I grandi (e veri) Poeti hanno la capacità d’esprimere in poche parole, estremamente incisive, anche concetti complessi. Vediamo, ad esempio, come Dante, nel canto XXIV del Purgatorio illustra il suo modo di scrivere versi:
Con queste poche parole, Dante spiega che cosa vuol dire fare poesia e, nel contempo (cosa di capitale importanza per noi che ci occupiamo della cura della mente) illustra come possa essere comunicato un atto d’introspezione; ma non solo: anche d’empatia – L’empatia, definita da Kohut “introspezione vicariante”, è la facoltà che consente, mettendosi nei panni di un’altra persona, di “guardarle dentro” al posto suo. Noi terapeuti lo facciamo (o dovremmo farlo) solo se tale persona lo vuole e ne ha bisogno –
Affinché un atto d’introspezione (e di empatia) sia comunicabile, provare un sentimento è condizione necessaria ma non sufficiente: occorre anche che, nel momento in cui si avverte tale affetto, la capacità di auto-osservazione venga conservata ed esercitata; è necessario essere consapevoli di sé NELL’esperienza del sentimento, per poi pensare e parlare DELL’esperienza del sentimento stesso (T. Ogden). Dante esprime tale consapevolezza con una sola parola: “noto”, e tale capacità di pensare ed esprimere verbalmente con due parole. “vo significando”.
L’Amore è il sentimento che governa la Poesia; è anche quel moto dell’animo capace di coniugare l’introspezione e l’empatia al benvolere (introspezione ed empatia non necessariamente vogliono dire simpatia per sé stesso o per l’altro). Da tale unione nasce l’integrazione fra quanto, in una persona, è idealizzabile e quanto, nel resto del suo mondo interno, non lo è affatto: entrambi gli aspetti vengono compresi tramite introspezione ed empatia ed “abbracciati” dal sentimento dell’Amore. Ne scaturisce un sentimento di Verità (ognuno può essere sincero con sé stesso solo se si sente amato e si ama) e di armonia nel mondo interno, che si traduce in una sensazione di Bellezza.
Affinché la comunicazione dell’atto introspettivo-empatico risulti efficace, è necessario che essa rispecchi fedelmente il sentimento che l’ha ispirata: “a quel modo / ch’ei dentro ditta vo significando”. Ritorniamo, qui, sul tema dell’incisività, della naturalezza e della semplicità del modo in cui s’esprimono i veri e grandi Poeti; e, aggiungo, i terapeuti che sanno essere davvero tali. Questo in netto contrasto col carattere artificiale, astruso, lontano dai sentimenti autentici con cui (non) parlano alcuni psichiatri, psicopatologi e sedicenti poeti. Costoro hanno sostituito, al piacere di comunicare e aiutare, il compiacimento insensato per la complessità del loro linguaggio. Al posto di una forma autentica ed evoluta d’amore verso sé stessi e verso i propri simili, è subentrato l’appagamento del tipo più primitivo (e puerile) di narcisismo.
“… I’ mi son un che quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’ei ditta dentro vo significando”
Con queste poche parole, Dante spiega che cosa vuol dire fare poesia e, nel contempo (cosa di capitale importanza per noi che ci occupiamo della cura della mente) illustra come possa essere comunicato un atto d’introspezione; ma non solo: anche d’empatia – L’empatia, definita da Kohut “introspezione vicariante”, è la facoltà che consente, mettendosi nei panni di un’altra persona, di “guardarle dentro” al posto suo. Noi terapeuti lo facciamo (o dovremmo farlo) solo se tale persona lo vuole e ne ha bisogno –
Affinché un atto d’introspezione (e di empatia) sia comunicabile, provare un sentimento è condizione necessaria ma non sufficiente: occorre anche che, nel momento in cui si avverte tale affetto, la capacità di auto-osservazione venga conservata ed esercitata; è necessario essere consapevoli di sé NELL’esperienza del sentimento, per poi pensare e parlare DELL’esperienza del sentimento stesso (T. Ogden). Dante esprime tale consapevolezza con una sola parola: “noto”, e tale capacità di pensare ed esprimere verbalmente con due parole. “vo significando”.
L’Amore è il sentimento che governa la Poesia; è anche quel moto dell’animo capace di coniugare l’introspezione e l’empatia al benvolere (introspezione ed empatia non necessariamente vogliono dire simpatia per sé stesso o per l’altro). Da tale unione nasce l’integrazione fra quanto, in una persona, è idealizzabile e quanto, nel resto del suo mondo interno, non lo è affatto: entrambi gli aspetti vengono compresi tramite introspezione ed empatia ed “abbracciati” dal sentimento dell’Amore. Ne scaturisce un sentimento di Verità (ognuno può essere sincero con sé stesso solo se si sente amato e si ama) e di armonia nel mondo interno, che si traduce in una sensazione di Bellezza.
Affinché la comunicazione dell’atto introspettivo-empatico risulti efficace, è necessario che essa rispecchi fedelmente il sentimento che l’ha ispirata: “a quel modo / ch’ei dentro ditta vo significando”. Ritorniamo, qui, sul tema dell’incisività, della naturalezza e della semplicità del modo in cui s’esprimono i veri e grandi Poeti; e, aggiungo, i terapeuti che sanno essere davvero tali. Questo in netto contrasto col carattere artificiale, astruso, lontano dai sentimenti autentici con cui (non) parlano alcuni psichiatri, psicopatologi e sedicenti poeti. Costoro hanno sostituito, al piacere di comunicare e aiutare, il compiacimento insensato per la complessità del loro linguaggio. Al posto di una forma autentica ed evoluta d’amore verso sé stessi e verso i propri simili, è subentrato l’appagamento del tipo più primitivo (e puerile) di narcisismo.
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