Oltre alle scale di eterovalutazione, di cui abbiamo appena detto, numerose sono anche le scale di autovalutazione della depressione che i diversi Autori hanno proposto con maggiore o minore successo In mezzo a queste si può collocare l’Inventory of Depressive Symptomatology – IDS (Rush et al., 1985), una scala formulata in due versioni, una di auto (IDS-SR) ed una di eterovalutazione (IDS-C). La scala, che comprende tutti i criteri per la depressione maggiore secondo il DSM-III-R ed il DSM-IV, include caratteristiche della depressione atipica e della melancolia e prende in considerazione gli aspetti somatici e cognitivi della depressione, è stata proposta per la valutazione dei segni e sintomi di depressione nei pazienti ricoverati o ambulatoriali. Gli item sono 28, ma esiste anche una versione a 30 item che include un item sulla sensitività interpersonale ed uno sulla mancanza di energia fisica. Gli item hanno lo stesso peso e sono valutati su una scala a 4 punti, dove 0 corrisponde al grado più lieve e 3 a quello più grave; il punteggio totale va perciò da 0 a 78 nella versione a 28 item e da 0 a 84 in quella a 30 item. Gli Autori hanno fornito dei punteggi di riferimento per la gravità per la versione a 28 item: 39 marcata gravità, 30-38 gravità moderato/grave, 22-30 gravità moderata, 14-22 gravità lieve, 13 assenza di depressione. La versione di autovalutazione richiede dai 15 ai 20 minuti per la sua compilazione. L’IDS (nelle 2 versioni) si è mostrata molto efficace sia nella pratica clinica che nella ricerca come strumento per valutare sia la gravità della depressione che i suoi cambiamenti nel corso del trattamento. Rispetto alla HAM-D, è meno dipendente dai sintomi somatici ed il suo punteggio totale, avendo tutti gli item un uguale range di punteggio (0-3), rispecchia meglio la gravità globale. Gli indici psicometrici (validità, affidabilità, consistenza interna) sono risultati molto elevati. Il Beck Depression Inventory – BDI (Beck et al., 1961) e la Self-rating Depression Scale – SDS (Zung, 1965) sono i due strumenti di autovalutazione più noti non solo perché sono stati messi a punto nei primi anni Sessanta, ma anche perché sono stati e sono fra quelli più utilizzati. Il BDI può essere considerato, nell’ambito delle scale di autovalutazione della depressione, quello che l’HAM-D rappresenta in quello delle scale di eterovalutazione, cioè uno standard di riferimento. La scala è stata espressamente costruita per misurare "le manifestazioni comportamentali della depressione"; la sua caratteristica principale è rappresentata dal fatto che i criteri di quantificazione sono ben definiti per ogni item: a ciascun livello di gravità corrisponde, infatti, una specifica definizione tra le quali il paziente deve scegliere quella che meglio descrive la sua condizione. Il BDI, nella sua versione originale, comprendeva 21 item quantificati ciascuno su 4 livelli crescenti di gravità ed il paziente, per fornire la sua autovalutazione, doveva prendere perciò in esame 84 definizioni. Sulla base di successive analisi, Beck (1967) ha isolato i 13 item che più correlavano con il punteggio totale e questa versione abbreviata è quella entrata ormai nell’uso comune. La scala esplora una relativamente ristretta gamma di sintomi con esclusione di quelli relativi all’ansia e pertanto è lo strumento di autovalutazione più specifico per la depressione. Si caratterizza per un’impostazione di tipo dichiaratamente "cognitivista" ed attribuisce un peso rilevante a sintomi quali il pessimismo, la sfiducia, l’autoaccusa, eccetera, a scapito dei sintomi d’ansia e di altri sintomi accessori. La SDS è stata messa a punto per ottenere una rapida autovalutazione quantitativa della depressione nei soggetti diagnosticati come depressi. È composta da 20 item graduati a 4 livelli di gravità ("raramente", "qualche volta", "spesso", "quasi sempre") ed ha, rispetto al BDI, uno spettro più ampio prendendo in considerazione anche sintomi di ansia ed altri sintomi accessori. Anche la SDS ha raggiunto una buona notorietà ed un’ampia diffusione; per la sua semplicità può essere considerata il prototipo delle scale di autovalutazione. Gli studi condotti su questa scala, fatta eccezione per quelli di Zung e dei suoi collaboratori, inducono comunque a ritenere che la SDS possa essere utilmente impiegata nella clinica come completamento di indagini fatte con altri strumenti o come strumento di screening piuttosto che per valutare la gravità della depressione o i suoi cambiamenti nel corso del trattamento. Nel 1971 Snaith e collaboratori, alla ricerca di una scala di autovalutazione per la misura della gravità della depressione che fosse breve, semplice e chiara, scelsero i 10 item della SDS di più frequente riscontro, vi aggiunsero due item relativi all’ansia, modificarono il criterio di assegnazione del punteggio e crearono così il Wakefield Self-Assessment Depression Inventory – Wakefield SAD Inventory. Per quanto la scala avesse dimostrato buone proprietà psicometriche, lo stesso gruppo, al fine di "coprire più ampiamente lo spettro dei sintomi comuni della malattia depressiva e degli stati d’ansia", misero a punto, pochi anni dopo, le Leeds Scales for Self-Assessment of Depression – Leeds Scales (Snaith et al., 1976) aggiungendo 10 item che coprivano l’area dei sintomi somatici, l’autoaccusa, la paura, la tensione ed i pensieri suicidi, e modificando il punteggio degli item ("per niente", "non molto", "qualche volta", "in modo evidente"). Nell’ambito di questo strumento, gli Autori hanno isolato anche 4 sub-scale, ognuna composta da 6 item, due per misurare separatamente la gravità della depressione e dell’ansia, indipendentemente dalla diagnosi (scale generali), e due (scale specifiche) per misurare la gravità della "depressione endogena" e della "nevrosi ansiosa". Le caratteristiche psicometriche delle Leeds Scales risultano globalmente buone, anche se non presentano vantaggi particolari rispetto a scale analoghe. Oggi le Leeds Scales non sono più utilizzate e sono state sostituite dalla Hospital Anxiety and Depression Scale – HADS (Zigmond e Snaith, 1983), una scala molto semplice, composta da 14 item valutati su di una scala a 4 punti (da 0, assenza del sintomo, a 3, massima gravità), che, nella stessa forma, esplora tanto l’ansia generalizzata che la depressione, matenendo divisi i due punteggi. La caratteristica principale della scala è che esclude dalla valutazione la sintomatologia somatica concentrando invece l’attenzione, per la depressione, sulla riduzione delle capacità edoniche, considerate gli indicatori più sensibili di questo disturbo. Gli stessi Autori, ritenendo l’irritabilità un aspetto dei disturbi dell’umore generalmente (e ingiustamente) sottovalutato, hanno proposto anche la Irritability Depression Anxiety Scale – IDAS (Snaith et al., 1978) che raccoglie, separatamente, informazioni su questo aspetto, oltre che sulla depressione e sull’ansia. Carroll, che nel 1973 aveva pubblicato un articolo fortemente critico nei confronti delle scale di autovalutazione della depressione (Carroll et al., 1973), nel 1981 ha proposto la Carroll Rating Scale – CRS (Carroll et al., 1981) che altro non è se non la versione di autovalutazione dei primi 17 item dell’HAM-D. Gli Autori hanno trasformato in item dicotomi (sì/no) i diversi livelli di gravità degli item, per cui gli item con punteggio 0-4 sono rappresentati nella CRS da 4 item e quelli con punteggio 0-2 da 2 item poiché al punteggio 0 (assente) non corrisponde ovviamente alcun item. I 52 item che ne sono risultati sono presentati in ordine sparso sia per quanto riguarda la sequenza degli item dell’HAM-D che per quanto riguarda i livelli di gravità. La CRS ha dimostrato una correlazione significativa con la HAM-D, per cui può essere considerata una buona alternativa a quella scala non tanto in ambito di ricerca quanto, soprattutto, per il monitoraggio dei pazienti o per verificare la concordanza tra la valutazione del clinico e quella del paziente; l’impiego come strumento di screening nella popolazione generale non è stato sufficientemente studiato. Per questo scopo è stata, invece, esplicitamente costruita la Center for Epidemiologic Studies – Depression scale – CES-D, una scala di autovalutazione di 20 item valutati su di una scala a 4 punti (da 0 = raramente o mai, a 3 = per la maggior parte del tempo) (Radloff, 1977). La valutazione di un disturbo nella popolazione generale pone problemi particolari, a partire dalla definizione del punteggio da cui partire per considerare "caso" un soggetto, per giungere alla determinazione di quale insieme di sintomi definisce una sindrome. In questo tipo di ricerche è elevato il rischio sia di falsi positivi che di falsi negativi ed una anche modesta aspecificità rischia di falsare grossolanamente la stima della prevalenza del disturbo nella popolazione. È per questa ragione che le RS finora descritte in questo capitolo, tanto quelle di auto che di eterovalutazione, sono da impiegare specificamente nei soggetti già diagnosticati come depressi e non nella popolazione generale per studi epidemiologici. Al più possono essere impiegati a scopo di screening, ferma restando la necessità di una successiva e più approfondita verifica dei soggetti selezionati. Per le ricerche epidemiologiche si devono impiegare le interviste diagnostiche strutturate, di cui abbiamo detto nel Capitolo 7, che rappresentano gli strumenti più adatti per la valutazione della prevalenza dei disturbi psichiatrici nella popolazione generale. Il Center for Epidemiologic Studies del NIMH ha sviluppato la CES-D specificamente per lo studio della distribuzione della depressione nella popolazione. Furono identificate 6 aree sintomatologiche (umore depresso, sentimenti di colpa/inutilità, perdita di speranza/sentimento di impotenza, rallentamento psicomotorio, perdita dell’appetito e disturbi del sonno) ciascuna esplorata da pochi item ripresi da altre RS. Gli item sono valutati su di una scala a 4 punti (0 – 3) che esprimono la frequenza con cui il sintomo è stato osservato nel corso della settimana precedente: raramente o mai (meno di un giorno), qualche volta o per poco tempo (1-2 giorni), occasionalmente o per un certo periodo di tempo (3-4 giorni), spesso o per tutto il tempo (5-7 giorni). Il punteggio limite, quello che discrimina fra la presenza e l’assenza di depressione, è stato indicato in 16 (su un totale di 60), nel senso che soggetti con punteggio inferiore a 16 non sono da considerarsi depressi (Boyd et al., 1982). La consistenza interna e l’affidabilità al test-retest sono risultate buone (Roberts e Vernon, 1983), la sensibilità è risultata modesta (identifica come depressi i due terzi circa dei pazienti diagnosticati come tali dalla SADS), mentre la specificità è elevata (dall’86 al 94% dei soggetti identificati come depressi lo erano anche alla SADS o agli RDC). Secondo gli Autori di queste ricerche, la CES-D può essere considerata "solo come un grossolano indicatore di depressione nella popolazione generale" (Myers e Weissman, 1980) per cui "sarebbe irrealistico attenderci diagnosi differenziali da questo strumento" che dovrebbe essere usato con cautela anche nelle fasi preliminari di screening per la sua bassa sensibilità (Roberts e Vernon, 1983). In realtà, i sintomi esplorati dalla CES-D non sono specifici della depressione maggiore ma possono far parte di altre sindromi o di una aspecifica demoralizzazione e mancano, inoltre, i criteri fondamentali per la diagnosi di depressione secondo gli RDC. Oltre a questo, non si deve sottovalutare il problema connesso all’incongruità del voler fare diagnosi attraverso la somma dei punteggi di una RS; quando utilizziamo un’intervista diagnostica si prendono in considerazione, per la diagnosi, soltanto quei sintomi che raggiungono uno specifico livello di gravità; quando si utilizza, invece, una RS, il punteggio assunto come diagnostico deriva anche da sintomi presenti a livelli di gravità o di frequenza tali che non sarebbero stati presi in considerazione da un’intervista diagnostica (Zimmerman, 1983). Della Visual Analogue Scale – VAS (Aitken, 1969) abbiamo già accennato a proposito delle scale generali, dato che la struttura della scala si presta ad essere utilizzata in qualsiasi contesto cambiando semplicemente il quesito (Quanto si sente ansioso? Quanto si sente depresso? Quanto gravi sono i suoi disturbi?…), anche se l’Autore l’ha proposta originariamente per la valutazione della depressione. Si tratta, come abbiamo detto, di un segmento di 100 mm ai cui estremi sono indicati, come anchor point, a sinistra "assenza di depressione" e a destra "depressione gravissima"; su questo segmento il paziente è invitato ad indicare la gravità della sua depressione tenendo conto, appunto, degli anchor point. La gravità della depressione è indicata dai millimetri che intercorrono fra la risposta del paziente e l’estremo sinistro della linea. Lo strumento è estremamente semplice, di facile impiego, e si presta perciò ad un impiego ripetuto anche a brevi intervalli di tempo. Usata in diversi studi clinici si è dimostrata, nonostante la sua semplicità, molto utile. Negli ultimi vent’anni si è andato sempre più affermando il concetto dell’anedonia come elemento importante nella discriminazione fra i vari tipi di depressione e questo concetto è entrato fra i criteri diagnostici del DSM-III (e delle successive edizioni). Generalmente si intende per "anedonia" la riduzione o la perdita della capacità di provare piacere nelle situazioni in cui il soggetto, in precedenza, provava piacere. Il piacere (e di conseguenza anche la perdita della capacità di provarlo) è un’esperienza strettamente personale, e per di più di tipo qualitativo, ed è quindi difficile da definire in termini univoci e, soprattutto, da quantificare. Può riguardare, inoltre, aspetti diversi della vita, dalle interazioni sociali alle esperienze sensoriali, dagli interessi culturali a quelli dell’appetitività (cibo, sesso, eccetera), e non necessariamente la compromissione riguarda contemporaneamente e nella stessa misura i diversi settori. Nonostante queste difficoltà, alcuni Autori hanno cercato di mettere a punto strumenti per la valutazione di questo settore della psicopatologia. Ne parleremo più diffusamente nel Cap. 26 dedicato, appunto, all’anedonia limitandoci i questa sede a pochi cenni. A parte un primo tentativo di Chapman e collaboratori (1976), due sono gli strumenti che meritano menzione, la Pleasure Scale – PS e la Snaith-Hamilton Pleasure Scale — SHAPS. La PS è punto una scala di autovalutazione, messa a punto nel 1983 da Fawcett e collaboratori per la valutazione quantitativa dell’anedonia. La scala si compone di 36 item che illustrano, ciascuno, situazioni che generalmente sono considerate gratificanti; al paziente viene chiesto di immaginare l’entità del piacere che egli potrebbe ricavare da ciascuna di esse e di indicarlo su di una scala a 5 punti (al punteggio maggiore corrisponde una maggiore capacità di provar piacere). La scala ha dimostrato una buona consistenza interna ma è risultata non particolarmente correlata con altre scale che misurano la depressione (p.es., il BDI). La maggior parte dei depressi (88%) ha punteggi sostanzialmente simili a quelli dei controlli sani; solo una minoranza dei pazienti mostra una marcata anedonia, corrispondente all’impressione clinica (Fawcett et al., 1983). Anche la SHAPS (Snaith et al., 1995) è una scala di autovalutazione composta da 14 item che esplorano gli interessi (radio-TV, hobby, cura di sé, lettura), il piacere della tavola, le interazioni sociali (familiari, amici, prestarsi per gli altri, ricevere apprezzamenti), le esperienze sensoriali (un bagno caldo o freddo, la vista di paesaggi, una giornata di sole, eccetera); il soggetto deve dire se è d’accordo o in disaccordo (totalmente o abbastanza) con quanto espresso in ciascun item e solo in caso di disaccordo (totale o parziale) viene assegnato un punto a quell’item. Il punteggio totale della scala può andare quindi da 0 a 14 e punteggi di 3 o più indicano una significativa riduzione delle capacità edoniche. La scala necessita comunque di ulteriori validazioni. Con l’introduzione dei criteri diagnostici del DSM-III, le RS fino a quel momento in uso apparivano, a Plutchik e van Praag (1987), inadeguate in quanto basate sull’opinione di poche persone (gli Autori delle RS) piuttosto che su criteri che avevano raccolto il consenso di numerosi studiosi, come nel caso, appunto, del DSM-III. L’applicazione dei criteri diagnostici prevede l’accertamento della presenza di un certo numero di sintomi la cui gravità deve superare una determinata soglia. I due Autori hanno pensato che questo processo potesse essere fatto dal paziente stesso piuttosto che dal clinico ed hanno proposto perciò la Plutchik-van Praag self-report depression scale – PVP che, nei suoi 34 item, contiene tutti i criteri diagnostici del DSM-III per il Disturbo Depressivo Maggiore. Gli Autori, oltre a verificare accuratamente le caratteristiche psicometriche dello strumento, hanno proposto anche una tavola di conversione dei punteggi fra la loro scala e le 4 scale di autovalutazione della depressione più comunemente impiegate (BDI, SDS, CES-D e MMPI-D); questa elevata correlazione fra la PVP, basata esclusivamente sui criteri diagnostici del DSM-III, e scale più vecchie, create ben prima della definizione di specifici criteri diagnostici, indica a giudizio degli Autori, da un lato, la sostanziale stabilità della sintomatologia depressiva nel tempo e, dall’altro, la profonda conoscenza che i creatori di quelle RS avevano della patologia depressiva. Nella stessa linea si colloca l’Inventory to Diagnose Depression – IDD (Zimmerman et al., 1986), una scala che, con i suoi 22 item, copre l’intero range dei sintomi utilizzati dal DSM-III per la diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore e fornisce gli elementi, oltre che per la diagnosi, per definire la gravità della depressione. La scala, inoltre, indaga anche la durata dei sintomi. Ogni item è costituito da una serie di 5 affermazioni tra le quali il paziente è invitato a scegliere quella che meglio esprime come si è sentito nell’ultima settimana; punteggi pari a 0 o 1 indicano l’assenza (0) o la scarsa rilevanza clinica (1) del sintomo, mentre punteggi di 2 o più indicano una sua crescente gravità; quando un sintomo è presente (anche con punteggio pari a 1), il paziente deve specificare se la sua presenza dura da più o meno di 2 settimane. La IDD ha dimostrato un’ottima consistenza interna ed una buona stabilità al test-retest; anche la validità concorrente è molto alta (con il BDI, la CRS e l’HAMA) e notevole è la capacità di discriminare tra livelli di gravità. In ambito francese è stato sviluppato un questionario di autovalutazione che esplora la capacità

anticipatoria, la capacità, cioè, di proiettarsi nel futuro da parte del paziente depresso, l’Anticipatory Cognitions Questionnaire – ACQ (Légeron et al., 1993). Gli Autori sono partiti dalla constatazione che la capacità di anticipare il futuro è generalmente compromessa nel paziente depresso e che tale capacità può essere esplorata mediante la valutazione della cognitività. Da una prima versione di 18 item e attraverso una serie di prove sul campo e di analisi statistiche, è stata ottenuta la versione attuale ad 8 item valutati su di una scala a 4 punti (da 3 = vero a 0 = falso), che ha mostrato buone caratteristiche psicometriche. L’applicabilità nelle ricerche cliniche tese a valutare l’efficacia di un trattamento è ancora da documentare. Interessante è la Brief Screen for Depression – BSD (Hakstian e McLean, 1989), una scala abbastanza semplice per lo screening rapido di pazienti rispetto a non pazienti e di pazienti depressi rispetto ad altri pazienti psichiatrici. Il primo item, che esplora la frequenza con cui il paziente ha manifestato una serie di disturbi depressivi, è valutato su di una scala a 5 punti, mentre gli altri 3 sono valutati su di una scala analogica a 10 punti; per ottenere il punteggio totale si devono sommare i punteggi degli item 2-4 a quello dell’item 1 moltiplicato per 4. La BDS ha mostrato una buona correlazione con il BDI e con la Depression Adjective Checklist ed una buona capacità di discriminare fra depressi e non depressi e fra pazienti e non pazienti. Abbastanza originale è la Generalized Contentment Scale – GCS (Hudson, 1992), una scala di autovalutazione che prende in considerazione gli aspetti affettivi della depressione esaminando gli atteggiamenti del paziente nei confronti di comportamenti ed eventi generalmente associati alla depressione. I suoi 25 item (di cui 12 esplorano aspetti positivi) sono valutati su di una scala a 7 punti (da 1 = mai, a 7 = sempre); attraverso un semplice calcolo i punteggi vengono standardizzati (da 0 a 100). Punteggi inferiori a 30 (5) indicano l’assenza di problemi depressivi significativi; fra 30 e 50 (5) sono presenti elementi depressivi di rilievo clinico; fra 50 e 70 (5) è probabile che il paziente abbia idee autolesive; al di sopra di 70 è elevato il rischio di condotte suicidarie. Buone le caratteristiche psicometriche della scala, con una elevata consistenza interna, una buona correlazione con il BDI di Beck e la SDS di Zung e una buona capacità di discriminare fra depressi e non depressi. Sulla scorta dell’esperienza acquisita con la CPRS, Svanborg e Asberg (1994) hanno isolato 18 item da quella scala (Tab. 10.VI), ne hanno aggiunto uno relativo agli attacchi di panico, hanno riformulato la descrizione degli item e dei livelli di punteggio per adattarla all’autovalutazione (Tab. 10.VII) ed hanno così creato la CPRS Self-rating Scale for Affective Syndromes – CPRS-S-A, una scala, appunto, di autovalutazione. La CPRS-S-A è stata ben accettata dai pazienti ed ha mostrato una forte correlazione con gli stessi item eterosomministrati da valutatori esperti. Pochi, comunque, sono gli studi finora condotti con questo strumento per poterne dare un giudizio sufficientemente articolato.

 

1. Umore 1

2. Sensazioni di disagio 3 (modif.)

3. Irritabilità e rabbia 4

4. Sonno 19

5. Appetito 18

6. Difficoltà di concentrazione 16

7. Indecisione 13

8. Perdita di iniziativa 14

9. Coinvolgimento emotivo 5

10. Pessimismo 6

11. Preoccupazione per la salute 8

12. Apprensività 9

13. Fobie 11

14. Idee ossessive 10

15. Comportamento compulsivo 12

16. Malesseri fisici 23

17. Dolori, tensione muscolare 24-25

18. Attacchi di panico –

19. Interesse per la vita 7

TAB. 10.VI – ITEM DELLA CPRS-S-A E LORO CORRISPONDENTI DELLA CPRS Item CPRS-S-A Item CPRS

Nell’area della valutazione della depressione figurano anche 4 strumenti messi a punto in Italia: una, la Scala di Valutazione per la Depressione, forma di Eterovalutazione – SVDE di Faravelli e collaboratori (1982) di eterovalutazione, e 3 di autovalutazione, la Scala di Sintomatologia Ansioso-Depressiva – SSAD di Gainotti e Cianchetti (1968), il Rome Depression Inventory – RDI di Pancheri e Carilli (1982) e la Scala di Autovalutazione per la Depressione – SAD di Cassano e Castrogiovanni (1982). La Scala di Valutazione per la Depressione, forma di Eterovalutazione – SVD-E si caratterizza sostanzialmente per due motivi, il primo è che la valutazione dei 15 item che la compongono è di tipo analogico con punti di riferimento (la gravità del sintomo viene indicata su di una linea di 10 cm sulla quale sono riportati, ad intervalli regolari, indicatori del livello di gravità), ed il secondo è che gli item sono stati scelti sulla base dell’analisi fattoriale di altre 6 RS di uso comune. I primi 8 item rappresentano il primo fattore ed esprimono i sintomi nucleari della depressione, gli altri 7, i sintomi accessori. La scala si è dimostrata di facile applicabilità, sensibile e dotata di buona specificità.

 

TAB. 10.VII – ESEMPIO DEGLI ITEM DELLA CPRS-S-A

1. Umore Indichi qui com’è il suo umore, se si è sentito triste, melanconico o depresso. Cerchi di ricordare come si è sentito negli ultimi 3 giorni, se il suo umore è stato variabile o sostanzialmente stabile. Cerchi in particolare di ricordare se si è sentito più allegro quando le è capitato qualcosa di piacevole.

0 Sono stato allegro o triste in rapporto alle circostanze.

0.5

1 Mi sono sentito giù per la maggior parte del tempo, anche se in qualche momento misono sentito più sollevato.

1.5

2 Mi sento completamente giù e depresso. Anche le cose che normalmente mirallegrano non mi danno piacere.

2.5

3 Mi sento talmente giù ed infelice che non riesco ad immaginare niente di peggio.

 

La Scala di Sintomatologia Ansioso-Depressiva – SSAD non è una scala di autovalutazione in senso stretto, ma può essere più correttamente definita "di autovalutazione guidata", nel senso che il paziente è assistito dal medico nella compilazione della scala. I suoi 48 item esplorano tanto la sintomatologia ansiosa che quella depressiva. Il Rome Depression Inventory – RDI è un questionario di autovalutazione composto da 25 item che esplorano i principali aspetti che caratterizzano lo stato depressivo mediante, e questa è una sua caratteristica peculiare, le frasi più comunemente usate dai pazienti per verbalizzare i propri disturbi. La valutazione viene effettuata su di una scala a 4 punti, da 1 = No a 4 = Molto. La RDI ha mostrato una buona correlazione con il giudizio di gravità ed un’ottima capacità di distinguere i depressi dai normali. L’alta correlazione dei singoli item con il punteggio totale dimostra la buona specificità degli aspetti sintomatologici esplorati. La Scala di Autovalutazione per la Depressione – SAD, infine, esplora un’area molto ampia e dà largo spazio alla sintomatologia ansiosa ed alla somatizzazione; per queste caratteristiche si è dimostrata assai efficace nell’individuazione della patologia depressiva nella popolazione generale. La valutazione è fatta su di una scala a 4 punti, da 1, assenza del sintomo, a 4, massima gravità. Gli Autori, attraverso analisi statistiche, hanno proposto lo strumento come "termometro" della depressione indicando i punteggi soglia ed i sintomi più caratteristici per la "nevrosi" e per la "depressione" ed isolando, mediante la cluster analysis, 5 assetti sindromici caratteristici con i quali confrontare il singolo paziente.

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sommario

Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici