Viviamo da decenni in società nelle quali le sofferenze e i disturbi mentali sono vissuti, elaborati e manifestati secondo modalità diverse a seconda delle etnie di appartenenza.
Non solo, ma anche la ricerca di aiuto, i percorsi di cura, l’accettazione dei trattamenti proposti e prescritti, gli esiti degli stessi ne sono profondamente condizionati. Senza considerare il fatto che culture professionali e sistemi sanitari differiscono fra loro ampiamente .
Ne scrivono Dinesh Bhugra, Max Pemberton, Sam Nishanth Gnanapragasasam e Daniel Poulter nel 2023 nell’editoriale che apre i numeri 3-4 della rivista International Review of psychiatry.1.
Il “cuore” della riflessione riguarda il tema del razzismo che nelle situazioni di razzismo istituzionale, quello fatto proprio da uno Stato, condiziona in modo determinante l’accesso ai servizi e le risposte in quanto crea e mantiene alterità, esistenze “altre” sulla base di differenze percepite e attribuite ad una razza.
I termini “razzista” e “razzismo” furono coniati alla fine dell’Ottocento sulla base dell’affermazione dell’esistenza di una gerarchia fra gli umani basata biologicamente e dimostrata scientificamente.
Sui piani politici e sociali il razzismo comporta il monopolio del potere legittimato da pregiudizi che creano discriminazioni fra comunità e persone che vivono le une accanto alle altre.
I gruppi minoritari sono più esposti ad aggressioni con motivazioni razziali e all’essere vissuti come “altri” come mostrano studi sulle popolazioni Maori della Nuova Zelanda, su persone transgender in Russia, e migranti in cerca d’asilo in Germania.
Il razzismo opera sul piano sociale interagendo con le politiche delle istituzioni e con le culture. Nei servizi di salute mentale il razzismo alimenta pregiudizi circa la valutazione prognostica, pregiudizi che favoriscono la pratica del non intervento nei bisogni sociali, l’aumento delle pratiche di coercizione e la mancata disponibilità di risorse adeguate per i servizi deputati. Negli USA, nei primi studi di epidemiologia psichiatrica i bassi tassi di malattie mentali registrati nelle popolazioni nere erano interpretati come dovuti alla inciviltà (o al basso grado di civiltà) delle stesse, in particolare nel caso dei bassi tassi di depressione fra gli afroamericani.
Le culture delle istituzioni e delle organizzazioni degli Stati, nell’obiettivo di produrre interventi efficaci, si rapportano con le persone delle minoranze in vari ambiti: da quelli dell’economia, a quelli delle relazioni sociali, famigliari, affettive.
Per quanto riguarda la salute, quella mentale in particolare, non sorprende quindi il fatto che problemi di stress psicologico interferiscano con la capacità da parte delle persone che ne soffrono di condurre una vita sociale piena e che le discriminazioni condizionino gli stessi esiti dei trattamenti.
Il cuore del problema resta il come e il perché si crei l’altro, il fatto che le reazioni a tale costrutto comportino il sentirsi diversi, superiori e privilegiati riguardo, ad esempio, a genere, orientamento sessuale, religione, colore della pelle o altri tratti micro-identitari.
La creazione dell’altro si basa sulla sottolineatura di una o più caratteristiche che appaiono più importanti e significative di altre.
La salute mentale è profondamente influenzata da fattori culturali, sociali e ambientali. Questa è la ragione per cui è fondamentale che i clinici prendano in considerazione tali fattori non solo nel loro complesso ma anche singolarmente, uno per uno, insieme alle relazioni nella vita sociale. I decisori politici devono da parte loro avere chiaro l’insieme dei processi che portano a creare l’altro: mettere a fuoco ed intervenire su un solo aspetto può rendere apparentemente più facile pensare di essere riusciti a liberarsi dalla discriminazione, ma il problema è che l’efficacia di quella singola risposta può risultare facilmente inadeguata e diventare rapidamente obsoleta.
Il razzismo non costituisce quindi l’unico assunto che da solo determina difficoltà e problemi delle persone discriminate. Basta citare ad esempio le conseguenze sulle persone e le loro relazioni nella costruzione di alterità nei casi di misoginia, omofobia, islamofobia, antisemitismo ecc. in quanto generatrici di discriminazioni di persone e di gruppi. E fattori economici, educativi e di classe sociale, tutti giocano un ruolo decisivo nel condizionare il modo con cui noi vediamo gli altri e gli altri vedono noi.
Luigi Benevelli
Mantova, 1 aprile 2024
1Dinesh Bhugra, Max Pemberton, Sam Nishanth Gnanapragasasam & Daniel Poulter, Racism and discrimination in mental health services: what is the question? International Review of psychiatry, 2023, vol. 35, 3-4, pp. 229-233.
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