Una scala di valutazione diagnostica semistrutturata molto interessante è il Mini-International Neuropsychiatric Interview – M.I.N.I., messa a punto congiuntamente dai gruppi di Sheehan (USA) e di Lecrubier (Francia) (Sheehan et al., 1994) e oggi tradotta in numerose lingue (oltre 35).
Gli Autori, nella progettazione del M.I.N.I., si erano posti come obiettivo di creare un’intervista diagnostica che fosse:
• breve, semplice, chiara e facile da somministrare;
• altamente sensibile, in grado, cioè, di identificare la massima percentuale possibile di soggetti con un determinato disturbo;
• specifica, capace di escludere, cioè, i soggetti senza disturbi;
• compatibile con i principali sistemi internazionali di classificazione diagnostica, l’ICD-10 ed il DSM-III-R (inizialmente) ed il DSM-IV successivamente;
• in grado di cogliere le più importanti varianti subsindromiche;
• utilizzabile tanto nella pratica clinica routinaria (sia psichiatrica che di medicina generale) che in ambito di ricerca.
Per evitare un eccesso di "falsi negativi", gli Autori progettarono il M.I.N.I. in modo che fosse lievemente iperinclusivo, ritenendo più opportuno avere qualche "falso positivo" piuttosto che perdere dei casi di malattia. Come nella maggior parte delle precedenti interviste diagnostiche, anche nel M.I.N.I.ogni disturbo indagato corrisponde ad un "modulo" autonomo; la maggior parte dei moduli prevede una o due domande preliminari di screening, che noi chiameremo "domande d’ingresso", la cui negatività consente di omettere il completo excursus della sintomatologia relativa a quel disturbo e di passare direttamente al modulo successivo. Quando il paziente risponde positivamente alla/e domanda/e di screening, si passa, invece, alla rilevazione dei sintomi, che dovrebbe essere completata da domande sulla disabilità associata a quei sintomi, sull’eventuale concomitanza con patologie somatiche e/o uso di sostanze, su eventuali lutti recenti. Per uno strumento programmaticamente breve e di facile e rapida somministrazione, un approfondimento di questo genere rischiava di essere eccessivamente penalizzante, per cui gli Autori hanno fatto riferimento al "metodo del 20-80%" di Pareto secondo il quale, se un fenomeno è costituito da n fattori, il 20% di questi rappresentano l’80% dell’intero fenomeno. Partendo da questo presupposto, peraltro verificato sperimentalmente (Burr, 1990), gli Autori hanno scelto di focalizzare l’attenzione sui sintomi attuali (con l’eccezione del disturbo bipolare per il quale è rilevante sapere se un soggetto con un episodio depressivo in corso ha nell’anamnesi un episodio maniacale o ipomaniacale), eliminando le domande relative alla disabilità, alla patologia somatica ed all’uso di sostanze. In questo modo viene lasciato allo specialista il compito di focalizzare l’attenzione sulla diagnosi differenziale o su altri disturbi, mentre viene consentito l’uso dello strumento anche al medico di base, grazie anche al tempo limitato di applicazione. La scelta dei disturbi da includere nel M.I.N.I. fu fatta, in parte in base a quanto incluso nelle interviste diagnostiche preesistenti, in parte in base al rilievo epidemiologico dei vari disturbi psichiatrici nella comunità, dando la priorità a quei disturbi che avessero una prevalenza annuale almeno pari allo 0,5%. Nella versione originale i moduli erano 19, che comprendevano 17 disturbi di asse I, un disturbo di asse II, il Disturbo Antisociale di Personalità (incluso per la sua stabilità nel tempo, per la consistenza dimostrata nei vari disturbi di personalità e per il suo impatto sulla clinica e sulla prognosi) ed un modulo relativo al rischio suicidario. Nell’ultima versione (5.0.0, Agosto 1998) i disturbi di asse I si sono ridotti, in base all’esperienza acquisita nel frattempo, a 14, mentre sono rimasti sia il Disturbo Antisociale di Personalità che il rischio suicidario. In corso d’opera, grazie al ricco feedback di suggerimenti e di ampliamenti, il M.I.N.I. subì notevoli miglioramenti strutturali, ma rischiò anche di perdere la sua identità originale di strumento breve, semplice e di facile utilizzazione, per diventare un’intervista strutturata vasta e dettagliata. Gli Autori scelsero di mantenere il M.I.N.I. nella sua struttura originaria e di creare un altro strumento, il M.I.N.I. Plus. Poiché non è esclusa la comorbidità, l’intervista deve essere fatta per intiero seguendo l’ordine delle domande previsto dallo strumento, a meno che non vi siano criteri preclusivi come, ad esempio, la Distimia in presenza di un Episodio Depressivo Maggiore attuale o il Disturbo d’Ansia Generalizzata in presenza di un qualsiasi altro disturbo d’ansia. Nel M.I.N.I. non sono sistematicamente esplorati per tutti i sintomi i criteri di gravità e di disabilità, ma dove necessario vengono utilizzati dei criteri soglia. Per esempio, la gravità dell’episodio (ipo)maniacale è indagata chiedendo: "Questi sintomi sono stati presenti per almeno una settimana e le hanno causato problemi in casa, sul lavoro, a scuola, oppure hanno richiesto il suo ricovero?"; nel caso del sintomo "perdita/aumento di peso" del Disturbo Depressivo Maggiore, viene indicata una soglia di 5% come discrimine fra la positività e la negatività del sintomo, eccetera. Per ogni diagnosi è chiaramente specificato il periodo da prendere in considerazione per la valutazione. Per ammissione degli Autori stessi, il M.I.N.I. ha dei limiti (peraltro superati in larga misura dal M.I.N.I. Plus), limiti che sono conseguenti alla sua brevità: così, per esempio, per la maggior parte dei disturbi maggiori non è possibile una diagnosi lifetime, mentre il modulo dei sintomi psicotici si limita all’identificazione dei sintomi lifetime e non vengono identificati i sottotipi diagnostici; in effetti, il M.I.N.I. è stato ideato per fornire un insieme di informazioni diagnostiche finalizzate alla clinica e non è indicata per studi di genetica o di epidemiologia psichiatrica.
Nel tentativo di superare questi limiti, il gruppo francese ha messo a punto una versione "lifetime" del M.I.N.I. (da noi tradotta in italiano) che, per ognuna delle diagnosi esplorate, chiede di specificare se si valuta l’episodio attuale o, in mancanza di sintomatologia in atto, l’eventuale episodio più grave in anamnesi; quando si arriva, poi, alla formulazione di una diagnosi, viene richiesta l’età in cui il disturbo si è manifestato per la prima e per l’ultima volta e, se è indicato, il numero degli episodi verificatisi nel corso della vita del soggetto. Il M.I.N.I. Plus consente, rispetto al M.I.N.I., la diagnosi di 24 disturbi di asse I, e mantiene tanto il Disturbo Antisociale di Personalità (asse II) che il modulo relativo al rischio suicidario; laddove necessario, consente diagnosi attuali e "lifetime" e richiede, oltre alla rilevazione dei sintomi, di indagare sulla disabilità associata al disturbo, di evidenziare l’eventuale concomitanza tra i sintomi ed un’eventuale patologia fisica, l’uso di sostanze psicotrope o la presenza di un lutto recente, di stabilire l’età in cui si sono manifestati per la prima volta i sintomi di quel disturbo, di indicare quante volte, nella vita, tali sintomi si sono presentati e di precisare, quando indicato, l’eventuale classificazione in sottotipi per la sua applicazione. Il M.I.N.I. Plus è completato da algoritmi diagnostici per i disturbi psicotici e da regole gerarchiche da utilizzare in caso di comorbidità. Per quanto più complesso del M.I.N.I., il M.I.N.I. Plus è comunque molto meno complesso delle altre interviste diagnostiche e la sua applicazione richiede soltanto dai 30 ai 40 minuti. C’è da dire che la modularità dei due strumenti, offre la possibilità di integrare l’uno con moduli dell’altro per ottenere strumenti mirati alle specifiche esigenze del clinico e del ricercatore; così, per esempio, se uno è specificamente interessato allo studio dei disturbi dell’umore, può utilizzare i moduli del M.I.N.I. Plus relativi a quell’area ed i restanti moduli del M.I.N.I. per evidenziare semplicemente l’eventuale comorbidità. La "famiglia" del M.I.N.I. si completa con il M.I.N.I. Screen, uno strumento di screening destinato al medico generale che, con 24 item dicotomi, esplora i principali sintomi psichiatrici, ed il M.I.N.I. Kid, uno strumento più breve e di più facile impiego rispetto a quelli già in uso per i bambini e gli adolescenti, ma che mantiene l’accuratezza essenziale di tutte le interviste della famiglia del M.I.N.I. Nella formulazione delle domande del M.I.N.I. Kid è stata posta molta cura in modo da renderle facilmente comprensibili in questa popolazione. Particolare cura è stata posta al problema della traduzione di questi strumenti, al punto che è stato organizzato un progetto collaborativo internazionale per giungere ad una versione standard in oltre 35 lingue diverse, e per assicurare la coerenza delle varie versioni rispetto alla versione originale. I traduttori si sono incontrati all’inizio del 1998 a Praga, dove hanno messo a confronto le proprie esperienze ed hanno pianificato gli sviluppi futuri del sistema.
Un cenno a parte merita la Psychiatric Epidemiology Research Interview – PERI di Dorhenwend e Shrout (1981), un’intervista strutturata estremamente complessa e sofisticata che comprende la valutazione dimensionale della psicopatologia mediante scale sintomatologiche, la valutazione dell’adattamento sociale e degli eventi psicosociali stressanti. L’impiego della PERI, che richiede molto tempo e deve essere fatto da personale esperto, non porta ad una classificazione diagnostica secondo i principali sistemi classificatori in uso, ma ad una diagnosi dimensionale. Per concludere, corre l’obbligo di illustrare il Primary Care Evaluation of Mental Disorders – PRIME-MD, un progetto sviluppato da Spitzer e collaboratori (Spitzer et al., 1994) nell’ambito di una collaborazione con la Pfizer Inc. Partendo dal presupposto che i disturbi mentali, che hanno un elevato costo sociale, sono spesso non diagnosticati dal medico generale e quindi non trattati, gli Autori hanno cercato di mettere a punto uno strumento che potesse aiutare il medico generale a fare le più comuni diagnosi psichiatriche secondo i criteri del DSM-IV. Il PRIME-MD è nato come un sistema "a due stadi" costituiti, il primo, da una scala di autovalutazione (il Patient Questionnaire – PQ) ed il secondo da un’intervista strutturata (la Clinical Evaluation Guide – CEG). Il PQ è un questionario di autovalutazione composto da 25 item dicotomi, Sì/No, che esplorano segni e sintomi che il paziente ha presentato nel corso delle ultime quattro settimane e che fanno riferimento ai sintomi somatici di più frequente osservazione nella pratica del medico generale (15 item), ai disturbi alimentari (1), alla depressione (2), all’ansia (3) ed ai problemi alcol-correlati (4). La CEG è, invece, un’intervista strutturata composta da 5 moduli diagnostici che corrispondono alle 5 aree esplorate dal PQ (disturbi somatoformi e dell’alimentazione, depressione, ansia ed abuso alcolico) e che di fatto coprono i disturbi di riscontro più frequente nella pratica medica. Il paziente effettua l’autovalutazione con il PQ ed il medico esplorerà solo i moduli della CEG corrispondenti alle aree risultate positive all’autovalutazione; perché un’area sia positiva è sufficiente che sia presente almeno un sintomo, con l’eccezione dei disturbi somatoformi per i quali la positività è data dalla presenza di almeno tre sintomi. Il medico potrà esplorare anche altre aree che, pur essendo negative al PQ, gli possono essere suggerite o dall’osservazione diretta durante l’intervista o da informazioni fornite da familiari o da altre persone che conoscono bene il paziente. Le domande dei moduli diagnostici coprono una versione semplificata dei rispettivi criteri diagnostici secondo il DSM-IV. La risposta alle domande è di tipo Sì/No; una volta poste tutte le domande previste dal modulo, il medico è in grado di stabilire se sono stati soddisfatti i criteri necessari per la formulazione di quella diagnosi.
In totale il PRIME-MD copre 16 categorie diagnostiche:
• 8 corrispondono a diagnosi specifiche del DSM-IV: disturbo depressivo maggiore, disturbo depressivo maggiore in remissione parziale, disturbo distimico, disturbo di panico, disturbo d’ansia generalizzata, bulimia nervosa (con o senza condotte di eliminazione) e disturbo somatoforme indifferenziato grave;
• 5 diagnosi sono sottosoglia perché sono caratterizzate da un numero di criteri insufficiente per la specifica diagnosi (disturbo depressivo minore, disturbo d’ansia NAS, probabile abuso o dipendenza alcolica, disturbo da abbuffate e disturbo somatoforme NAS);
• 3 diagnosi sono di esclusione: disturbo bipolare, disturbo depressivo dovuto a condi- zioni mediche generali e disturbo d’ansia dovuto a condizioni mediche generali.
L’impiego del PRIME-MD richiede un breve training specifico (di qualche ora) da parte del medico, ma soprattutto richiede un certo tempo (in media più di 8 minuti) per la sua applicazione, tempo che, nel contesto dell’attività del medico generale, è considerato eccessivo tenendo conto che, mediamente, le visite durano in media circa 15 minuti o anche meno e l’introduzione di versioni computerizzate del PRIME-MD non hanno migliorato significativamente la situazione.
Gli Autori, allora, hanno messo a punto una versione di autovalutazione, il Patient Health Questionnaire – PHQ, che ha mostrato una validità paragonabile a quella del CEG. Il PHQ ingloba tanto il PQ che il CEG, può essere compilato dal paziente stesso (ma, se necessario, può essergli letto) ed il medico si limita a verificare le risposte e ad applicare l’algoritmo diagnostico riportato in fondo alle pagine del questionario. Esistono 3 versioni del PHQ:
• quella più ampia, di 4 pagine, è il PHQ propriamente detto, e comprende, oltre ai 5 moduli del CEG, una parte aggiuntiva (la quarta pagina) con domande relative a recenti eventi psicosociali stressanti e, per le donne, a mestruazioni, gravidanza e parto. Di questa versione può essere utilizzata soltanto la parte relativa alle diagnosi (prime tre pagine);
• la seconda, abbreviata (2 pagine), prende il nome di Brief Patient Health Questionnaire – BPHQ ed esplora, nella prima pagina, i disturbi dell’umore e di panico, mentre nella seconda sono riportate le informazioni relative agli eventi psicosociali stressanti ed alle mestruazioni, la gravidanza ed il parto;
• la terza, infine, denominata Nine Symptom Checklist – NSC, prende in esame soltanto la depressione.
Le caratteristiche psicometriche tanto del PRIME-MD che del PHQ sono state studiate con molta accuratezza e si sono dimostrate di ottimo livello (Spitzer et al., 1994, 1999)