Il sonno, al pari dell’aria, dell’acqua e del cibo, rappresenta uno dei bisogni fondamentali dell’uomo ed ha un incredibile potere sulla sua vita. Se dormiamo bene, ci svegliamo riposati, freschi, vigili, pronti ad affrontare la giornata che abbiamo di fronte. Se non dormiamo bene, ogni aspetto della nostra vita ne risente e rischiamo di pagare a caro prezzo il mancato (o l’inadeguato) riposo.
Nel suo giro sul proprio asse, la terra passa da una fase di luce ad una di buio e mentre da un lato milioni di persone, col calare della notte, chiude il suo periodo di veglia per passare a quello di sonno (o almeno ci prova), dall’altro lato altrettante persone si svegliano per affrontare da svegli (almeno la maggior parte) le ore di luce. È ragionevole pensare che la periodicità del ciclo luce/buio nelle 24 ore abbia una notevole importanza sul nostro ciclo attività/riposo. Ci si potrebbe chiedere se ci sarebbero stati e come sarebbero stati i cicli di attività/riposo se la terra, come la luna, avesse avuto una parte costantemente illuminata ed una costantemente al buio, ma questo equivale al chiederci se esistano altri mondi abitati e, in caso affermativo, se la struttura fisiologica dei loro ipotetici abitatori debba necessariamente corrispondere a quella dell’uomo o se possa discostarsene in qualche misura.
Nella nostra realtà ci sono due modalità alternative dell’esistenza, quella di sonno e quella di veglia, che rappresentano, in realtà, due facce contropolari della stessa medaglia e che fanno parte integrante del nostro modo di essere. Il rapporto tra sonno e veglia è abbastanza elastico, ed abbiamo un’ampia libertà di scelta sul come articolare il loro ciclo, ma non siamo liberi di eliminare (o ridurre oltre certi limiti) il sonno, il quale dimostra di avere un enorme potere su di noi: se superiamo determinati limiti, il desiderio e la necessità di sonno diventano più importanti della vita stessa al punto che non riusciamo a stare svegli neppure per evitare la morte, come ben sanno coloro che hanno avuto incidenti (fortunatamente non mortali per loro) per essersi addormentati mentre guidavano un automezzo. In questi casi arriva un momento in cui la necessità di sonno è così impellente che non può essere dilazionata al punto che, per essere soddisfatta, mette a rischio anche la vita. Paradossalmente potremmo dire che il sonno è così importante per la nostra salute e per la nostra stessa sopravvivenza al punto da mettere a rischio la sopravvivenza stessa pur di potersi realizzare.
Oggi sappiamo bene che la vita e le attività vitali si svolgono tanto durante il giorno che durante la notte, nel sonno e da svegli: nel sonno il cervello non è "spento", anzi, il cervello "dormiente" è attivo quanto, se non più, di quello "sveglio", tanto che una parte delle funzioni cerebrali si svolge (solo o prevalentemente?) durante il sonno, probabilmente perché in quelle condizioni è più semplice, non dovendo interagire con le molteplici funzioni della vita di relazione che si svolgono durante la veglia. Pensare che il cervello sia "spento", che abbia bisogno di "riposo", è assurdo almeno quanto pensare che il fegato o i reni abbiano bisogno di riposo. D’altronde gli strumenti di studio dell’attività cerebrale hanno dimostrato che, in certe fasi del sonno, alcune aree del cervello sono da 5 a 10 volte più attive rispetto alla veglia. Senza considerare, inoltre, che il sonno non è un fenomeno passivo, ma attivo: ci sono nel cervello dei meccanismi specifici che attivamente inducono e mantengono il sonno.
A questo punto viene naturale chiederci che cosa sia il sonno: a tutt’oggi noi possiamo soltanto riportare una serie di singole conoscenze, di risposte parziali, ma non siamo capaci di capire pienamente ciò che accade nel cervello durante il sonno, di fornire una visione unitaria del suo funzionamento, di poter dire, insomma, in maniera chiara e completa, che cosa sia il sonno. La caratteristica fondamentale del sonno sembra essere lo sganciamento dal mondo esterno, attraverso un processo attivo che blocca o modifica l’input sensoriale ed anche, in qualche misura, il coinvolgimento con il mondo interno.
Dal punto di vista comportamentale il sonno è definito da quattro criteri:
- assenza o massima riduzione del movimento: i movimenti, soprattutto quelli finalizzati (camminare, parlare, scrivere, compiere azioni complesse, eccetera,) generalmente non consentono di definire come "sonno" il comportamento in esame;
- posizione tipica di sonno: per l’uomo è la posizione distesa (o anche seduta) e, salvo rare eccezioni, possiamo dire che altre posizioni non sono compatibili con la condizione di sonno; per gli animali possono esserci eccezioni, come, ad esempio, il pipistrello che dorme appeso a testa in giù;
- ridotta risposta agli stimoli: durante il sonno non vengono percepiti e non provocano risposta stimoli di bassa intensità di varia natura (acustici, tattili, eccetera) che durante la veglia percepiamo immediatamente reagendo in maniera adeguata;
- reversibilità della condizione in presenza di stimoli adeguati, elemento questo che consente di distinguere il sonno dall’anestesia, dal coma, eccetera.
Gli studiosi, per sottrarsi ai limiti di una definizione basata sull’osservazione del comportamento (e comunque scientificamente corretta secondo i requisiti dell’osservabilità), definiscono il sonno sulla base di alcune misure fisiologiche strettamente correlate con il sonno stesso, misure che, pur derivando il loro valore dalla stretta correlazione con gli aspetti comportamentali del sonno, forniscono tutta una serie di informazioni (diversi stadi di sonno, articolazione dell’attività bioelettrica cerebrale, eccetera) inaccessibili alla sola osservazione.
Tre sono le principali misure fisiologiche comunemente impiegate:
- l’elettroencefalogramma (EEG), scoperto nel 1929, che misura l’attività bioelettrica del cervello e le sue variazioni, attività che deriva, in massima parte, dai cambiamenti di voltaggio della membrana dei neuroni;
- l’elettrooculogramma (EOG), che registra i movimenti oculari che si verificano durante il sonno e che sarebbero altrimenti invisibili, essendo gli occhi chiusi;
- l’elettromiogramma (EMG), che registra l’attività elettrica derivante dall’attività muscolare e che può essere captata dagli elettrodi posti sulla cute sovrastante il muscolo; nello studio poligrafico del sonno si registrano i movimenti dei muscoli del mento che si contraggono in maniera marcata e particolare in rapporto agli stadi di sonno.
I dati forniti da queste metodiche di indagine, opportunamente integrate tra loro, hanno fornito numerosi ed importanti contributi alla comprensione del sonno e dei suoi meccanismi:
le diverse fasi di sonno, le loro correlazioni con l’attività motoria e con i movimenti oculari, l’andamento ciclico del sonno, i rapporti tra lesioni cerebrali e struttura del sonno e molte altre cose ancora. Nonostante questi enormi progressi, frutto di un secolo di studi scientifici, comprese le moderne ricerche intensive che hanno caratterizzato gli ultimi 30-40 anni, il sonno e le sue funzioni rimangono un mistero ancora in larga misura da chiarire e da capire. Non che manchino teorie che, anzi, sono forse anche troppe rispetto alla relativa scarsezza di dati chiari, incontestabili, non ambigui, che possono essere portati a loro sostegno.
Certamente la funzione del sonno non è quella di prevenire la sonnolenza, così come il mangiare non ha la funzione di prevenire la fame. Fra le varie funzioni, quelle più verosimili (anche se non tutti i dati sono in pieno accordo con questa ipotesi) possiamo citare quella del ripristino, del recupero, dei processi fisiologici e/o pbiochimici degradati durante la veglia (e tutti abbiamo esperienza degli effetti dannosi, sul piano psicologico e comportamentale, della perdita di sonno) e quella della conservazione dell’energia, in larga misura supportata dalla continuità termoregolatoria ed elettrofisiologica tra l’ibernazione ed il sonno.
Di sicuro possiamo dire soltanto che è un’attività molto complessa e ben organizzata e che perciò molti fattori possono disorganizzare o compromettere la sua funzione, come appare sempre più evidente da quando gli studiosi hanno incominciato a studiare ed a misurare una serie crescente di funzioni, nella veglia e nel sonno, dei soggetti che lamentavano difficoltà nel dormire o nel mantenersi svegli. Questo ci deve ricordare che, quando parliamo del sonno, è inevitabile parlare anche della veglia perché questi due aspetti contropolari fanno parte di un tutto unico, che è il ritmo sonno/veglia, il quale è regolato da un orologio biologico, da un meccanismo omeostatico che tende a mantenere un equilibrio fra le due componenti. In questo contesto si colloca anche la sonnolenza, un’esperienza comune a tutti, alla quale solo recentemente è stato rivolto un adeguato interesse scientifico. Da questa attenzione è emersa la coscienza che un’eccessiva sonnolenza diurna è un sintomo importante che può essere espressione di una grave malattia potenzialmente mortale.
La sonnolenza è una necessità fisiologica basale paragonabile alla fame o alla sete, e come la deprivazione di cibo o di bevande provoca la fame o la sete (ed il mangiare o il bere elimina queste necessità), così la mancanza di sonno provoca la sonnolenza (ed il dormire elimina questo bisogno). La sonnolenza fisiologica non viene apprezzata fino a che non diviene grave e persistente, ed anche in questo caso, in presenza di particolari motivazioni, o di eccitamento psicomotorio, o di altri bisogni "competitivi" (come la fame o la sete), può essere in certa misura controllata ed i segni comportamentali che ne sono l’espressione (la caduta del capo, lo sbadiglio, l’arrossamento degli occhi) possono essere ridotti.
In un normale ritmo sonno/veglia, la massima sonnolenza si osserva verso la metà della notte; se ci si sforza di stare svegli, si manifestano stanchezza, fatica, difficoltà di concentrazione, errori di memoria; gli stessi sintomi si possono osservare anche durante il giorno se la sonnolenza diventa grave abbastanza da invadere anche lo stato di veglia. Il protrarsi della deprivazione di sonno modifica il tracciato EEG di veglia nel quale compaiono, ad un certo punto, episodi bioelettricamente definibili come "microsonni". Il livello di sonnolenza diurna è in rapporto con la quantità di sonno precedente. La riduzione del sonno diminuisce sistematicamente la latenza di sonno e se la riduzione si ripete per più giorni gli effetti tendono ad accumularsi (così come, del resto, l’aumento del sonno tende ad accumulare i suoi effetti con un progressivo aumento della vigilanza diurna).
Molto ancora ci sarebbe da dire sull’affascinante e tuttora misterioso mondo del sonno e della veglia, ma questo ci porterebbe fuori tema: per introdurre il nostro argomento ci sembra sufficiente questa overview, anche se rapida ed incompleta.
I DISTURBI DEL SONNO
I disturbi del sonno sono diventati un importante problema della nostra epoca, un oneroso pedaggio che il nostro corpo e la nostra mente devono pagare al progresso, alle radicali trasformazioni che le tecnologie moderne hanno prodotto nei nostri ritmi biologici. Basti pensare all’illuminazione elettrica, ai sistemi produttivi a ciclo continuo, ai mezzi di trasporto che non trovano più ostacoli nel buio e che (almeno alcuni) possono coprire in poche ore spazi lontani tra loro diversi fusi orari, alla globalizzazione dell’informazione che richiede che persone siano pronte a recepirla 24 ore su 24, eccetera.
La nostra è una società che sottrae il tempo al sonno per impiegarlo in attività diurne e per molti milioni di persone la necessità di sonno del nostro corpo è ormai considerata come una perdita di tempo. Nell’ultimo secolo il nostro tempo di sonno si è ridotto di circa il 20% e negli ultimi 25 anni abbiamo aggiunto circa un mese al nostro tempo medio annuo di lavoro. Il nostro debito di sonno è progressivamente cresciuto con i cambiamenti avvenuti nella nostra società, ma poiché il nostro corpo, la nostra biologia, non sono cambiati, rischiamo di pagare il prezzo di questi cambiamenti. A questa tendenza generale all’aumento della veglia, si devono aggiungere situazioni particolari, peraltro non infrequenti, come la turnazione del lavoro ed il "jet lag", che possono aggravare ulteriormente la situazione.
Molte attività non possono essere interrotte e richiedono perciò la presenza attiva dell’uomo 24 ore su 24; per far fronte a questa necessità si ricorre alla turnazione del lavoro che costringe coloro che fanno il turno di notte a dormire quando il loro orologio biologico indica che è il momento di star svegli (e quindi dormono poco e male) e, viceversa, a stare svegli quando il loro orologio li spingerebbe a dormire (e quindi sono a rischio di colpi di sonno e di incidenti anche gravi: i disastri di Chernobyl e di Three Mile Island si sono verificati durante il turno di notte; molte delle cosiddette "morti del sabato sera" sono attribuibili a colpi di sonno; non eccezionali sono gli incidenti automobilistici dei turnisti che tornano a casa dopo il turno di notte, eccetera). Con l’aumento degli spostamenti aerei sulle grandi distanze, è diventato ormai comune il cosiddetto "jet lag", che colpisce i viaggiatori che si spostano di diversi fusi orari in tempi relativamente brevi e che devono, perciò, sincronizzare il loro orologio biologico con l’orario del luogo in cui si trovano poiché devono stare svegli quando il loro corpo richiederebbe di dormire e dormire quando il loro corpo vorrebbe stare sveglio (o viceversa, a seconda che il volo sia stato da est a ovest o da ovest ad est).
Si calcola che ormai una persona su due vada incontro, nel corso della vita, a problemi di sonnolenza (che in molti casi si cronicizzano) e che circa una su cinque soffra di disturbi del sonno così rilevanti da compromettere non solo la qualità del sonno ma anche la sua salute.
Il fabbisogno ottimale di sonno è individuale, così come lo è la quantità di cibo necessaria per sentirsi sazi, ma se per il cibo la qualità non è determinante, per il sonno è importante non solo quanto, ma anche come si dorme. Il ciclo sonno/veglia è di circa 24 ore, ma per alcuni il giorno incomincia presto al mattino (le "allodole"), per altri finisce tardi la notte (i "gufi"). Generalmente l’orologio biologico è settato per il sonno dalla mezzanotte all’alba (e le ore fra le 2 e le 6 del mattino sono quelle più a rischio per il verificarsi di colpi di sonno o di microsonni), ma coloro che "ascoltano" il proprio corpo sanno che c’è un altro settaggio a metà della giornata, fra le 1 e le 4 del pomeriggio: è la cosiddetta "ora della siesta" durante la quale si ha una maggiore tendenza ad addormentarsi. Nella nostra società è difficile che questa spinta al sonno pomeridiano possa essere assecondata, ma poiché il rimanere svegli comporta una tendenza alla sonnolenza ed una certa riduzione della vigilanza, sarebbe opportuno riservare questo periodo ad attività meno impegnative. Se poi la sonnolenza diviene una necessità impellente e non è possibile soddisfare a pieno il bisogno di sonno, un breve sonnellino ristoratore può essere un’accettabile soluzione; un sonnellino di 15-20 minuti migliora la vigilanza, attiva la memoria e riduce i sintomi di stanchezza: deve essere comunque chiaro che il sonnellino è solo un provvedimento di emergenza che non può sostituire una notte di sonno!
La complessità del fenomeno "sonno" (o, per meglio dire, del ciclo sonno/veglia) è tale che numerosi sono i fattori che possono alterarne e comprometterne il funzionamento. Il DSM-IV ha suddiviso i disturbi del sonno in base all’etiologia presunta, con i disturbi primari da un lato e quelli correlati ad altri disturbi (mentali, condizioni mediche generali o indotti da sostanze) dall’altro. I Disturbi Primari del sonno, per l’insorgenza dei quali si presume siano in causa anomalie endogene dei meccanismi generatori o regolatori del ritmo del sonno, spesso in rapporto a fattori esterni di condizionamento, sono ulteriormente suddivisi in Dissonnie, in cui l’alterazione riguarda la quantità, la qualità o il ritmo del sonno (Insonnia ed Ipersonnia Primaria, Narcolessia, Disturbo del Sonno Correlato alla Respirazione e Disturbo del Ritmo Circadiano del Sonno) ed in Parasonnie, caratterizzate da comportamenti anomali o da eventi fisiopatologici che si verificano durante il sonno, o in specifici stadi di sonno, o nel passaggio dal sonno alla veglia (Disturbo da Incubi, Disturbo da Terrore del Sonno e Disturbo da Sonnambulismo).
Non entreremo qui nello specifico dei singoli disturbi del sonno, che esula dai nostri interessi, ma rivolgeremo la nostra attenzione ai problemi della loro valutazione.