di Antonella Ciaramella

 

Fra i pazienti che si rivolgono al medico, non pochi sono quelli che lamentano sintomi somatici e/o sindromi algiche che non hanno una base organica accertabile o che non trovano una giustificazione nei meccanismi fisiopatologici conosciuti. Quasi sempre le indagini diagnostiche routinarie sono negative (o comunque non tali da giustificare la sintomatologia lamentata) e si passa, perciò, ad indagini più complesse e sofisticate, non escluse neppure quelle più invasive e non eccezionalmente questi pazienti vengono ospedalizzati "per accertamenti e cure"; di solito, parallelamente, vengono sottoposti a trattamenti "ex juvantibus", per lo più inefficaci (e, qualche volta, anche iatrogeni) e, soprattutto in passato, anche ad interventi chirurgici "esplorativi". La patologia lamentata da questi pazienti, oltre ad essere per loro causa di sofferenze ed essere, talora, responsabile, direttamente o indirettamente, di più o meno gravi disabilità, comporta quasi sempre elevati costi sociali e sanitari (assenze dal lavoro, invalidità, indagini ripetute e/o costose, ricoveri, eccetera).

Prendere in considerazione l’ipotesi che, in questi casi, si possa essere in presenza di un "Disturbo Somatoforme", potrebbe portare, non di rado, ad un significativo taglio a questi costi (soggettivi e sociali).

Quando una sintomatologia somatica, che causa un grave disagio o una menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altri settori, non può essere spiegata da una condizione medica generale, dagli effetti diretti dell’uso di una sostanza o da un altro disturbo mentale e non è intenzionale (sotto il controllo, cioè, della volontà, come i Disturbi Fittizi o la Simulazione), si parla oggi di "Disturbo Somatoforme".

La categoria dei Disturbi Somatoformi è entrata nella nosografia psichiatrica nel 1980, con la terza edizione del DSM (DSM-III, 1980), e comprende, nella versione più recente del DSM (DSM-IV, 1994), il Disturbo da Somatizzazione, il Disturbo Somatoforme Indifferenziato, il Disturbo da Conversione, l’Ipocondria, il Disturbo da Dismorfismo Corporeo, il Disturbo Algico ed il Disturbo Somatoforme Non Altrimenti Specificato. L’esistenza di questa categoria è giustificata da un assunto di tipo clinico (la possibilità di escludere dall’etiologia della sintomatologia fisica le patologie di ordine medico o l’effetto di sostanze), piuttosto che da fattori eziopatogenetici comuni.

I pazienti con disturbi somatoformi giungono, di solito tardivamente, all’osservazione dello psichiatra, generalmente quando hanno alle spalle una lunga "carriera" medico-chirurgica, non di rado dopo che sono state escluse patologie di ordine somatico, più spesso per il manifestarsi di altri disturbi psichici, ed in particolare di quelli d’ansia e dell’umore.

Nell’ambito della medicina generale, la prevalenza di questo tipo di disturbi è nettamente più elevata che nella popolazione generale, andando dal 5% per il disturbo da somatizzazione (deGruy et al., 1991) a 3-13% per l’ipocondria (Kellner, 1986) ed all’1-4,5% per il disturbo da conversione (Toone, 1990).

Indipendentemente dalle categorizzazioni nosografiche, dobbiamo comunque dire che la somatizzazione è un fenomeno umano ubiquitario e può essere considerata come una modalità di risposta alle sollecitazioni ed agli stress della vita o, addirittura, come un modo di vivere. Esprimere, quindi, sintomi somatici non è di per sé patologico, almeno che non si raggiungano determinati livelli di intensità, di frequenza, di compromissione funzionale e di eccessivo ricorso all’assistenza sanitaria.

La somatizzazione ha, verosimilmente, una genesi multifattoriale nella quale i diversi fattori, da quelli costituzionali, a quelli socio-evolutivi, da quelli personologici a quelli socioculturali, assumono di volta in volta un peso diverso. Certamente sono molto stretti i rapporti tra somatizzazione e disturbi psichiatrici; sono stati proposti (Simon, 1991) quattro modelli interpretativi di tali correlazioni:

somatizzazione come presentazione "mascherata" di affezioni psichiatriche: i sintomi fisici sono parte integrante della maggior parte dei disturbi psichiatrici; il paziente che somatizza focalizza l’attenzione su questi sintomi fino a scotomizzare quelli psicopatologici che, anzi, egli può attribuire al disagio conseguente ai disturbi fisici. Non è eccezionale che alcune patologie psichiatriche, ed in particolare la depressione e l’ansia, siano sottodiagnosticate in presenza di una marcata somatizzazione;

somatizzazione come stile personale di amplificazione percettiva: alcuni soggetti presentano, come tratto stabile di personalità o come conseguenza di un’alterata elaborazione neuropsicologica delle informazioni, una soglia bassa alla percezione dei sintomi psichici che vengono percepiti, perciò, come intensi, nocivi e disturbanti; questo meccanismo è stato ipotizzato come base per la nevrosi isterica e ne accenneremo con maggior ampiezza quando parleremo di questo disturbo;

somatizzazione come tendenza a cercare assistenza per sintomi comuni: è stato osservato che soggetti con elevato disagio emozionale tendono a richiedere assistenza per sintomi comuni per i quali, soggetti senza tale disagio, non chiedono assistenza;

somatizzazione come risposta agli incentivi del sistema di assistenza sanitaria: il sistema assistenziale tende a privilegiare la patologia somatica e questo indurrebbe i soggetti a privilegiare (inconsciamente) questa via di espressione al fine di ottenere maggiore attenzione (somatizzazione iatrogena).

Al di là di tutto questo, tuttavia, non è eccezionale che la somatizzazione si presenti come (o assuma le caratteristiche di) una patologia a se stante, con degli assetti sindromici sufficientemente caratteristici da consentire l’identificazione di quadri clinici autonomi che, nel loro insieme, vanno a costituire la categoria dei Disturbi Somatoformi.

In assenza di un elemento etiologico unificante, i vari disturbi che fanno parte di questa categoria, si presentano in modo eterogeneo sul piano clinico e, in alcuni casi, fanno riferimento a meccanismi neurofisiologici e psicologici particolari che ne condizionano anche le modalità di valutazione standardizzata. Tuttavia, poiché tutti questi disturbi hanno avuto, nel tempo, denominazioni diverse ed anche nelle ultime tre edizioni del DSM hanno avuto definizioni e collocazioni nosografiche differenti, ci sembra necessario, prima di descrivere gli strumenti per la loro misura, passare in rapida rassegna i principali quadri clinici che fanno parte del disturbo somatoforme, facendo riferimento anche a classificazioni e denominazioni non più in uso (o comunque desuete),

Dai Disturbi Psicosomatici ai Disturbi Somatoformi

Il primo riferimento d’obbligo è ai disturbi psicosomatici che, in passato, hanno avuto un ampio spazio in medicina. Per disturbi psicosomatici si intendono quei disturbi nei quali i fattori di ordine psicologico giocano un ruolo sostanziale nella loro eziologia e nella loro evoluzione. Nelle sindromi psicosomatiche, determinanti di ordine fisiologico e/o psicosociale generano sintomi che, nell’insieme, andranno a costituire il quadro sindromico: la psicodinamica ha ampiamente studiato il ruolo che specifici conflitti psicologici e tratti personologici hanno nell’insorgenza della sindrome psicosomatica. Oggi, questi stretti rapporti etiopatogenetici sono stati ridimensionati al punto che, nel DSM-IV, queste malattie vengono classificate sull’Asse III e vengono definite come disturbi in cui i "fattori psicologici influenzano una condizione medica".

Esistono tuttavia malattie, quali la fibromialgia, la sindrome da fatica cronica, il disturbo della motilità esofagea, la dispepsia non ulcerativa, la sindrome da colon irritabile, la sindrome uretrale, l’aerofagia, il dolore toracico non cardiaco, il dolore pelvico, eccetera, nelle quali risulta difficile operare una separazione tra la malattia psicosomatica ed il disturbo somatoforme. Anche se recenti ricerche hanno messo in luce alcune determinati eziopatogenetiche di tali malattie, manca ancora un riscontro oggettivo delle cause organiche indicate come ipotetico substrato di tali disturbi. Se, come abbiamo detto, i disturbi somatoformi sono affezioni caratterizzate da sintomi fisici non spiegati da una condizione di ordine medico, queste malattie, in passato definite "psicosomatiche", si possono classificare oggi come disturbi somatoformi.

I soggetti con disturbi somatoformi, tuttavia, tendono spesso ad esperire ed a comunicare conflitti psicologici nella forma di sintomi fisici: essi interpretano tali sintomi come l’espressione di una seria malattia fisica e vanno perciò alla ricerca insistente ed ostinata di una diagnosi e di un trattamento, non desistendo neppure di fronte alla reiterata documentazione dell’assenza di riscontri di ordine patologico alla base dei sintomi o delle disabilità riferite ed alle continue rassicurazioni da parte del medico. Si entra, in questo caso, in un campo di più specifica pertinenza psichiatrica, caratterizzato da quella devianza comportamentale, che è stata denominata comportamento abnorme da ammalato, che è nettamente distinta dalle malattie psicosomatiche (che, talora, possono anche essere presenti come comorbidità).

Disturbi da Somatizzazione e Comportamento Abnorme da Malato

Il comportamento abnorme da malato (o Abnormal Illness Behaviour) viene definito come "un’inappropriata o disadattata modalità di percepire, valutare o agire in rapporto al proprio stato di salute, che persiste nonostante che il medico (o un’altra adeguata figura sociale) abbia offerto un’accurata e ragionevolmente lucida spiegazione della natura dell’affezione e le indicazioni da seguire per un appropriato decorso del trattamento, sulla base di un attento esame di tutti i parametri fisiologici e prendendo in considerazione l’età dell’individuo, l’istruzione e il background socioculturale" (Pilowsky, 1993). Questo concetto, introdotto da Mechanic e Volkart (1960), è stato sviluppato successivamente da Pilowsky (1978) nello studio di condizioni come isteria, ipocondria, disturbo da conversione, dolore psicogeno e, più in generale, i disturbi definiti come "funzionali". Il comportamento abnorme da ammalato (o disnosognosia), come chiaramente descritto da Pilowsky, si esprime, dunque, con la preoccupazione o la paura di avere una grave malattia fisica, di cui sono "prova evidente", per il soggetto, i segni e, soprattutto, i sintomi fisici e persiste nonostante le rassicurazioni mediche. Per poterne fare diagnosi è necessario che questo comportamento non si associ ad attacchi di panico.

Per la valutazione di questo comportamento, Pilowsky e Spence (1975) hanno messo a punto, come vedremo più avanti, un questionario di autovalutazione, l’Illness Behaviour Questionnaire.

Nevrosi Isterica e Disturbo da Somatizzazione

Il Disturbo da Somatizzazione è storicamente legato al concetto di isteria, ed in particolare all’origine della sindrome di Briquet (1859) (o nevrosi isterica cronica), nell’eziologia della quale venivano prospettati conflitti psicodinamici (principalmente sessuali) o sociologici (guadagno secondario). Il disturbo da somatizzazione, in effetti, comprende sintomi da conversione, ma non si identifica con questi. Sembra, comunque, che una base neuropsicologica possa accomunare queste condizioni: studi sperimentali (Schagass e Schwartz, 1963; Moldofsky e England, 1975) sembrano confermare l’ipotesi, avanzata da Janet già nel 1907, che all’origine dell’isteria esista un disturbo dell’attenzione e della vigilanza. È stato documentato, infatti, che i soggetti con isteria cronica (ma non quelli con isteria acuta) non presentano il fenomeno dell’abitudine a stimoli ripetitivi e non sono capaci di ignorare stimoli irrilevanti. Lo studio dei potenziali evocati (Eps) ha evidenziato, inoltre, che l’incremento dell’intensità dello stimolo è associato all’incremento d’ampiezza degli Eps in alcuni soggetti ("augmenter") ed alla loro riduzione in altri ("reducer") (Buchsbaum e Silvermann, 1968). Un aumento d’ampiezza degli Eps si riscontra nel corso di varie patologie psichiatriche, dal Disturbo Depressivo ai Disturbi di Panico, ma dopo il trattamento (o comunque al termine dell’episodio), il fenomeno, che evidentemente rappresenta un indice di stato, scompare.

Nei soggetti con dolore psicogeno, isteria e disturbo da somatizzazione, l’incremento d’ampiezza degli Eps è presente tanto nella fase di malattia che in quella di remissione e rappresenterebbe, perciò, un tratto (Gordon et al., 1986).

Questo fenomeno neurofisiologico si manifesta clinicamente con l’amplificazione della percezione delle sensazioni corporee, con la tendenza, cioè, a percepire sensazioni somatiche e viscerali come intense, nocive e disturbanti, ed include tre elementi:

• l’ipervigilanza nei confronti del corpo, che comporta un esame continuo ed un’aumentata attenzione alle sensazioni spiacevoli corporee;

• la tendenza a selezionare e focalizzare l’attenzione a sensazioni lievi e relativamente poco frequenti;

• la tendenza a valutare sensazioni somatiche e viscerali normali come anormali, patologiche o come sintomi di una malattia.

Negli "augmenter", l’amplificazione rappresenta uno stile di vita, un tratto stabile, che può risultare dall’apprendimento attraverso l’esperienze, oppure può essere una caratteristica costituzionale dovuta ad una particolare modalità di elaborazione dell’informazione senso-percettiva da parte del Sistema Nervoso ("Hard Wired"). In altri casi, il fenomeno dell’amplificazione può avere carattere di stato, transitorio, per cui gli stessi individui percepiscono le stesse sensazioni in maniera diversa nelle differenti occasioni. Fattori cognitivi, il contesto (circostanze e/o situazioni), l’attenzione e l’umore influiscono sul processo di amplificazione.

Fra i disturbi somatoformi, l’amplificazione gioca un ruolo rilevante nella patogenesi dell’ipocondria.

Due strumenti, la Somatosensory Amplification Scale (Barskey et al., 1988) ed il Modified Somatic Perception Questionnaire (Main, 1983), di cui diremo più avanti, sono stati proposti per valutare questo fenomeno.

Disturbi Dissociativi e Disturbi Somatoformi

I pazienti con disturbo dissociativo manifestano spesso sintomi somatici (Ross et al., 1989; Saxe et al., 1994) ed il disturbo da somatizzazione è frequentemente in comorbidità con il disturbo dissociativo. I sintomi somatici possono quindi riflettere un fenomeno dissociativo somatoforme (Kihlstrom, 1992, 1994). Secondo la teoria della dissociazione, formulata da Janet (1889/1973, 1901/1977), si instaurerebbero, parallelamente alla retrazione dal campo della coscienza, reazioni con componenti somatoformi o psicologiche che, immagazzinate nella memoria, si identificherebbero con strutture non integrate nell’insieme della personalità. Tali fenomeni dissociativi, psicologici e somatoformi, erano considerati come "stigmata mentali" dell’isteria. Secondo Janet, questi fenomeni, permanenti, comportano la riduzione della percezione e del controllo di funzioni, che riflettono sintomi dissociativi negativi che comprendono:

a) anestesia (riduzione della percezione sensoriale, visiva, uditiva, gustativa ed olfattiva);

b) amnesia (incapacità di recuperare le informazioni apprese);

c) riduzione del controllo sulle risposte motorie;

d) abulia;

e) restrizione, in relazione allo stato, dell’espressione dei diversi stati emozionali.

Ad interrompere tali fenomeni, si manifestano, periodicamente ed in maniera transitoria, altri fenomeni definiti da Janet "accidenti mentali", attualmente inquadrati come sintomi dissociativi positivi.

L’idea fissa, il sonnambulismo e la psicosi isterica rappresentano la componente dissociata della personalità che controlla completamente la consapevolezza, la percezione ed il comportamento. L’idea fissa comporta spesso reazioni somatoformi come, ad esempio, un dolore estremamente localizzato. Il questionario per la dissociazione somatoforme (Somatoform Dissociation Questionnaire – SDQ-20) è in grado di misurare tali fenomeni.

Disturbo Algico

Poche sono le categorie diagnostiche che hanno subito così numerose ed eterogenee definizioni come il disturbo algico e, nonostante questo, il concetto di dolore quale disturbo psichiatrico comporta ancora diverse difficoltà diagnostiche. La definizione di disturbo algico che appare nel DSM-IV, e che si avvicina al concetto già espresso nella versione del DSM-III di dolore psicogeno, attribuisce un ruolo di primo piano, nella genesi e nel mantenimento del dolore, alla componente psicogena, per i vantaggi primari e secondari ad esso associati. Nel DSM-III-R, invece, il dolore somatoforme veniva identificato con il dolore cronico privo di reperti fisici tali da giustificare l’intensità del dolore riferito o, in presenza di un certo grado di organicità, la sintomatologia lamentata ed il disadattamento sociale erano del tutto sproporzionati rispetto alla diagnosi medica. Nell’accezione del DSM- IV, il disturbo algico non si identifica con il dolore cronico ed anzi, nella popolazione con dolore cronico, la diagnosi di disturbo algico è possibile solo in assenza di disturbi dell’Umore, d’Ansia o Psicotici o in assenza di dispareunia.

Disturbo dell’Umore e Disturbi Somatoformi

L’associazione tra depressione e sintomi somatici era stata descritta da Galeno già nel II secolo d.C. con il nome di "Melancholia hypochondriaca", una malattia che, partendo dagli organi addominali, sede più frequente dei sintomi lamentati dai pazienti, avrebbe colpito secondariamente il cervello. Nel XVIII secolo melancolia e ipocondria erano addirittura termini interscambiabili (Lipowski, 1990).

Oggi i due tipi di disturbi sono chiaramente distinti sul piano clinico, anche se è sotto gli occhi di tutti la frequenza con cui i soggetti con disturbo depressivo manifestano il disturbo emozionale con sintomi fisici. Il 55-87% dei soggetti con sindrome di Briquet rispondono ai criteri di Feighner per depressione maggiore lifetime (Liskow et al., 1986). La percentuale di pazienti con diagnosi di episodio depressivo maggiore che riferiscono una sintomatologia somatica, varia dal 63 al 94% nelle diverse casistiche, con una maggiore frequenza nel sesso femminile (Frank et al., 1988). Frequente è anche l’associazione tra depressione maggiore e sintomi ipocondriaci che, generalmente, si risolvono o si riducono più o meno parzialmente alla risoluzione dell’episodio depressivo (Kramer-Ginsberg et al., 1989); questo tipo di comorbidità è più frequente nei soggetti anziani e nel sesso maschile (Hamilton, 1989). Nella fase di esordio della depressione, i sintomi somatici sono spesso in primo piano e, non eccezionalmente, vi rimangono per tutto il decorso della malattia in quella che è stata definita "depressione mascherata". Uno studio prospettico condotto su tremila soggetti, con follow-up a 25 anni, ha documentato che, in numerosi casi di depressione endogena che aveva portato al suicidio, la sintomatologia era caratterizzata prevalentemente da sintomi somatici (Hagnell et al., 1978). E non deve essere sottovalutato neppure il fatto che il disturbo da somatizzazione può essere anche una complicanza di un disturbo depressivo maggiore (Orestein, 1989).

In una review della letteratura relativa all’epidemiologia ed al trattamento della depressione in comorbidità con i disturbi somatoformi, è emerso che:

• nei pazienti con disturbi da somatizzazione la prevalenza di depressione è elevata;

• nei pazienti con depressione maggiore i sintomi ipocondriaci e di somatizzazione sono molto frequenti;

• anche in comorbidità con disturbi da somatizzazione la depressione può essere trattata con successo;

• nei pazienti con dolore cronico si osserva un’elevata prevalenza di depressione;

• nei pazienti con depressione maggiore il dolore è lamentato di frequente;

• con il trattamento della depressione il dolore migliora.

Per la valutazione di questi pazienti si dovrà fare ricorso a strumenti che, oltre ad indagare i disturbi somatoformi, esplorino più ampiamente la patologia psichiatrica, come l’Illness Attitude Scales (Kellner et al., 1985) ed il Symptom Questionnaire (Kellner, 1987), l’SCL-90 (Derogatis et al. 1976), oltre che, eventualmente, strumenti diagnostici strutturati secondo i criteri diagnostici del DSM-IV quando si ponga il problema di un più preciso inquadramento diagnostico.

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CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici