raccolta Verbale (Garzanti, 2001) — che fa seguito ad una precedente raccolta di poesie: La mente musicale (Garzanti, 1988 ) — ha vinto il Premio Viareggio, sezione poesia. Egli è dunque, oltre che storico e filosofo, notevole poeta (e pittore), e membro della S.P.I. (Società Psicoanalitica Italiana).

In tre lustri di storia italiana, la sua poliedrica attività intellettuale si è sviluppata in mille "taciti" rivi, che riassumo brevemente.

Le importanti collaborazioni con Adriano Olivetti, dal 1950 al 1953, e con G.G. Feltrinelli, dal 1955 al 1963. Poi l'attività accademica, anzitutto a Milano dal 1949, accanto a Martini e a Chabod, quindi a Firenze, prima a fianco di Cantimori (1966), poi successore di Giuseppe Alberigo alla cattedra di Storia della Chiesa. Nel frattempo, l'avvio dell'immane lavoro, di cui fu artifex princeps, con Paolo Boringhieri, della edizione italiana delle Opere di Freud (esperienza che racconta nel III tomo dell'opera qui esaminata). Ma ricordo anche il suo contributo (successivo e meno noto) alle tappe iniziali dell'iniziativa internazionale dell'edizione critica di Wittgenstein.

Impressionante la sua incessante attività editoriale: dapprima, e tuttora, con Garzanti (cfr. la recente revisione, con prefazione, di J. Taubes, Escatologia occidentale, Garzanti, 1997), un tempo con Adelphi e Paolo Boringhieri, al quale fu legato da amicizia strettissima, più di recente con l'editore Einaudi: dalla prestigiosa traduzione dell'opera poetica inedita di Celan (2001), alla introduzione al volume collettivo La psicoanalisi e l'antisemitismo (Einaudi, 1999), fino all'introduzione e cura, con Bettiolo, della nuova edizione delle ‘tesi sulla storia' di W. Benjamin (Sul concetto di storia, Einaudi, 1997). Infine la prefazione a P. Roazen, Freud e i suoi seguaci (Einaudi, 1998), e la collaborazione con Quodlibet, eccellente piccolo editore di Macerata.

Quodlibet gli ha anche dedicato (1998) una ricca Festschrift dal titolo sintomaticamente "ranchettiano" (Anima e paura. Studi in onore di Michele Ranchetti. Contributi di: Bocchini Camaiani, Scattigno, Agamben, Albani, Amodio, Bonola, Bonola, Bori, De Marco, De Michelis Pintacuda, Nedo, Righi, Turbanti, Adriani, Battelli, Bettiolo, Bocchini Camaiani, Agnoletto, Burigana, Lettier, Mancini, Marchetti, Martini, Mazzarol, Menozzi, Miegge, Perrone Pesce, Totaro, Candreva, Contri, Galli, Mistura, Grubrich-Simitis, De Piaz, Mengaldo, Riches, Tadini).

Sempre per Quodlibet, egli ha curato importanti testi, quali L. Wittgenstein, Movimenti del pensiero (1999), Paragrafi sulla poesia di Francesco Nappo (1996), nonché recenti traduzioni di Taubes e Scholem . Finalmente, non va dimenticato il suo intervento nel volume curato da G. Jervis, Il secolo della psicoanalisi (Bollati, 1999).

Vorrei entrare in medias res citando dalla narrazione della sua scoperta di un inedito heideggeriano, presso la clinica ove Heidegger era stato ricoverato nel periodo del crollo (tedesco e di civiltà).

"Il taccuino che mi fu consegnato, assieme alle due matite copiative, e qualche busta a lui indirizzata ma vuota, e un paio di ciabatte da contadino ( non in dotazione alla clinica ma, evidentemente, da lui richieste alla moglie Elfriede e poi dimenticate )…per chi conosce la calligrafia di Heidegger, difficilissima da leggere perché simile ad un elettrocardiogramma di un cuore in buona salute ma dai ritmi ben modesti ( povere le oscillazioni fra il rigo immaginario che corrisponde al continuum della pulsione affettiva), non è possibile confondersi" [segue la trascrizione di un diario inedito scritto da M. Heidegger durante il ricovero psichiatrico].

"Seguono alcune pagine bianche. Molto probabilmente esse stanno a testimoniare che il paziente Heidegger ha subito un trattamento intensivo, come si poteva evincere anche da un'altra assenza: le pagine mancanti della cartella clinica. Poco prima dell'ultima pagina del taccuino figurano solo due righe, ciascuna in una pagina bianca. La prima si può interpretare: Insensata volontà salvifica. Nell'ultima pagina, datata 12 agosto 1945, dopo una generica e banale formula di ringraziamento per von Gebsattel, vi è un giudizio davvero impietoso sul personale sanitario" ( t.II, pp.371-382, ‘Heidegger Tagebuch').

Con questa semplicità, con questa pietas, con questa fatticità testuale Ranchetti racconta una propria scoperta memorabile; e qui entra in gioco il linguaggio.

Per Ranchetti, se non eccedo nelle formule, le parole sono "cose", fenomeni primi; egli infatti pare declinare in certe pagine una rigorosa pratica della filosofia analitica – Wittgenstein, in particolare, ma anche Russel – che tende a uno antistoricismo non empirista, che ha a cuore il significato plausibile del ‘testo'. E' notorio che egli iniziava i suoi corsi con l'istanza: "Questo è il testo. Niente vi è di scontato: cominciamo col dare ragione del titolo". Il passo successivo era la consultazione dei lessici, l'avanzare parola per parola. Si è quindi in presenza di un rifiuto, quantomeno di una diffidenza radicale, verso l'interpretazione contestuale; e si è nel cuore della passione (metafisica e pedagogica) di Wittgenstein per le parole, in una sensibilità che si accolla il peso degli enunciati nel loro darsi ‘ingenuo', quali primi (forse unici) termini dell'azione ermeneutica.

Ma la visione del mondo non è certo ‘neoempirista', sfocia anzi, negli ultimi decenni, e via via ( cfr. soprattutto i testi menzionati editi da Quodlibet ), in una profonda attenzione a Benjamin, di cui Ranchetti è da sempre attento e appassionato lettore ed esegeta; la visione del mondo si cerca come un'attivazione della Jetztzeit ?

Appare insomma una dialettica continua tra paradigma coscienziale ed esistentivo (teoretico e pratico ), con una singolarissima bipolarità che porta a quella metabasis eis hallo ghenos , che è la persuasione di verità. In tal senso la sfida più organica del recente passato è quella dell'Entwurf freudiano.

E mi sia lecito concludere così:

 

Permane

solo un' offerta quale

allora si poneva

già prima del carattere

sacrificale del vivere. Ora

è assunto dal tempo e in esso viene

riconoscendosi nel fine ogni cosa

e nell' ordine

( dalla raccolta di poesie Verbale, Garzanti, 2001, p. 9)

 

In chiosa, segnalo uno strumento utilissimo per chi volesse meglio "conoscere" Ranchetti: Fabio Milana, Incontro con Michele Ranchetti, ‘Bailamme' 11/12, 1992, pp. 293-352.

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