Il numero ottimale degli item di una scala dipende da molteplici fattori quali il tipo di area esplorata, le finalità (valutazione diagnostica o quantitativa), il valutatore (auto o eterovalutazione), la frequenza con cui viene applicata allo stesso soggetto, il tipo di ricerca, ed altro ancora. In alcuni casi può essere più utile una scala più ampia, che esplora più diffusamente l'area in studio, altre volte (e soprattutto nell'autovalutazione) è consigliabile l'impiego di scale con un numero limitato di item. Quando si esplora un'area psicopatologica specifica mediante l'autovalutazione, è bene non superare i 20 item sia per evitare che il paziente perda o riduca le sue capacità attentive e la sua concentrazione, sia perché può essere difficile trovare un numero adeguato di sostantivi e di aggettivi che possano essere compresi anche da una persona di modesto livello culturale (e per di più ammalata!).

Le modalità in base alle quali può essere attribuito il punteggio agli item delle varie RS sono diverse. Molte RS contengono item dicotomi (Sì-No; Vero-Falso; Presente-Assente); il vantaggio delle scale dicotome è rappresentato dalla rapidità di compilazione (l'MMPI, ad esempio, può essere compilato in un tempo relativamente breve pur essendo composto da oltre 500 item). Alcuni soggetti hanno, invece, notevole difficoltà con questo tipo di strumenti perché le dimensioni ed i tratti che essi devono dicotomizzare generalmente sono, come del resto la maggior parte delle dimensioni e dei tratti psico(pato)logici, di tipo continuo e difficilmente sono totalmente assenti. È evidente, quindi, che per decidere della presenza/assenza di una di tali dimensioni è necessario far ricorso ad una sorta di "cutoff soggettivo" che faccia da discrimine. Questo cutoff è variabile da individuo ad individuo e può variare in rapporto a molteplici fattori (personalità, situazione psico(pato)logica del momento, compresenza o meno di altri problemi bio-psico-sociali, eccetera); già basalmente, quindi, ci può essere una certa variabilità che può raggiungere livelli estremi, da un lato nei soggetti con cutoff molto basso o assente (come può essere il caso, ad es., degli ossessivi) e, dall'altro, nei soggetti con cutoff molto elevato (come, ad es., negli ipertimici o, ancor più, ipomaniaci). Tutto questo può risultare penalizzante per la categoria "presente" che include diversi gradi di gravità che non vengono valutati, con conseguente perdita di informazione.

Le scale dicotome sono più indicate in tutti quei casi, come nelle valutazioni diagnostiche in cui ci interessa più la presenza o l'assenza dei sintomi piuttosto che la loro gravità. Nella maggior parte dei casi, ed in particolare quando si voglia misurare il livello di psicopatologia ed i suoi cambiamenti nel tempo, si preferiscono scale i cui item prevedono un maggiore o minore numero di livelli di gravità. La quantificazione di quest'ultima è affidata ad aggettivi o ad avverbi ordinati secondo una scala crescente di gravità (ad esempio: assente, lieve, moderato, grave, gravissimo; oppure: mai, quasi mai, qualche volta, talora, spesso, quasi sempre, sempre; o ancora: come al solito, un po' meno, meno, molto meno, per niente, eccetera). Si parla in questo caso di scale semidefinite. Nonostante l'ambiguità insita in questi livelli di graduazione della gravità, i clinici, purché usino le stesse definizioni dei concetti ed abbiano un'esperienza abbastanza simile, sono generalmente in grado di fornire un giudizio con un buon livello di accordo tra di loro. Se però l'esperienza dei valutatori è diversa, è necessario, per raggiungere un elevato livello di standardizzazione e di affidabilità, ricorrere ad un training in modo da fornire dei riferimenti comuni.

Per migliorare la validità e l'affidabilità, senza dover ricorrere a speciali training, sono state costruite scale altamente formalizzate nelle quali i comportamenti corrispondenti ai singoli punteggi di ciascun item sono accuratamente e dettagliatamente descritti. Esempi tipici di scale altamente formalizzate sono la HAM-D (1960) o la Comprehensive Psychopathological Rating Scale – CPRS (1978) (Tab. 4.I) nelle quali ad ogni punteggio è associata una precisa descrizione.

Queste scale, riducendo al minimo la variabilità tra osservatori diversi, consentono di raggiungere la massima standardizzazione della valutazione ed un'altissima affidabilità, anche se a prezzo di una ridotta flessibilità, costringendo il valutatore a forzature quando il comportamento osservato non sia esplicitamente descritto nelle istruzioni, cosa peraltro non eccezionale dato che le descrizioni riportate non possono coprire tutte le possibilità espressive di un determinato sintomo.

 

Sul versante opposto rispetto alle scale altamente formalizzate, si pongono le scale analogiche, rappresentate da un segmento lungo 10 cm, alle cui estremità stanno a sinistra, l'assenza del sintomo ed a destra la sua massima gravità (Tab. 4.II); il valutatore è invitato a collocare il paziente (o il paziente è invitato a collocare se stesso) fra questi due estremi, nella posizione che, a suo giudizio, meglio esprime la gravità del sintomo; il punteggio è espresso dai millimetri che intercorrono fra lo zero (assenza del sintomo, all'estremità sinistra) ed il punto in cui è stato collocato il paziente. Il livello di riproducibilità di queste scale è limitato, essendo elevata la soggettività del valutatore, mentre sono di buon livello la flessibilità e la sensibilità. Una soluzione che potrebbe unire i vantaggi delle scale analogiche con quelli delle scale formalizzate è quella delle scale analogiche "con punti di ancoraggio" (anchor point), scale analogiche, cioè, sulle quali sono riportate, a determinati intervalli, descrizioni esemplificative dei comportamenti corrispondenti, ai quali il valutatore può fare riferimento nell'assegnazione dei punteggi (Tab. 4.III).

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CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici