Grazie alla polisonnografia, gli studiosi sono in grado oggi di monitorare numerosi parametri elettrofisiologici e le loro modificazioni durante il sonno. Basalmente la polisonnografia si avvale della misurazione dell’attività EEG, EOG ed EMG, ma può far ricorso ad altre misure per la valutazione di problemi specifici. Così, ad esempio, nello studio dell’apnea da sonno può essere misurato il flusso d’aria orale o nasale, lo sforzo respiratorio, i movimenti toracici e/o addominali, la saturazione di ossiemoglobina o la concentrazione di CO2 espirata; per lo studio di movimenti abnormi durante il sonno può essere registrata l’attività elettromiografica periferica; per lo studio dell’impotenza sessuale maschile si può ricorrere alla misurazione della tumescenza peniena ed altro ancora. Gli studi polisonnografici vengono generalmente effettuati di notte, durante le normali ore di sonno, ma per la valutazione della sonnolenza diurna si ricorre a studi polisonnografici diurni; il più comunemente usato è il Multiple Sleep Latency Test – MSLT, che viene effettuato cinque volte al giorno collocando il soggetto disteso, in una stanza oscura, e chiedendogli di non opporsi al sonno: la quantità di tempo necessaria per addormentarsi, misurata ogni volta, è assunta come misura della sonnolenza.
Si può utilizzare la tecnica opposta, quella del Repeated Test of Sustained Wakefulness -RTSW, invitando il soggetto, questa volta, a cercare di rimanere sveglio.
Tutte queste tecniche obiettive sono, com’è facile vedere, complesse, lunghe, devono svolgersi generalmente di notte e, comunque, non ci danno informazioni sufficientemente adeguate circa gli aspetti qualitativi del sonno. A questo scopo sono stati messi a punto degli strumenti standardizzati di valutazione che possono utilmente integrare le informazioni raccolte mediante le indagini di laboratorio ora citate. Particolarmente importanti sono questi strumenti nella ricerca psicofarmacologica clinica, allorché le valutazioni dell’efficacia dei farmaci proposti per correggere i disturbi del sonno devono essere fatte su popolazioni numerose, che sarebbe difficile (se non improponibile) studiare con le tecniche polisonnografiche. D’altra parte è stato ampiamente dimostrato che questi strumenti correlano in buona misura con i reperti polisonnografici al punto da poterli sostituire quando sono necessarie valutazioni ripetute nel tempo.
Le scale di valutazione dei disturbi del sonno sono rivolte solo alle cosiddette Dissonnie (con l’eccezione del Disturbo del Ritmo Circadiano del Sonno); esplorando soltanto la sintomatologia e non l’etiologia, sono utilizzabili tanto nelle dissonnie primarie quanto in quelle secondarie ad altre patologie psichiche o generali. In passato erano molto usati dei diari in cui venivano riportati quotidianamente i pattern di sonno: molto utili sul piano descrittivo, sono di scarsa utilità nella ricerca poiché non è possibile valutare la loro validità ed affidabilità e, per la loro estrema soggettività, non sono confrontabili tra soggetti.
Un utile impiego possono trovare queste scale come strumenti di screening per l’identificazione rapida, non invasiva, dei soggetti con disturbi del sonno da sottoporre, eventualmente, ad indagini più complesse ed approfondite. Se le scale più vecchie possono apparire psicometricamente non rigorose, le più recenti sono certamente molto più robuste essendo state validate rispetto ai dati polisonnografici.
Stanford Sleepiness Scale — SSS
La SSS è una delle prime scale per la valutazione dei disturbi del sonno (della sonnolenza, in questo caso) essendo stata messa a punto da Hoddes e collaboratori nel 1972. È una scala di autovalutazione composta da un unico item che indaga sul livello di sonnolenza del soggetto in quel momento; la risposta è articolata su 7 livelli che vanno dalla completa vigilanza alla grave sonnolenza: 1 = Si sente attivo e vitale, vigile, ben sveglio 2 = Funziona ad un livello elevato, ma non al massimo; riesce a concentrarsi 3 = Rilassato, sveglio, non pienamente vigile, responsivo 4 = Un po’ confuso, non al massimo, giù 5 = Confusione, incomincia a perdere interesse nel rimanere sveglio, rallentato 6 = Sonnolenza, preferisce stare sdraiato, combatte con il sonno, ubriaco (dal sonno) 7 = Quasi in stato sognante, il sonno incomincia subito, ha perso la battaglia per rimanere sveglio.
È uno strumento semplice che viene generalmente usato per valutare i cambiamenti della sonnolenza nel breve periodo (Hoddes et al., 1973). Date le sue caratteristiche, mancano dei valori normativi ed è anche difficile valutarne l’affidabilità e la validità; fra l’altro anche la correlazione fra la SSS e la MSLT non è particolarmente elevata, forse perché i parametri di valutazione soggettivi della sonnolenza sono diversi da quelli obbiettivi. Il suo impiego è probabilmente più utile in ambito sperimentale che clinico.
Leeds Sleep Evaluation Questionnaire — SEQ
Il SEQ è uno strumento messo a punto nel 1980 da Parrott e Hindmarch specificamente per la valutazione degli effetti sul sonno degli psicofarmaci in generale e di quelli ipnoticosedativi in particolare. È uno strumento di autovalutazione che utilizza la tecnica analogico visuale: ad ogni domanda corrisponde un segmento orizzontale di 100 mm ai cui estremi sono collocate le due condizioni estreme relative all’aspetto indagato (ad esempio, vigile/non vigile), ed il soggetto deve esprimere la sua condizione attuale rispetto a questi due estremi facendo una lineetta verticale nella posizione che a suo avviso meglio corrisponde alla sua realtà. Se il soggetto non ha notato alcuna modificazione, la lineetta sarà posta a metà del segmento e si scosterà in una direzione o nell’altra tanto più quanto maggiore è la modificazione avvertita. Il SEQ esplora 10 aspetti del sonno:
- addormentamento (getting to sleep – GTS): "Come giudica l’addormentarsi dopo aver preso il farmaco rispetto all’addormentarsi normale, cioè senza farmaco? 1. Più difficile del solito/più facile del solito 2. Più lento del solito/più rapido del solito 3. Sente meno sonnolenza del solito/sente maggiore sonnolenza del solito
- qualità del sonno (quality of sleep – QOS): "Come giudica la qualità del sonno usando il farmaco rispetto al sonno senza farmaco (o usando quello suo abituale)? 4. Più agitato del solito/ più tranquillo del solito 5. Periodi di insonnia più numerosi del solito/periodi di insonnia meno numerosi del solito
- risveglio dal sonno (awakening from sleep – AFS): "Come è stato il suo risveglio dopo il farmaco rispetto al suo tipo di risveglio abituale? 6. Più difficile del solito/più facile del solito 7. Ha richiesto più tempo del solito/ha richiesto meno tempo del solito
- comportamento dopo il risveglio (behaviour following wakefulness – BFW):"Come si è sentito al risveglio?" 8. Stanco/sveglio "Come si sente adesso?" 9. Stanco/sveglio "Com’era il suo senso dell’equilibrio e la coordinazione quando si è alzato?" 10. Più instabile del solito/meno instabile del solito.
Lo strumento si è dimostrato capace di fornire, con un ragionevole grado di affidabilità e validità, importanti informazioni sui cambiamenti soggettivi del sonno e del risveglio in rapporto all’assunzione o meno di farmaci. Pochi sono i dati psicometrici disponibili, dai quali, tuttavia, si ricava che la SEQ mostra una discreta correlazione tra il miglioramento soggettivo registrato dalla scala ed alcune misure obbiettive del sonno rilevabili all’EEG.
L’autovalutazione del sonno si è dimostrata utile per la valutazione non solo dell’efficacia di farmaci sedativo-ipnotici ma anche dell’eventuale effetto sul sonno di psicofarmaci che non hanno uno specifico effetto ipnotico.
Sleep Disorders Questionnaire — SDQ
L’SDQ (Douglass et al., 1986) è uno strumento di autovalutazione per la diagnosi di alcuni disturbi del sonno e per valutare la loro entità negli ultimi sei mesi. Può essere utilizzato come strumento di screening rapido per individuare problemi primari o secondari del sonno. È composto da 176 item dei quali, 143 indagano la frequenza e la gravità dei disturbi del sonno e l’insonnia negli ultimi sei mesi, 4 riguardano solo le donne indagando il sonno durante la gravidanza e la menopausa, 5 riguardano gli uomini e si riferiscono alla disfunzione erettile, 23 esplorano soltanto le caratteristiche demografiche del soggetto e l’ultimo item, "massa corporea", è valutato dall’investigatore. Gli item sono valutati su una scala a 5
punti, da 1 = mai (in completo disaccordo) a 5 = sempre (completamente d’accordo). Gli item si articolano in 7 subscale, le prime quattro sono quelle originali, primarie, Narcolessia, Apnea da sonno, Disturbo da movimenti periodici degli arti e Disturbi psichiatrici del sonno (che comprendono i disturbi ansiosi e disforici primari che interferiscono con il sonno), le ultime tre sono state inserite in un secondo tempo e sono la Sindrome da fatica cronica, il DPTS e la risposta globale di validità. L’Autore ritiene che l’SDQ, per essere considerato valido, dovrebbe avere un punteggio totale compreso fra 193 e 527. Le scale primarie distinguono i soggetti con apnea da sonno, narcolessia, movimenti periodici degli arti e disturbi psichiatrici del sonno in accordo sia con il giudizio clinico che con i dati polisonnografici e con l’MSLT, il che non implica, naturalmente, che il questionario possa rimpiazzare la polisonnografia.
Pittsburg Sleep Quality Index — PSQI
Il PSQI (Buysse et al., 1989) è una scala di autovalutazione che è stata messa a punto allo scopo di:
- fornire una misura affidabile, valida e standardizzata della qualità del sonno;
- discriminare fra "buoni" e "cattivi" dormitori;
- fornire un elenco di facile impiego per i soggetti e di facile interpretazione per il clinico ed il ricercatore;
- fornire una valutazione rapida, clinicamente utile, dei diversi tipi di sonno che possono compromettere la qualità del sonno.
Gli item che fanno parte del PSQI sono stati ricavati dall’esperienza clinica con pazienti affetti da disturbi del sonno, da una rassegna della letteratura su precedenti questionari per lo studio del sonno e dall’impiego clinico sul campo dello strumento per 18 mesi. L’indagine prende in considerazione l’ultimo mese e si colloca perciò fra quelli che prendono in considerazione la notte precedente (che ci danno ottime informazioni sulla presenza e sulle caratteristiche di specifici problemi) e quelli che prendono in considerazione tempi più lunghi (un anno o più) che possono dare un quadro generale dei problemi del sonno ma non sono adatti ad evidenziare i problemi attuali. Prendendo in considerazione il mese, si possono distinguere i problemi transitori da quelli persistenti. La scala è composta da 19 item valutati dal soggetto stesso e 5 ai quali deve rispondere il compagno di letto o di stanza (e che non entrano comunque nel punteggio totale, ma servono solo come informazione clinica).
I 19 item sono raggruppati in 7 item compositi, valutati su una scala da 0 a 3, che sommati danno il punteggio globale del PSQI, che può andare da 0 a 21, indicando i punteggi più elevati una maggiore compromissione del sonno (un punteggio superiore a 5 è considerato indicativo di presenza di disturbi del sonno). Questi 7 item compositi rappresentano la qualità soggettiva del sonno, la latenza di sonno, la durata del sonno, l’efficacia abituale del sonno, i disturbi del sonno, l’uso di farmaci ipnotici ed i disturbi durante il giorno.
Il PQSI ha delle buone caratteristiche psicometriche tanto che si può dire che gli Autori hanno messo effettivamente a punto una misura affidabile, valida e standardizzata della qualità del sonno. È in grado, in fase di screening, di identificare i buoni dai cattivi dormitori, e di individuare gli specifici disturbi del sonno dei soggetti; tuttavia non ci si può affidare soltanto a questo strumento per una diagnosi accurata dei disturbi del sonno.
Epworth Sleepiness Scale — ESS
La ESS (Johns, 1991) è stata messa a punto allo scopo di misurare il livello generale di sonnolenza diurna, come strumento rapido ed economico di screening per identificare coloro che hanno problemi diurni di sonnolenza da approfondire, eventualmente, con il MSLT.
È una scala di autovalutazione di 8 item che prendono in considerazione varie situazioni della vita quotidiana che sappiamo avere un diverso effetto soporifero, per ognuna delle quali il soggetto deve stabilire in che misura tendano a farlo appisolare o addormentare.
Ogni item è valutato su di una scala a 4 punti, da 0 = non mi appisolerei mai, a 3 = alta probabilità di appisolarsi. Le proprietà psicometriche dello strumento sono risultate assai buone, compresa una discreta sensibilità al cambiamento per effetto del trattamento.
Sleep/Wake Activity Inventory — SWAI
Lo SWAI (Rosenthal et al., 1993) è stato concepito come una breve scala multidimensionale di autovalutazione per la misurazione della sonnolenza diurna e dei disturbi soggettivi del sonno. La scala, nella sua versione originale, è composta da 59 item, ma da questa sono stati derivati i 12 item che comprendono le subscale Excessive Daytime Sleepiness – EDS (9 item), che fornisce tutte le informazioni utili circa la sonnolenza, e Nocturnal Sleep – NS (3 item), che prende in considerazione quasi esclusivamente l’addormentamento trascurando gli altri parametri qualitativi e quantitativi del sonno notturno. Gli altri item, che non vengono presi in considerazione in questa sede, prendono in considerazione la sofferenza psichica, la desiderabilità sociale, il livello di energia, la capacità di rilassarsi. Gli item sono valutati su una scala a 9 punti (da 1 = sempre a 9 = mai); per la maggior parte degli item i punteggi più bassi indicano una maggiore compromissione, per altri sono invece i punteggi più elevati ad indicare la maggiore compromissione. La SWAI si è dimostrata valida, affidabile e sensibile al cambiamento.