Dal dolore alla trascendenza. Note sul Beethoven di Solomon.
È"dannoso", scrive Glenn Gould, l'errore di chi, basandosi (Ö) su unostato d'animo del tutto soggettivo, interpreta un'opera d'arte secondoconnotazioni filosofiche e considera poi una simile parafrasi come un fedeleritratto della posizione intellettuale dell'autore.
Emergonocosì, "nel nebuloso reame della percezione extramusicale", veree proprie "raffigurazioni oleografiche", di cui "si rendono colpevoli nonsoltanto biografi romantici e psicologi dilettanti ma anche molti storicie analisti provetti", incapaci di dedicarsi "al più arduo e menosuggestivo compito di valutare la graduale evoluzione tecnica di un artista"(L'ala del turbine intelligente. Scritti sulla musica, Adelphi,Milano 1988, p. 105).
La graffianteironia del grande pianista canadese prende di mira sia certe facili e riduttivesemplificazioni della psicocritica, sia, più in generale, la tipologiadello studioso che utilizza griglie ermeneutiche estranee ad una puntualeconoscenza e ad una conseguente valutazione tecnica dello specifico musicale.
L'ebreo statunitenseMaynard Solomon non appartiene certamente a tale tipologia. Affermato musicologoe psicoanalista di formazione freudiana, egli ha sempre e caparbiamentepercorso una strada diversa, evitando ogni comoda scorciatoia ed ogni rassicuranteoleografia: il suo è infatti un approccio storiografico non riduzionista,attento alla complessità di fattori che rendono possibile un fenomenoartistico e mirato, al tempo stesso, all'individuazione dei nessi che colleganola forma musicale alla vita ed alla struttura psichica del compositore.
Di lui abbiamogià segnalato, un'importante biografia di Mozart (Mozart,Mondadori, 1996).
Ora, frescodi stampa, possiamo leggere uno straordinario libro, Beethoven. Musica,mito, psicoanalisi, utopia, uscito ad Harvard nel 1988,che raccoglie i più importanti saggi che egli ha dedicato a Beethovennel corso di un decennio . Un pieno apprezzamento di questi saggi presuppone,a mio avviso, la conoscenza dell'ormai classica monografia che lo stessoSolomon consacrò a Beethoven nel 1977 (Beethoven. La vita, l'opera,il romanzo familiare, Marsilio 1986), e della quale essi rappresentanoun felice e radicale approfondimento.
Guidati daSolomon ñ e dalla sua analisi di molti documenti inediti, delle letteree del famoso Tagebuch (una sorta di diario redatto dal musicista di Bonntra il 1812 e il 1818) ñ entriamo nella mente, nella vita e nel processocreativo di Beethoven.
Al lettore interessatoallo scandaglio psicoanalitico consiglio la lettura del quarto capitolo,dedicato ai sogni di Beethoven. Quattro sono i sogni analizzati, brevementeraccontati dal musicista in quattro lettere, appartenenti a periodi diversidella sua vita (1807, 1819, 1821, 1826); essi – afferma Solomon, sullascia di Otto Rank – rappresentano differenti elaborazioni di un unico temafondamentale, di un unico sogno "centrale": il desiderio di tornare nelgrembo della madre, fondato sulla dolente consapevolezza di non esserestato né amato né voluto. Essi sono dunque "il pianto sinceroñ e inascoltato ñ di un bambino che reclama l'amore dei suoi genitori".Ma non è tutto. Essi esprimono il cammino ascendente e progressivodi Ludwig dalle tenebre gelide e oscure di una nascita enigmatica, misteriosa,alla luce abbagliante di una rinascita: di una nascita riconosciuta e diuna identità ritrovata.
Impossibile,qui, riassumere i passaggi e le finezze del percorso analitico, supportatoda una documentata conoscenza dei conflitti interiori e dei dettagli biografici:basti dire che questo movimento ascendente ñ "le tenebre si sono diradate,sostituite dalla luce del giorno" ñ viene poi descritto da Solomon, inaltre parti della sua opera, attraverso un'analisi puntuale della formamusicale. In questa prospettiva, ci sembrano decisive le pagine dedicatedal critico americano all'ultimo Beethoven, cioè al periodo successivoal 1812, quando il cosiddetto stile eroico si era praticamente dissolto:già nella monografia del 1977 il capitolo conclusivo ñ il piùdenso e il più lungo ñ era stato dedicato, per l'appunto, all'ultimoBeethoven; ora, nella recente raccolta di saggi, questa attenzione privilegiataalla fase finale trova un'ampia e definitiva conferma. Si veda, ad esempio,il primo e folgorante capitolo dedicato alla Nona ("La Nona Sinfonia: allaricerca di un ordine"). Qui Salomon riarticola, in termini sia musicaliche psicologici, un tòpos ricorrente di tutta la migliore criticabeethoveniana, che vede nella Nona il progressivo affermarsi ed il definitivotrionfo del Re maggiore ñ presente nella parte finale e nel celebre Innoalla Gioia di Schiller – sul Re minore, cioè sulla tonalitàd'impianto dell'introduzione.
Il "catastroficotuffo nel Re minore", rappresentato dalle battute iniziali della Sinfonia,possiede evidenti connotazioni emotive, che lo stesso Beethovem annotòin un suo quaderno di abbozzi: è un avvenimento, egli scrive, che"ci ricorda la nostra disperazione". Il caos primigenio, la paura, le esplosionidi irrazionalità, la disintegrazione psichica, le pulsioni segreteverso oggetti proibiti: tutto questo vive già nell'introduzionee nel tuffo catastrofico che la caratterizza. Ma la tonalità principale,il Re minore, si affermerà compiutamente solo nella parte conclusivadell'introduzione: preceduta da una sostanziale ambiguità ñ cheSolomon non spiega a sufficienza ñ dovuta al fatto che le quinte, all'iniziodella partitura, rimangono vuote e non vengono riempite dalla nota modale.
Questa sceltadell'ambiguità e dell'incertezza modale caratterizzerà anchel'ascesi finale verso il Re maggiore. La tonica maggiore, come ci ricordaSolomon, "dovrà patire numerose vicissitudini prima che la sua supremaziavenga finalmente garantita nelle battute in prestissimo che concludonola Sinfonia". Il passaggio dalla disperazione alla felicità ñ equindi alla definitiva conquista dell'infinito e della trascendenza ñ èscandito da procedimenti musicali adatti a rappresentare questi verticiestremi e indicibili dell'esistenza: procedimenti musicali che includonocomplicate progressioni armoniche, passaggi in tonalità indeterminate,percorsi tonali polivalenti, "stili fugati notevolmente eccentrici e unatecnica della variazione estremamente elaborata". Un vero e proprio vocabolariomusicale degli stati estremi della coscienza viene messo in campo dall'ultimoBeethoven: nella Nona come nei Quartetti. "La musica di Beethoven dàlibero sfogo alla paura, al terrore, all'orrore, al dolore e provoca quellabrama di infinito che è l'essenza del Romanticismo". CosìHoffmann, nel 1810, in una recensione pubblicata su una rivista musicaletedesca. Ed in questa perenne tensione tra i due poli si gioca anche lacomplessa e sublime esperienza musicale dei cinque ultimi Quartetti (127,132, 130, 131, 135 ).
Sulla sciadell'insuperato lavoro di J. Kerman (The Beethoven Quartets, New York 1966),Solomon individua nei Quartetti composti tra il 1825 e il 1826 lo stessomovimento ascensionale individuato nella Nona: dalla dissociazione all'integrazione.Due termini appartenenti al lessico della psichiatria e della psicoanalisivengono così applicati, con grande pertinenza tecnica, al vocabolariomusicale dell'ultimo Beethoven. La descrizione di un'evoluzione tecnicañ che per Gould, come s'è detto, rappresenta il vertice del lavorocritico ñ diviene qui, attraverso un raffinato gioco di corrispondenzee di analogie, il racconto della travagliata storia di un'anima e del suocammino: a partire dalla frammentazione e dal dolore, verso la bellezzae verso la trascendenza. "E attraverso la bellezza che arriviamo alla libertà".Così Schiller. Parole che Beethoven avrebbe potuto sottoscrivere."L'altezza delle stelle" ñ egli annotava in un foglio di appunti ñ puòessere "meglio" rappresentata "per mezzo degli strumenti".
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