(Sigmund Freud, Lettera a Fliess, 1895)
È davvero frutto di un mirabile sforzo d’insieme, questo Rileggendo Freud. 24 lezioni di psicoanalisi, curato da Sabino Nanni e corredato dalla prefazione di Mario Amore, attuale direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Genova, dalla presentazione di Maurizio Pompili, professore Ordinario all’Università Cattolica di Roma, e dall’introduzione di Francesco Bollorino, ricercatore presso la stessa clinica universitaria di Genova ed editor di psychiatryonline.it. Il libro contiene 24 lezioni che Romolo Rossi, psicoanalista ed ex direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Genova, tenne sul finire degli anni ’90, lezioni registrate e poi sbobinate, i cui testi furono dapprima pubblicati “grezzi” appunto su psychiatryonline; questi testi, accuratamente e minuziosamente rivisti e corretti da Sabino Nanni, psichiatra e psicoterapeuta che ebbe con Rossi un lungo rapporto umano e professionale, sono oggi presentati e raccolti in edizione cartacea in questo che non esito a definire un preziosissimo libro, che permette a tutti noi, esperti e meno esperti, di godere di questa lettura. Le 24 lezioni coprono un arco temporale che parte dagli esordi delle prime ricerche freudiane (Il giovane Freud della lezione 1), per attraversare gli studi sull’isteria, l’interpretazione dei sogni, il caso Dora, il perturbante e così via fino a concludersi nel 1921, con l’ultima lezione dedicata a Psicologia della masse e analisi dell’Io, testo con cui la psicoanalisi esce dal divano individuale per affacciarsi alle dinamiche sociali e porre le basi per tutta la futura conoscenza sulla psicologia gruppale. Ma perché parlo di un libro preziosissimo, quale il Freud – e il Rossi – che presenta e dischiude al lettore? Come scrive Amore, la raccolta “coglie le varie dimensioni della cultura freudiana: il Freud neurofisiologo, il Freud studioso del profondo, il Freud analista, e il Freud ‘uomo’ colto nelle sue qualità umane e nei suoi limiti caratteriali, in un’intelligente sintesi operata dall’autore” (p. V). Romolo Rossi accompagna il lettore, lo prende letteralmente a braccetto, per condurlo lungo i primi sessantaquattro anni di una vita geniale e straordinaria, dall’entusiastica lettera alla fidanzata del 1885 di un giovane Freud abbagliato da Parigi dove va a visitare Charcot (“…diventerò un grande scienziato e poi ritornerò a Vienna con un prestigio, grande, grande, e poi ci sposeremo presto e curerò tutti i malati mentali insanabili…”), attraverso un approfondito excursus sugli studi dell’isteria (lezioni 3,4 e 5), la controversa amicizia con Fliess, l’interpretazione dei sogni che costituisce quasi un libro nel libro (dalla lezione 8 alla 15), la psicopatologia della vita quotidiana, Dora, fino ad approdare alla svolta del ’20 e alla seconda topica con “Al di là del principio di piacere”, dopo essere transitato nelle fantasie masochistiche di “Un bambino viene picchiato”, “Un caso di omosessualità femminile” per terminare, come detto, nel 1921 con il fondamentale testo sulla psicologia delle masse.
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A chi sta pensando ‘ma tutti conosciamo queste cose’, la risposta è no; non così. Pregio maggiore del libro è il mirabile intreccio di cultura psicoanalitica, psichiatrica, letteraria, artistica, con cui Rossi conduce il filo delle lezioni: ecco allora che i passi di Freud si alternano a citazioni di Dante, Flaubert, Proust, Balzac, a riferimenti alle attuali neuroscienze e ai moderni DSM, a commenti sul clima dell’epoca, venendo a comporre uno splendido mosaico, rigoroso ed elegante insieme. Tale era, d’altronde, lo stile di Rossi, del Rossi docente che, come specializzanda in psichiatria, io ebbi la fortuna di conoscere per tutti gli anni della mia formazione, anni in cui la psicoanalisi era ancora rappresentata nelle cliniche universitarie: al letto del paziente così come a lezione, con stile, mi si passi il termine, ‘charcottiano’, Rossi riusciva perfettamente, come ben si coglie in questi scritti, a fare della psicopatologia una narrativa, a sottrarre il paziente dall’aridità nosografica per farne soggetto portatore di una storia, di una biografia che, come Freud per primo nella storia della medicina ci ha insegnato, il malato narra al medico attraverso il sintomo. Ugualmente accadeva che, ai congressi medici e psichiatrici dove era spesso invitato, dopo aver sentito parlare di farmaci e neurotrasmettitori, Rossi prendeva la parola e si apriva d’improvviso un altro scenario: il sintomo diventava linguaggio, narrativa, senso, richiamo, all’interno di quella singolarità che nessuna disciplina come la psicoanalisi si sforza di restituire all’essere umano. Con lui, era Freud ad entrare in scena, il Freud che ha cambiato irriducibilmente la cultura del nostro secolo, che si creda o no alla psicoanalisi come segnala Rossi, dopo Freud il mondo e la visione dell’umano non sono più stati come prima. Ogni lezione riesce a cogliere il punto emergente della straordinarietà della scoperta freudiana: la sessualità infantile che abita in tutti noi come elemento perverso, l’irriducibilità della vita al bene con la pulsione di morte, il transfert che lo sommerge, ancora impreparato, con Dora, il legame erotico e regressivo che rende gregario il gruppo di cui si pensava, fino ad allora, che l’importante fosse il capo e non la massa, l’identificazione narcisistica nell’omosessualità, e via dicendo…non voglio troppo anticipare al lettore il piacere di questa affascinante lettura. Originale e non comune, nel discorso di Rossi, il frequente rimando alle neuroscienze, che oggi vediamo accogliere molte delle intuizioni freudiane, e ancora meno scontato il parallelo con il manuale DSM: il trauma diventato “post-traumatic stress disorder”, l’isteria scomposta in “disturbo di conversione” e “disturbo dissociativo”, la sua apparente scomparsa, ci dice Rossi, sotto l’ombrello omnicomprensivo degli “eccitamenti psicomotori”.
Per tutte queste ragioni, per una ricchezza di paralleli e spunti che non sempre troviamo nella letteratura psicoanalitica contemporanea, il libro è primariamente destinato a studenti, specializzandi, candidati psicoanalisti, ma risulta tutt’altro che scontato anche per l’analista esperto, di alta divulgazione per il lettore comune che voglia avvicinarsi al padre della psicoanalisi, e stimolo prezioso per il lettore colto. “Romolo Rossi – scrive Nanni – benché (o forse proprio perché) non sempre in perfetto accordo con l’istituzione psicoanalitica, ha contribuito, anche in questi scritti, a riaffermare la piena vitalità della psicoanalisi, con gli apporti fecondi che essa può continuare a offrire alla Psichiatria e alla Cultura generale “(p. 315). La psicoanalisi che emerge da queste pagine, pur consapevole d’essere anche frutto del tempo, vuole insegnare allo studente, cosi come al lettore, la vitalità di un metodo e di un dispositivo, metodo e dispositivo analitico inventato da Freud, efficace nella cura e capace di leggere il mondo, l’arte, la poesia, il sociale. Psicoanalisi e marxismo, di cui è noto Freud era diffidente, ci dice Rossi in diverse riflessioni essere stati i principali movimenti culturali del XX Secolo. Freud sarebbe stato felice di questo libro a lui dedicato, perché ne raccoglie e ne rappresenta in pieno lo spirito del vero ricercatore, del letterato, e non ultimo, dell’uomo. L’uomo Freud che si racconta nei suoi sogni, nella parte più vasta e accurata del libro che rimette (finalmente!) il sogno al centro dell’indagine psicoanalitica, così come qua e là anche scorgiamo l’uomo Rossi nella sua umanità verso la sofferenza, laddove scrive “una persona deve, in una certa misura, poter ‘sguazzare’ nei propri mali” (p. 208); umanità che, sappiamo, aveva anche Freud.
“Troviamo – commenta Nanni nella postfazione – in queste lezioni, sempre posto in rilievo il Freud innovatore o rivoluzionario, mai quello portavoce dell’ortodossia istituzionale psicoanalitica” (p. 307). Rileggendo questo Freud, il lettore viene particolarmente trascinato e coinvolto; è sempre Nanni a segnalare, citando Ogden, che “ogni scritto psicoanalitico richiede che il lettore dia un suo contributo, dia un suo contributo di verità a quanto espresso dall’autore, lo assista. C’è sempre qualcosa che l’autore conosceva, ma non sapeva (pienamente) di conoscere. Il lettore diviene sempre, in qualche misura, il co-autore del testo” (p. 309, corsivo mio). E poco più avanti, sempre con l’aiuto di Ogden “Freud è uno di quegli autori che pensano nell’atto stesso di scrivere; come se, scrivendo, gli sviluppi del suo pensiero lo cogliessero di sorpresa. Non tentò neppure di eliminare gli indizi di tale modo di procedere: false partenze, incertezze (….) non si limitò a esporre nuovi concetti, ci lasciò anche un’illustrazione di come arrivò a pensarli” (p. 310). Trovo che queste parole descrivano perfettamente sia il modo di procedere di Freud, e sia il modo di procedere di Rossi; è uno di quei libri, che riesce nell’intento di farci sentire partecipi co-autori.
In ultimo, non si può omettere e non notare il valore affettivo che questa pubblicazione, che ha richiesto tanto minuzioso lavoro di editing per traslare la parola parlata in parola scritta (esperimento, in piccolo, di quanto accadde con Lacan), deve aver avuto per i quattro colleghi che se ne sono occupati; tutti, in vario modo, legati all’autore da un debito di affetto e gratitudine. Parafrasando Lou Salomé che nel 1931 scrisse Il mio ringraziamento a Freud, si potrebbe dire che questo libro rappresenta, per i suoi curatori, e oggi per noi lettori, il nostro ringraziamento a Rossi.
“Disposta a farmi tenere al guinzaglio, a condizione che il guinzaglio sia davvero molto lungo” Lou Salomè, Il mio ringraziamento a Freud
Bibliografia
Ogden T. H. (2002) A new reading of the origins of object-relations theory (Int. J. Psychoanal. Vol. 83, N° 4, p. 767)
Ogden T. H. (2003) What's true and whose idea was it? (Int. J. Psychoanal. Vol. 84, N° 3, p. 593)
Salomé L. (1931) : Il mio ringraziamento a Freud. Tre lettere a un fanciullo (Mein dank an Freud) Boringhieri, Torino, 2006
VEDI ANCHE
PRESENTAZIONE "RILEGGENDO FREUD 24 LEZIONI DI PSICOANALISI DI ROMOLO ROSSI"
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