Il colloquio psichiatrico, per quanto abbia insite anche valenze di altro tipo e significato, ha innanzitutto uno scopo informativo ponendosi, in sostanza, quattro obiettivi:

raccogliere informazioni sui disturbi presenti al momento e sugli antecedenti dell'episodio attuale per arrivare alla formulazione di una diagnosi;

capire gli atteggiamenti ed i sentimenti del paziente circa le sue condizioni ed i suoi sintomi;

cogliere il comportamento non verbale per meglio definire la natura dei problemi psichici;

raccogliere, attraverso il comportamento nel corso dell'intervista, informazioni sulle caratteristiche del rapporto interpersonale, spesso disturbato nel corso della patologia psichica.

Il successo di un colloquio psichiatrico si valuta in base alla sua capacità di fornire delle risposte esaurienti a questi 4 punti.

È del tutto verosimile che uno psichiatra ragionevolmente esperto sia in grado, nella sua pratica clinica, di ricavare dal colloquio psichiatrico tutte le informazioni necessarie per porre la diagnosi, impostare un trattamento e seguire adeguatamente l'evoluzione del quadro clinico del suo paziente. In ambito di ricerca, però, il clinico non sempre rappresenta un punto di riferimento attendibile, poiché le sue rilevazioni non sempre sono accurate, precise e sistematiche, non sempre tiene conto, nella formulazione della diagnosi, di tutte le possibili diagnosi differenziali e dei criteri di inclusione, di esclusione e di gravità. È stato perciò necessario far ricorso a strumenti, le RS, che lo obbligassero ad essere accurato nell'esplorazione della sintomatologia, che gli fornissero le necessarie informazioni sui criteri di inclusione e di esclusione facilitando così la classificazione diagnostica. In altri termini, è stato necessario far ricorso a dei sistemi di valutazione standardizzata che limitassero, per quanto possibile, la variabilità insita nell'approccio clinico.

La "valutazione standardizzata" è la tecnica che si propone di esplorare in maniera sistematica, ed il più possibile omogenea, settori più o meno vasti della psicopatologia in modo da ottenere dai diversi pazienti risposte confrontabili tra loro.

In senso assoluto, nella valutazione standardizzata il tipo di domande, le circostanze ambientali, la tecnica di valutazione e quant'altro possa influire sulla elicitazione delle risposte dovrebbe essere altamente standardizzato in modo da evitare l'introduzione di ogni elemento di variabilità. In pratica, però, con il termine di valutazione standardizzata si designano modalità diverse di raccolta delle informazioni in funzione di ciò che appare più appropriato nelle diverse circostanze.

Esistono perciò numerosi strumenti (RS, questionari, checklist, eccetera) per la valutazione standardizzata che consentono di raccogliere le informazioni da punti di vista diversi; essi vanno dall'autovalutazione da parte del paziente (p. es., Symptoms Check List-90 – SCL-90, Beck Depression Inventory – BDI…), all'eterovalutazione da parte dello psichiatra attraverso un'intervista più o meno rigidamente strutturata (p. es., Structured Clinical Interview for DSM – SCID, Social Adjustment Scale – SAS…) o attraverso un colloquio più o meno informale e l'osservazione del comportamento (p. es., Hamilton Rating Scale for Depression – HAM-D, Brief Psychiatric Rating Scale – BPRS…), dalla valutazione da parte di altre figure professionali (p. es., Nurses' Observation Scale for Inpatient Evaluation – NOSIE, Psychotic Inpatient Profile – PIP…) a quella da parte dei familiari (p. es., Katz Adjustment Scale – KAS..). Gli strumenti disponibili hanno varia lunghezza (da un solo item a 100 e più item) e diversa difficoltà di applicazione e richiedono perciò tempi più o meno lunghi di somministrazione.

I vari strumenti possono avere un diverso grado di complessità valutando, ora semplicemente dei sintomi, ora la capacità del soggetto di mettere in atto stili di vita diversi, ora modalità comportamentali o affettive più o meno complesse.

Al fine di lasciare quanto meno spazio possibile all'interpretazione soggettiva, è necessario che, per ogni strumento:

• le domande siano sempre le stesse per tutti i soggetti intervistati e per lo stesso soggetto, se viene valutato più volte a diversi intervalli di tempo;

• le modalità di somministrazione siano il più possibile costanti;

• siano chiare le modalità di assegnazione dei punteggi che consentono la valutazione dell'importanza o della gravità del problema indagato da ciascun item;

• siano ben definite le unità di misura;

• sia specificato il periodo di tempo a cui si riferisce la valutazione (il momento dell'osservazione o il giorno precedente, l'ultima settimana o l'ultimo mese o tutta la vita);

• le variabili prese in considerazione si riferiscano a comportamenti, a sintomi, a disturbi piuttosto che a costrutti psicologici astratti.

Generalmente (ma non sempre!) gli Autori forniscono informazioni circa le proprietà psicometriche degli strumenti che hanno messo a punto, le finalità che si sono proposti ed i mezzi con cui hanno ritenuto di raggiungerle, le modalità di somministrazione e di assegnazione dei punteggi, i dati circa l'affidabilità e la validità e, quando appropriato, la norma di riferimento. La non disponibilità di queste informazioni non rende meno "standardizzato" uno strumento, ma, semplicemente, non fornisce all'utente tutti i criteri per scegliere gli strumenti da usare per gli scopi che si propone.

Lo scopo della valutazione standardizzata è sostanzialmente lo stesso di quello del colloquio clinico informale e consiste nel raccogliere informazioni sulla psicopatologia del soggetto: l'approccio quantitativo non dovrebbe andare a scapito della ricchezza e dell'individualità del colloquio clinico informale, poiché la valutazione clinica più efficace ed utile è quella che ha come fuoco dell'attenzione il singolo individuo ed il valutatore migliore è colui che è capace di interpretare i dati quantitativi in una prospettiva umanistica. I numeri non devono mai sostituire la valutazione personalizzata, ma essere, semmai, punto di partenza per una indagine più accurata ed approfondita e confluire nella descrizione del paziente.

Gli strumenti standardizzati di valutazione oggi disponibili coprono praticamente ogni area della psichiatria: comportamento e cognitività, sentimenti ed emozioni, ideazione e comportamenti d'abuso, sessualità e personalità, eccetera. Nella maggior parte dei casi prendono in esame, ciascuno nel suo specifico campo di indagine (più o meno vasto), la sintomatologia di superficie ed il comportamento che, generalmente, possono essere valutati in maniera abbastanza semplice, affidabile e quantificabile, senza bisogno di particolari interpretazioni.

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Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici