Negli ultimi 25 anni sono state sviluppate non meno di 15 interviste diagnostiche strutturate, la maggior parte delle quali non è più in uso perché specifiche per criteri diagnostici ormai superati. Quelle che si possono considerare in uso sono 5 (Tab. 7.I): la Present Status Examination – PSE di Wing e collaboratori (1974), di cui sono state fatte nel tempo 9 edizioni, la Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia – SADS di Endicott e Spitzer (1978), la Diagnostic Interview Schedule – DIS di Robins e collaboratori (1981), la Composite International Diagnostic Interview – CIDI di Robins e collaboratori (1988) e la Structured Clinical Interview for DSM – SCID di Spitzer e collaboratori (1987) di cui è uscita recentemente la versione per il DSM-IV. A queste si può aggiungere la Mini-International Neuropsychiatric Interview – M.I.N.I. messa a punto da Sheehan e collaboratori (1994) e che si caratterizza per la sua semplicità e facilità d’impiego. Queste interviste, com’è facile intuire, sono generalmente assai lunghe e complesse, essendo composte, oltre che dalle schede di valutazione, da manuali e/o glossari che sono parte integrante dell’intervista stessa. In molti casi si tratta di centinaia di pagine e questo rende impossibile presentarle integralmente in questa sede, per ovvie ragioni di spazio. Un ulteriore ostacolo, per alcune, è che sono protette da Copyright e/o commercializzate. Ci limiteremo perciò a presentare integralmente soltanto la M.I.N.I., sia perché di dimensioni ragionevolmente limitate, sia perché, essendo di facile e rapida applicazione, è destinata, a nostro avviso, ad avere un'ampia e diffusa utilizzazione. Prima di passare alla descrizione delle singole interviste diagnostiche strutturate, vogliamo ricordare che esse sono strumenti di ricerca e richiedono che chi le usa abbia effettuato un training specifico, oltre ad avere, almeno per alcune, un solido background psichiatrico. L’impiego di questi strumenti non può essere generalizzato, ma vi sono condizioni in cui il loro uso è necessario o, quanto meno, consigliabile. Negli studi multicentrici effettuati da gruppi di ricerca indipendenti, ad esempio, sono certamente gli strumenti diagnostici più appropriati; altrettanto indispensabili sono negli studi a lungo termine, nei quali l’inclusione dei pazienti si protrae per anni, poiché consentono di evitare il rischio che, evolvendo nel tempo i criteri, il campione selezionato non sia più, alla fine, omogeneo rispetto a quello selezionato all’inizio. In studi a breve termine, con un numero limitato di valutatori, in una popolazione limitata l’impiego di questi strumenti è meno stringente anche se, nell’ottica della riproducibilità, sarebbe consigliato. Oggi, comunque, le riviste psichiatriche più importanti richiedono che la selezione dei campioni sperimentali sia effettuata mediante gli strumenti diagnostici standardizzati e che siano chiaramente specificati i criteri e la metodologia adottati.