Il Present Status Examination – PSE (Wing et al., 1974), è probabilmente la prima intervista strutturata, dato che la sua prima stesura risale al 1959, anche se ha raggiunto la sua forma standard nella nona versione (PSE-9) del 1974. Nella sua essenza il PSE è un’indagine trasversale, relativa all’ultimo mese, che colloca i sintomi rilevati in uno schema sindromico che non tiene conto della storia e del decorso del disturbo ed in questa ottica non può essere considerato un’intervista diagnostica ma semplicemente, come del resto dice anche la sua denominazione, un esame psichico (ed in questo senso lo prenderemo nuovamente in considerazione nel prossimo capitolo). In questa sede ne faremo un cenno in quanto parte di un sistema diagnostico-clinico molto più complesso, lo SCAN (Schedules for the Clinical Assessment in Neuropsychiatry – SCAN) che, nella versione attuale (SCAN 2.1), rappresenta il punto di arrivo (probabilmente provvisorio) di un lavoro iniziato negli anni Cinquanta, che ha subito sviluppi e trasformazioni rilevanti anche a seguito di prove sul campo di notevole rilievo, come lo "US-UK Diagnostic Project" (Cooper et al., 1972) e lo "International Pilot Study of Schizophrenia" (WHO, 1973).
Lo SCAN ha come scopo "quello di fornire strumenti completi, accurati e tecnicamente specifici per descrivere e classificare i fenomeni psichiatrici, in modo da poterli confrontare" (WHO, 1996). È nato nel 1980 quando fu deciso di passare al PSE-10 con l’obiettivo di:
• aumentare i 140 item del PSE-9, rifacendosi in qualche modo all’esperienza del PSE-8 che ne conteneva 500;
• migliorare la definizione di alcuni di essi;
• aggiungere nuove sezioni (per i disturbi somatoformi, dissociativi, cognitivi, della condotta alimentare e da uso di alcol e di sostanze);
• fornire una procedura meglio integrata per la valutazione del decorso;
• aggiungere un quarto livello di gravità per poter meglio cogliere, negli studi di popolazione, i sintomi subclinici o comunque di modesta gravità;
• aggiungere item ed algoritmi nuovi per consentire la classificazione diagnostica non solo secondo l’ICD, ma anche secondo il DSM.
Questo cammino, durato 14 anni, ha portato allo SCAN 2.1 il quale consente la diagnosi secondo l’ICD-10 ed il DSM-IV e che si articola, oltre che sul PSE-10, sull’Item Group Checklist – IGC e sulla Clinical History Schedule – CHS. La IGC consente di codificare le informazioni ottenute da cartelle cliniche e/o da informatori diversi dal paziente, mentre la CHS, che raccoglie la storia psichiatrica, può essere completata con informazioni ricavate sia dal paziente, che da informatori o da cartelle cliniche. Gli Item Group (in numero di 40) possono essere analizzati mediante un programma computerizzato, il CATEGO-5, al fine di ottenere una classificazione che, per quanto approssimativa, può apportare un utile complemento alle informazioni ottenute con il PSE-10 (o anche sostituirla in quelle situazioni in cui questo non può essere somministrato per intiero). La CHS consente di ampliare le informazioni relative al decorso clinico mediante l’acquisizione di più ampie informazioni relative alla storia clinica e sociale del paziente.
Il CATEGO-5 indica la probabilità che il soggetto sia o meno un paziente psichiatrico e, se sì, a quale raggruppamento diagnostico può appartenere secondo l’ICD-10 ed il DSM-IV, oltre ad una serie di profili sintomatologici e ad una lista di item codificati come "presenti". Nonostante gli sviluppi e le trasformazioni, il sistema ha mantenuto ben salda la filosofia di partenza, quella, cioè, che l’intervista, anche se sostanzialmente strutturata, deve mantenere le caratteristiche essenziali dell’esame clinico e che l’intervistatore riesca a "scoprire", fra i numerosi fenomeni psicopatologici ampiamente descritti in un "Glossario", quelli presenti nel periodo di tempo indagato e definire, per quelli presenti, la gravità. Anche lo SCAN, come i sistemi diagnostici americani, ha una posizione ateoretica in quanto prevede che i fenomeni vengano rilevati di per sé, indipendentemente da possibili teorie etiopatogenetiche, in modo da ottenere una descrizione clinica completa. Lo SCAN è in grado di generare un ricco "data base" dal quale sono ricavabili combinazioni di sintomi anche non incluse nei sistemi nosografici tradizionali; definendo oltre che la presenza/assenza di sintomi anche una loro valutazione quantitativa, si presta all’utilizzazione di procedimenti diagnostici dimensionali oltre che categoriali. L’approccio dello SCAN alla psicopatologia è di tipo descrittivo classico, con precisa focalizzazione sul singolo paziente, e non è adatto perciò ad approcci di altro tipo, come quello relazionale, anche se può efficacemente integrarli. È, infine, un sistema "costoso" perché è utilizzabile soltanto da psichiatri o psicologi clinici che abbiano fatto un training adeguato di circa una settimana e la sua applicazione richiede mediamente 90 minuti. Lo SCAN 2.1 comprende un Manuale, un Glossario ed un Opuscolo per le codifiche (per un totale di circa 650 pagine), per cui risulta complesso anche il solo fornire degli esempi in questa sede. Per quanti fossero interessati, ricordiamo che è stata pubblicata recentemente (1996) la versione italiana a cura di Tansella e Nardini.