All’epoca in cui incominciò a farsi strada l’idea della valutazione standardizzata della patologia psichiatrica, negli anni Sessanta e Settanta, la popolazione psichiatrica era rappresentata prevalentemente da pazienti con gravi disturbi psicotici, per lo più ricoverati, che presentavano compromissioni psicocomportamentali molteplici che una valutazione settoriale difficilmente avrebbe potuto cogliere nella loro intierezza. È per questo che la maggior parte degli strumenti di valutazione messi a punto in quel periodo prende in considerazione la psicopatologia generale, ora globalmente, con strumenti molto semplici, per la somministrazione dei quali è sufficiente una buona esperienza clinica, ora analiticamente, mediante scale molto lunghe e complesse, per il cui impiego è necessario un training specifico. Per la valutazione di alcune scale (in genere quelle più semplici) è sufficiente un normale colloquio psichiatrico o anche la sola osservazione del comportamento, per altre è necessaria un’intervista specifica parzialmente o completamente strutturata. Alcuni di questi strumenti richiedono che il valutatore sia uno psichiatra esperto, altri sono stati messi a punto specificamente per il personale paramedico ed altri ancora prevedono l’autovalutazione da parte del paziente. In questa area possiamo perciò distinguere, in sostanza, due tipi di strumenti, quelli che valutano globalmente il quadro psicopatologico, facendo riferimento ad un criterio di gravità, e quelli che lo valutano analiticamente, esplorando ogni area della psicopatologia e, per ciascuna area, i singoli segni e sintomi. Le scale di tipo globale hanno mantenuto un ruolo importante nella valutazione dei pazienti tanto nella pratica clinica che nella ricerca; una di esse, la Global Assessment of Functioning scale – GAF, rappresenta addirittura, come vedremo, l’asse V della classificazione multiassiale del DSM. Le scale di tipo analitico — o, con termine moderno, multifattoriali — sono più adatte alla rilevazione ed alla misurazione della patologia psichiatrica più grave, di quei quadri caratterizzati da una sintomatologia più ricca e polimorfa, di quelle condizioni in cui l’uso di strumenti più settoriali e specifici rischierebbe di far perdere informazione; si prestano meno alla valutazione di pazienti con disturbi psichici più lievi, nei confronti dei quali hanno, in genere, minore sensibilità e capacità discriminativa, per cui porterebbero ad un appiattimento del quadro clinico.