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“Un movente per morire” di Michela Gecele RECENSIONE

14 Ott 23

Di Giorgio Balbo

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Aldo Raciti beve un’incredibile quantità di caffè (e cappuccini, che in fondo sono caffè camuffati); forse anche per questo è particolarmente sveglio e non si lascia sviare dalle numerose tracce che potrebbero portarlo ad una conclusione diversa, più facile e veloce, ma sbagliata, sul caso di cui si deve occupare. E quasi subito trova qualcosa che lo colpisce: il morto ammazzato è un torinese con legami a Catania, e lui, il commissario Raciti è un catanese con memorie e legami a Torino. 

Le connessioni sull’asse Sud – Nord o Nord – Sud, a seconda di dove lo si guardi, sono un aspetto interessante soprattutto per piemontesi e siciliani che si accingano a leggere questo nuovo libro di Michela Gecele, anche lei piuttosto attiva su quell’asse. 

Vi troverete immersi in posti che potreste conoscere o che vorrete conoscere, locali conosciuti o da provare, libri letti o da leggere, accompagnando Aldo nei suoi spostamenti tra Catania e Torino, nei suoi pensieri, nei suoi incontri professionali e non, che condiscono questa sua indagine. Passato e presente si intrecciano e guidano i passi dei personaggi – come d’altronde anche i nostri nella vita – in percorsi talvolta più lineari, come le strade di Torino, talvolta più contorti, intricati e con vicoli ciechi come le strade di Catania. 

Attraverso questi percorsi intricati, deviazioni, avanzamenti, indietreggiamenti, nuovi tentativi, seguirete i pensieri e le azioni del commissario Raciti, così come l’autrice ce li illustra con la sua fervida fantasia ed anche con una innegabile poliedricità di interessi e conoscenze su argomenti molto vari (di cui non dico di più per non rivelare contenuti dell’indagine), toccando temi che non avreste neanche potuto immaginare solo leggendo il risvolto di copertina. 

Si tratta di un libro di luoghi, di spostamenti, di cibi, di bevande, di culture, di legalità ed illegalità, in cui avrete a che fare oltre che ovviamente con un fitto intreccio di relazioni affettive, amicali o anche solo professionali che includono quasi sempre qualche fine osservazione psicologica, anche con le relazioni virtuali sviluppate nel “dark web” (ecco, per l’appunto, una delle tematiche di cui non sapevo nulla prima della lettura di questa indagine). Quanto può essere forte il potere di influenzamento del web? Quanto può agire in termini di aggressività e di alimentazione di sensi di colpa? Quanto può far sentire in pericolo una persona? Se esiste un lato ombra individuale – e lo incontrerete guidati dal commissario – si può dire che esista un lato ombra sociale che si esprime talvolta nel web e soprattutto nel dark web? Fino a che punto può spingersi la sovrapposizione tra letteratura e realtà? (Devo dire che su quest’ultimo punto mi sento confortato: ho sempre pensato che la lettura di romanzi dicesse di più della vita delle persone rispetto ad un saggio scientifico!) 

E’ una lettura che “prende” e che si presta anche ad una interessante rilettura su temi più ampi una volta liberati dal desiderio di seguire i passi dell’indagine. Poi devo dire che a me il personaggio di Aldo Raciti è proprio simpatico con i suoi tentennamenti, le insicurezze, il fare talvolta spavaldo di facciata, il buon cuore che sta sotto la divisa, anche se generalmente veste in borghese, l’acuta intelligenza che gli permette di collegare – forse anche con l’aiuto dei caffè di cui sopra – elementi tra loro distanti ed apparentemente slegati per giungere ad un quadro significativo. 

Accidenti, dimenticavo: non ho detto del titolo, particolare; beh, se c’è “un movente per morire” dovrete scoprirlo leggendo il libro. 

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