Le scale di valutazione multifattoriale, fatte salve alcune eccezioni, sono costituite da elenchi abbastanza lunghi di sintomi o di comportamenti di cui si deve valutare la presenza/ assenza o, più spesso, la gravità, per cui la loro applicazione richiede quasi sempre una discreta quantità di tempo che generalmente eccede quella solitamente necessaria per una normale visita psichiatrica. D’altronde la funzione specifica di questi strumenti è quella di esplorare in maniera estensiva e particolareggiata lo stato psichico dei pazienti, senza trascurare alcun aspetto delle funzioni psichiche e del comportamento, in modo da fornire un quadro il più possibile completo del disturbo psichiatrico, tanto nei suoi aspetti nucleari che in quelli accessori, in quella che oggi viene definita "patologia di spettro". Spesso queste scale sono dei veri e propri esami psichici più o meno rigidamente guidati e possono portare ad una valutazione diagnostica automatica grazie all’impiego di specifici programmi computerizzati. È questo il caso, ad esempio, del Present Status Examination – PSE (Wing et al., 1974) e del relativo programma CATEGO, della Current and Past Psychopathology Scale – CAPPS e del relativo programma DIAGNO II (Spitzer e Endicott, 1969), e della Inpatient Multidimensional Psychiatric Scale – IMPS (Lorr et al., 1966) sulla base della quale Cassano e collaboratori (1974) hanno sviluppato il Procedimento Diagnostico Automatico – PDA. La diagnosi automatica non ha incontrato, comunque, un particolare interesse da parte sia dei clinici che dei ricercatori ed è perciò, in pratica, abbandonata, fatta eccezione, come abbiamo visto nel capitolo precedente, per le interviste diagnostiche completamente strutturate, la DIS e la CIDI, impiegate in ricerche epidemiologiche su campioni molto vasti da persone preparate all’applicazione degli strumenti, ma senza la competenza clinica per formulare una diagnosi psichiatrica. Numerose sono le RS di questo tipo (Tab. 8.III): la priorità storica spetta probabilmente alla Wittenborn Psychiatric Rating Scale – WPRS pubblicata per la prima volta nel 1955 ed ampiamente rivista nella versione del 1964. Questa versione, tradotta e commercializzata anche in Italia, comprende 72 item ("quei sintomi descrittivi che gli psichiatri considerano i più importanti per giungere ad una diagnosi descrittiva dei loro pazienti") valutati su di una scala da 0 a 3, con una precisa descrizione dei criteri di assegnazione del punteggio. La scala è prevalentemente descrittiva, diretta al comportamento manifesto attuale, con il minimo possibile di interpretazione. Attraverso l’analisi fattoriale sono stati isolati 12 fattori, più o meno identificabili con altrettante categorie diagnostiche. Abbastanza singolare è la modalità di registrazione del punteggio: nella scheda di valutazione ci sono 12 colonne, corrispondenti ciascuna ad un fattore; per ogni item è indicata la colonna (o le colonne, per quelli che fanno parte di più fattori) in cui registrare il punteggio. Al fondo della pagina c’è uno spazio per riportare i punteggi parziali, e poiché ogni pagina è più lunga di quella precedente esattamente dello spazio nel quale sono riportati i punteggi parziali, risulta agevole, alla fine della valutazione, calcolare il punteggio totale che, con l’ausilio di un’apposita tabella di conversione, sarà poi convertito in punteggio standard (da 1 a 10). Dopo una fase iniziale di largo impiego, la WPRS è stata progressivamente abbandonata, vuoi per l’assenza di item relativi ad alcuni aspetti non secondari della psicopatologia, vuoi per la laboriosità della sua compilazione, vuoi, infine, per la comparsa di strumenti più efficaci e di più semplice applicazione. Un’altra scala storicamente importante, ma che ha avuto maggiore fortuna, è la Inpatient Multidimensional Psychiatric Scale – IMPS di Lorr e Collaboratori (1966), che ha affonda le radici nella Multidimensional Scale for Rating Psychiatric Patients – MSRPP creata dallo stesso Lorr nel 1953. Una serie di revisioni più o meno radicali ha portato alla formulazione della versione definitiva del 1966. La IMPS è indicata per la valutazione di soggetti psicotici o "gravemente neurotici" che siano intervistabili; la valutazione richiede l’osservazione del comportamento del paziente ed un colloquio clinico che ne esplori i pensieri, i sentimenti, le convinzioni, ed è perciò preferibile che sia applicata dallo psichiatra; la semplicità dello strumento, tuttavia, ne può consentire l’uso anche da parte di personale paramedico che abbia effettuato un training adeguato. I primi 51 item sono valutati su una scala da 0 a 8, i 21 successivi su una scala da 0 a 4 e gli ultimi 7 sono item dicotomi (presente/assente). Gli item vengono raggruppati in 10 fattori che esprimono Eccitamento, Ostilità, Paranoidismo, Grandiosità, Allucinazioni, Intrapunitività ansiosa, Rallentamento, Disorientamento, Motricità (bizzarra) e Disorganizzazione concettuale; a questi sono stati poi aggiunti 3 fattori sperimentali (Umore depresso, Inibizione, Ossessività/compulsività). L’aggregazione di questi fattori di primo ordine, individua 5 fattori di secondo ordine: Iperattività disorganizzata, Processo paranoideo, Disorganizzazione schizofrenica, Depressione ansiosa e Paranoia ostile. Il principale limite della scala è la sua matrice "comportamentista" che, privilegiando l’osservazione del comportamento, può portare, nella valutazione del cambiamento, ad amplificazioni o ad appiattimenti non rispondenti a reali variazioni del quadro clinico; la scala ha avuto, comunque, un’ampia diffusione per la sua maneggevolezza e comprensibilità Utilizzando la IMPS, nel 1974 Cassano e collaboratori, dell’Istituto di Psichiatria dell’Università di Pisa, hanno messo a punto il Procedimento Diagnostico Automatico (PDA), un sistema strutturato in grado di fornire, utilizzando le procedure statistiche dell’analisi discriminante, un giudizio diagnostico in termini di probabilità di appartenenza ad uno (o più) degli 8 raggruppamenti diagnostici previsti e, utilizzando l’analisi fattoriale, un profilo psicopatologico articolato su 10 fattori. La IMPS è stata anche il punto di partenza per la realizzazione della Brief Psychiatric Rating Scale – BPRS di Overall e Gorham (1962): essi, da un’analisi fattoriale della IMPS, isolarono 16 fattori, individuati come dimensioni sindromiche relativamente indipendenti, che costituirono l’ossatura della BPRS; in un secondo tempo gli item furono portati a 18, con l’aggiunta di Eccitamento e Disorientamento. La scala è stata "sviluppata con l’intento di fornire un insieme minimo di caratteristiche fenomenologiche capaci di caratterizzare il cambiamento del paziente"; la sua semplicità è soltanto apparente poiché, in realtà, richiede una precisa integrazione dei comportamenti osservati durante l’intervista con i contenuti emersi nel corso del colloquio, e deve essere somministrata, perciò, da psichiatri esperti. Ciascun item ha un titolo esplicativo ed una breve descrizione del contenuto, ma mancano i criteri in base ai quali definire il livello di gravità (da 1, assente, a 7, molto grave); la riproducibilità da parte di osservatori diversi è comunque assai buona, anche in virtù del fatto che la valutazione deve essere fatta, come abbiamo appena detto, da psichiatri esperti. Ad oltre 30 anni dalla sua pubblicazione, la BPRS rimane una delle RS di più vasto impiego. Nel tentativo di rendere la scala utilizzabile anche da parte di valutatori con minore esperienza clinica, senza aumentare parallelamente il livello di variabilità tra valutatori, Ventura e Collaboratori (1993) hanno proposto una nuova versione della BPRS, denominata BPRS 4.0. La BPRS 4.0, oltre a contenere 6 item in più rispetto alla versione originale, è corredata anche da un manuale, una sorta di intervista semistrutturata, che fornisce dettagliate istruzioni sul come rilevare la presenza dei sintomi e sulla valutazione della loro gravità, in modo da ridurre al massimo la variabilità tra valutatori. Morosini e Casacchia (1994) ne hanno curato la versione e l’adattamento in italiano. La Mental Status Schedule – MSS, assieme alla Current and Past Psychopathology Scales – CAPPS, alla Psychiatric Status Schedule – PSS ed alla Psychiatric Evaluation Form – PEF (oltre alla SADS ed alla SCID, di cui abbiamo detto nel capitolo precedente), fanno parte di una serie di strumenti messi a punto dell’équipe del New York State Psychiatric Institute. Questi strumenti, sviluppati in funzione di diverse esigenze cliniche e di ricerca, hanno aree più o meno estese di sovrapposizione tra di loro.

La MSS (Spitzer et al., 1967) esamina 248 comportamenti patologici che coprono la grande maggioranza dei segni e dei sintomi che si manifestano nei disturbi psichici. I punteggi degli item vanno a costituire 13 scale derivate dall’analisi fattoriale, 3 "macro-scale" e 23 scale basate su considerazioni diagnostico-cliniche. La PSS (Spitzer et al., 1970) esplora sia lo stato psichico che il grado di funzionamento sociale e istituzionale. Comprende, infatti, oltre a sezioni largamente sovrapponibili a quelle della MSS, sezioni che esplorano

– il livello di funzionamento nel ruolo istituzionale, cioè dei compiti impliciti nel fatto di svolgere un’attività lavorativa (compreso il lavoro domestico e lo studio), di avere un ruolo di coniuge (o, più in generale, di partner), di genitore, di figlio, eccetera;

– il grado di efficienza e la capacità di svolgere le attività del tempo libero e della routine quotidiana, come l’igiene personale, l’uso dei mezzi pubblici, la gestione economica, eccetera;

– la qualità dei rapporti interpersonali, come avere amici, frequentare persone, avere, insomma, una vita sociale;

– l’uso di alcol o di sostanze di abuso e la presenza comportamenti illegali o antisociali.

I punteggi ottenuti vanno a caratterizzare 17 fattori derivati dall’analisi fattoriale e 6 scale di compromissione funzionale sviluppate principalmente su di una base concettuale; essi, inoltre, rappresentano i dati di input per il DIAGNO II, un programma per la formulazione della diagnosi da parte del computer. Della PSS esiste anche una versione per "informatori", per persone, cioè, che vivono vicino al paziente (partner, genitori, figli, compagni di stanza, eccetera) e che hanno quindi una conoscenza diretta del comportamento del soggetto durante il periodo in esame.

La PEF (Endicott e Spitzer, 1972) è abbastanza simile alla PSS, ma essendo diretta a pazienti al primo ricovero, raccoglie informazioni sulle cause del ricovero, sulla durata dell’episodio, sugli eventi associati alla malattia. A differenza dalla PSS, la PEF non richiede un’intervista strutturata consentendo che le informazioni possano essere raccolte anche da fonti diverse dal paziente.

La CAPPS (Endicott e Spitzer, 1972), a differenza degli strumenti fin qui descritti, valuta, oltre allo stato psicopatologico attuale, i disturbi precedenti e l’adattamento sociale. È possibile utilizzare, oltre all’intervista strutturata, anche altre fonti di informazione per rendere più completa la raccolta dei dati. Gli item (264), graduati da 1 a 6, sono definiti con precisione; i punteggi di questi item, ponderati in base alla gravità ed alla durata dei relativi disturbi, rappresentano l’input per il programma DIAGNO II il quale fornisce una diagnosi computerizzata basata su di un albero decisionale che simula il procedimento usato nella clinica per la diagnosi differenziale. Del Present Status Examination – PSE (Wing et al., 1974) abbiamo detto nel capitolo precedente poiché fa parte di un’intervista diagnostica standardizzata. Nella sostanza, però, è una scala per la psicopatologia generale e, come tale, la riproponiamo in questa sederimandando al capitolo precedente per una più dettagliata descrizione. Possiamo aggiungere che il PSE fa parte di una batteria di strumenti studiati per una completa indagine della psicopatologia e del comportamento, lo SCAN (Schedules for Clinical Assessment in Neuropsychiatry). L’intervista consta di 140 item (graduati da 0 a 2) accompagnati da definizioni standardizzate; gli item-chiave, che devono essere sempre esplorati, sono soltanto 54; gli altri, distribuiti in vari raggruppamenti, vengono indagati solo se il raggruppamento di cui fanno parte è indicato come presente dagli item-chiave. Se, ad esempio, è evidente che non sono presenti disturbi delle percezioni o del contenuto del pensiero, gli item di approfondimento di queste aree non vengono indagati e si passa direttamente alla successiva area sintomatologica. Gli item, nella prima versione, sono stati scelti da un numero limitato di psichiatri esperti; le successive modificazioni sono state fatte sulla base dei suggerimenti di un numero crescente di psichiatri, senza alterare, comunque, nella sostanza, il punto di vista clinico originale. Il PSE è, in definitiva, una checklist che copre sostanzialmente tutti i fenomeni che possono essere presi in considerazione nella descrizione di uno stato psichico e indica come questi fenomeni devono essere codificati. Gli item ed i sintomi sono accuratamente definiti e vengono suggerite domande atte a farli venire alla luce, a facilitare l’indagine ed a standardizzare la raccolta delle informazioni. Con l’attuale versione dello SCAN (2.1), è possibile ottenere, mediante il CATEGO-5, un programma computerizzato, una classificazione diagnostica automatica che indica quale probabilità ha il soggetto di essere un paziente psichiatrico e, in caso affermativo, a quale raggruppamento diagnostico può appartenere secondo l’ICD-10 ed il DSM-IV.

La Comprehensive Psychopathological Rating Scale – CPRS è nata dalla collaborazione di studiosi europei che intendevano sviluppare una scala sensibile al cambiamento e con un buon livello di specificità per i singoli disturbi. I 65 item della scala sono ben descritti ed i livelli di gravità sono ben specificati. I 2/3 degli item si riferiscono a quanto espone il paziente ed 1/3 a quanto rilevabile mediante l’osservazione. La CPRS è uno strumento agile e flessibile, che copre abbastanza estesamente la psicopatologia e, grazie anche alla chiara descrizione degli item, facilmente applicabile.

La Symptom Check List-90 – SCL-90 (o Self-Report Symptom Inventory – Revised – SCL- 90-R), che deriva dalla Hopkins Symptom Check List – HSCL, è certamente, se non l’unica, una delle pochissime scale create per l’autovalutazione della psicopatologia generale e che, per di più, sia di uso corrente. Gli item, valutati su di una scala da 0 (per niente) a 4 (moltissimo), vengono raggruppati in 9 cluster (Somatizzazione, Ossessività-Compulsività, Sensitività interpersonale, Depressione, Ansia, Ira-Ostilità, Ansia fobica, Ideazione paranoidea, e Psicoticismo) e fornisce, inoltre, 3 indici, il General Symptomatic Index (GSI), rappresentato dalla somma dei punteggi diviso per il numero degli item, il Positive Symptom Total (PST), che è il numero degli item segnati con un punteggio diverso da zero, ed il Positive Symptom Distress Index (PSDI), rappresentato dal rapporto fra il punteggio totale ed il PTS. Data la sua facilità di impiego e l’ampio range di sintomi esplorati, la SCL-90 può essere utilizzata come strumento di screening non solo in un contesto psichiatrico ma anche in altri contesti, e può trovare collocazione anche nella ricerca dove ben si presta alla valutazione ripetuta della sintomatologia essendosi dimostrata sufficientemente sensibile ai cambiamenti. Esiste anche una versione computerizzata della SCL-90 mediante la quale il paziente interagisce con il computer. Derogatis, utilizzando i 53 item che avevano un peso maggiore nelle nove dimensioni della SCL-90-R, ha messo a punto il Brief Symptom Inventory – BSI (Derogatis, 1993) di più rapida e facile compilazione. Il paziente deve indicare, su una scala a 5 punti, da 0 (assolutamente no) a 4 (moltissimo), "In che misura è stato disturbato da…" ciascuno dei sintomi descritti nei 53 item nel corso dell’ultima settimana. La compilazione della scala richiede dagli 8 ai 10 minuti. Il BSI, che si articola sulle stesse 9 dimensioni e sui tre indici globali della SCL-90-R, può essere utilizzato dalla maggior parte dei pazienti (uniche eccezioni sono quelli con delirium, con insufficienza mentale o con florido quadro psicotico). Un altro interessante strumento di autovalutazione è la Behavior and Symptom Identification Scale – BASIS-32 (Eisen et al., 1986), che si propone di valutare lo stato psichico e le sue modificazioni sotto trattamento dal punto di vista del paziente. Con i suoi 32 item, prende in considerazione i principali sintomi e comportamenti che richiedono un trattamento psichiatrico, dai disturbi dell’umore all’ansia, dai rapporti interpersonali al rischio suicidario, dai sintomi psicotici all’impulsività, dalle capacità della vita quotidiana all’abuso di sostanze, eccetera. Il paziente deve indicare il grado di difficoltà incontrato nelle aree indicate dagli item nell’ultima settimana su una scala a 5 punti (dove 0 = nessuna difficoltà e 4 = estrema difficoltà). La scala fornisce, oltre ad un punteggio globale, il punteggio in cinque subscale: Rapporto con se stessi e gli altri, Funzionamento nella vita quotidiana e nel ruolo, Depressione e Ansia, Comportamento impulsivo e additivo, Psicosi. La BASIS-32 è stata messa a punto e validata per i pazienti ricoverati, mentre manca un’adeguata letteratura sul suo impiego in popolazioni diverse. Numerose sono le scale per la valutazione della psicopatologia generale ideate esplicitamente per essere utilizzate dal personale non medico: tutte o quasi risalgono agli anni Sessanta e Settanta quando il ricovero era praticamente la regola nel trattamento psichiatrico. Oggi, con le radicali modificazioni cui è andata incontro l’assistenza psichiatrica, questi strumenti hanno perso gran parte del loro interesse e delle loro possibilità di impiego.Ne ricorderemo qui alcune di quelle che hanno raggiunto una maggiore notorietà:

• il Ward Behavior Inventory – WBI di Burdock e Hardesty (1968), che valuta la gravità della psicopatologia e la risposta al trattamento attraverso 138 item dicotomi;

• la Systematic Nursing Observations of Psychopathology – SNOOP di Hargreaves (1968)

• il Psychotic Inpatient Profile – PIP di Lorr e Vestre (1969), che esplora, attraverso 74 comportamenti valutati su di una scala a 4 punti, 12 sindromi psicotiche e che è in grado di valutare le modificazioni della sintomatologia per effetto del trattamento;

• la Behavior Rating Scale – BRS di Gurel (1969), che mediante 20 item dicotomi esplora 4 aree, Apatia-distacco, Ostilità, Deterioramento e Disorganizzazione schizofrenica;

• la MACC Behavioral Adjustment Scale II di Ellsworth (1970), una scala di 16 item che esplora la Motilità, l’Affettività, la Collaborazione e la Comunicazione e che può essere usata anche dai familiari dei pazienti.

Quella che ha avuto maggior successo e diffusione è comunque la Nurses’ Observation Scale for Inpatient Evaluation – NOSIE (Honigfeld et al., 1966), una scala composta da 30 item che valutano la frequenza (da 0 = Mai a 4 = Sempre) con cui si manifestano i comportamenti indagati nel periodo in esame. Dalla scala possono essere calcolati 6 fattori, 3 positivi (Adeguatezza sociale, Interesse sociale ed Igiene personale) e 3 negativi (Irritabilità, Psicosi manifesta e Rallentamento).

Particolare menzione meritano, in questa sede, due sistemi abbastanza complessi, il Multi-State Information System – MSIS e l’Arbeitsgemeinschaft für Methodik und Dokumentation in der Psychiatrie – AMDP (o Associazione per la Metodologia e la Documentazione in Psichiatria). Il MSIS è un sistema informativo computerizzato per la gestione clinica ed amministrativa dei pazienti (Laska e Bank, 1975). Sviluppato dall’Information Science Division (ISD) del Research Center del Rockland State Hospital, il MSIS raccoglie le informazioni sui pazienti ad ogni passo significativo del progetto terapeutico. La parte amministrativa è coperta dalla Admission Form, che viene compilata al momento dell’ammissione del paziente nel Servizio, dal Direct Patient Service, nel quale vengono registrati i contatti con i servizi forniscono i diversi trattamenti, dal Change in Status, nel quale sono annotati i cambiamenti di status o di allocazione, e dalla Termination Form, che viene compilata quando, infine, il paziente finisce il trattamento. Per gli aspetti che ci interessano in questa sede, quelli relativi, cioè, ai dati clinici, il gruppo di Spitzer, del New York State Psychiatric Institute, ha sviluppato 5 strumenti:

• la Problem Appraisal Scale – PAS, per la descrizione dei problemi psicopatologici presentati dal paziente; consente di formulare dei giudizi su 38 aree che più frequentemente richiedono un qualche tipo di trattamento psichiatrico. Le aree sono suddivise in funzioni fisiche, sviluppo intellettivo, rapporti sociali, prestazioni sociali, altri segni e sintomi ed il valutatore deve indicare l’area in cui si manifesta il problema principale, la sua gravità e da quanto tempo è presente;

• la Psychiatric Diagnosis Recording Form – PDRF, per la registrazione della diagnosi psichiatrica (sono previste fino a 3 diagnosi);

• il Mental Status Examination Record – MSER, per la registrazione dello stato psichico del paziente nel corso dell’ultima settimana e fino al giorno in esame;

• il Periodic Evaluation Record – PER, che consente una rapida valutazione del paziente nel corso della settimana precedente, facendo riferimento agli item-chiave del MSER (del PER esiste anche la versione PER-C per i pazienti non ricoverati);

• lo Psychiatric Anamnestic Record – PAR, per la raccolta delle informazioni anamnestiche di interesse psichiatrico.

Il MSIS è un sistema complesso, ma molto ben articolato, che ha avuto la ventura di nascere e di svilupparsi negli anni Settanta, quando i computer, che muovevano i primi passi, erano ancora macchine di notevoli dimensioni, che richiedevano edifici e personale dedicati, che lavoravano "in batch" (cioè mediante schede perforate) con tempi lunghi di risposta e con problematici collegamenti con i terminali periferici. Sviluppato con questa filosofia informatica, il MSIS non ha retto al rapidissimo sviluppo dell’hardware e del software avvenuto negli anni Ottanta. L’AMDP è un sistema assai complesso, nato nel 1965 per iniziativa di 11 cliniche universitarie svizzere e tedesche, sviluppatosi successivamente con la collaborazione degli psichiatri francofoni e tradotto poi in numerose lingue. La pubblicazione del primo manuale risale al 1971, ma è con la terza edizione, quella del 1979, che il sistema ha conosciuto la sua massima diffusione. Una nuova revisione è stata appena pubblicata. Dal 1976 esiste una Segreteria Internazionale, con sede a Liegi, che funge da intermediaria fra il gruppo tedesco e quello francofono, che coordina il lavoro di traduzione del sistema nelle diverse lingue e promuove riunioni internazionali dedicate alla sua diffusione ed al suo sviluppo. L’AMDP ha finito per essere, così, il frutto del lavoro di psichiatri di diverse culture ed ha contribuito, in questo modo, al progresso della standardizzazione della psicopatologia e della comunicazione tra psichiatri di diversi paesi. L’AMDP è costituito da 5 parti tra loro integrate: Anamnesi Generale (AMDP-1), Eventi Vitali (AMDP-2), Storia Psichiatrica (AMDP-3), Scala Psicopatologica (AMDP-4) e Scala Somatica (AMDP-5); quelle che specificamente ci interessano in questa sede sono le scale psicopatologica e somatica. La scala psicopatologica comprende 100 item che esplorano ampiamente il quadro psicopatologico; quella somatica è composta da 40 item che esplorano la componente somatica dei disturbi psichici (ma anche, nel caso di impiego nella ricerca psicofarmacologica clinica, gli effetti indesiderati dei trattamenti). Entrambe le scale contengono degli item cosiddetti "di riserva" (15 la scala psicopatologica e 7 quella somatica) variamente impiegati nelle diverse traduzioni: sono al completo arbitrio dello psichiatra nella versione tedesca, totalmente precodificati nelle versioni francese ed italiana, parzialmente precodificati nella versione inglese. Per ciascun item è fornita una precisa descrizione, mentre non sono forniti con altrettanta precisione i criteri in base ai quali definire il livello di gravità (da 0, assente, a 4, gravissimo). L’AMDP deve essere utilizzato da uno psichiatra esperto che abbia fatto un adeguato training nell’uso del sistema. Nonostante l’ampiezza dello strumento, la sua compilazione è in genere abbastanza agevole e rapida, non costringendo il valutatore a schemi di intervista troppo rigidi. Un notevole contributo alla maneggevolezza delle due scale è fornito dalla suddivisione degli item in cluster abbastanza omogenei: in questo modo, se il colloquio psichiatrico consente di escludere la presenza dei sintomi appartenenti ad un cluster (ad esempio, i disturbi formali del pensiero), si segna "assente" quel cluster e si passa a quello successivo senza perdere tempo ad esplorare analiticamente i sintomi che lo compongono. Numerosi sono gli studi che hanno dimostrato la sensibilità della scala al cambiamento sotto l’effetto del trattamento, la validità della sua struttura fattoriale, la specificità diagnostica e la correlazione con altri strumenti di valutazione. Dall’AMDP sono state isolate, mediante procedimenti statistici, scale brevi per la mania-depressione, per la schizofrenia e per l’ansia. Il sistema AMDP, per la sua particolare struttura e per le sue caratteristiche intrinseche, è stato utilizzato come elemento fondante dello Psychiatric Information System AMDPbased – PISA-system (Conti e Massimetti, 1992), una cartella clinica computerizzata che ha avuto una discreta diffusione in Italia.

Prima di chiudere questo capitolo, vale la pena di fare un rapido cenno alle ricerche sulla morbilità psichiatrica nell’ambito della popolazione generale e della medicina generale, ambiti nei quali prevalgono i disturbi non psicotici, quali i disturbi d’ansia ed affettivi minori, i disturbi dell’adattamento, eccetera, nei confronti dei quali sono, in genere, scarsamente sensibili gli strumenti messi a punto per la patologia psichiatrica maggiore, per i disturbi psicotici. Il rischio maggiore, negli studi di questo genere, è rappresentato dalla inclusione di un numero eccessivo di pazienti senza disturbi psichici, che "diluirebbero" in maniera eccessiva il campione aumentando notevolmente i tempi ed i costi della ricerca; per evitare tutto questo è necessaria una selezione preliminare dei soggetti che hanno maggiore probabilità di essere affetti da disturbi psichici, in modo da sottoporre alle indagini soltanto (o prevalentemente) i "probabili casi psichiatrici". Numerosi sono gli strumenti costruiti con l’obiettivo di cogliere gli elementi costitutivi, fondamentali, del disturbo psichico, quegli elementi che dovrebbero poter essere rilevabili al loro primo apparire, prima che la patologia psichica si manifesti nella sua intierezza. Fra questi strumenti di screening il più diffusamente impiegato è il General Health Questionnaire – GHQ, un questionario di autosomministrazione, costituito originariamente da 60 item, che sono stati progressivamente ridotti fino ai 12 della più recente versione, l’Interval-GHQ, che si è dimostrato, in numerosi studi, uno strumento valido ed affidabile (Goldberg, 1978). Non possiamo chiudere questo capitolo senza fare menzione di uno strumento, Health of the Nation Outcome Scales – HoNOS, messo a punto recentemente in Inghilterra dal Royal College of Psychiatrists Research Unit per dare una risposta ad alcuni degli obiettivi proposti dal Department of Health nell’ambito del progetto "Health of the Nation" (Wing et al. 1996). Il gruppo incaricato di realizzare questo progetto, ha sviluppato uno strumento di valutazione della salute e del funzionamento sociale semplice e pratico, tanto da poter essere impiegato anche dal medico generale nella sua routine clinica. L’HoNOS, infatti, doveva rispondere ai seguenti requisiti:

1. essere breve e semplice tanto da poter entrare nell’uso routinario;

2. essere accettabile non solo da parte dello psichiatra, ma anche del personale paramedico;

3. coprire in modo adeguato tanto gli aspetti clinici che quelli sociali;

4. essere sensibile al miglioramento, al peggioramento o alla mancanza di modificazioni cliniche nel corso del tempo;

5. essere affidabile;

6. avere una validità paragonabile a quella di scale più ampie e di più larga diffusione.

Gli Autori hanno voluto anche che lo strumento contenesse anche degli indicatori utilizzabili in sede locale o nazionale a fini amministrativi. Ad una prima versione a 20 item, risultata troppo lunga e con un’eccessiva sovrapposizione fra gli item, ha fatto seguito l’attuale versione a 12 item che coprono 4 aree:

1. esperienze psichiche soggettive che disturbano o limitano il soggetto, come la depressione, l’ansia, le allucinazioni e le preoccupazioni;

2. deficit delle funzioni di base, come il rallentamento psicomotorio e le compromissioni cognitive e fisiche con i loro effetti diretti sul funzionamento dell’individuo;

3. i problemi comportamentali che hanno un impatto significativo sul soggetto e/o sugli altri, come la violenza auto e/o eterodiretta;

4. i problemi ambientali (abitativi, occupazionali, economici, interpersonali e del sistema di supporto sociale) che possono limitare l’autonomia funzionale che il soggetto potrebbe, potenzialmente, raggiungere.

Il giudizio di gravità è espresso su di una scala da 0 a 4, dove 0 corrisponde all’assenza di problemi in quel settore e 4 alla massima gravità; la mancanza di informazioni è segnata "9". Per ogni item è fornita un’esauriente spiegazione di ciò che deve e di ciò che non deve essere valutato e dei chiari punti di ancoraggio per la valutazione, che deve essere fatta senza tener conto della diagnosi clinica. La diagnosi deve comunque essere specificata per la completezza delle informazioni.

La valutazione periodica dei soggetti consente di ottenere precise indicazioni circa l’evoluzione del quadro clinico nei suoi aspetti sia psicopatologici che socioambientali. Lo strumento, disponibile in diverse versioni (anche di autovalutazione), è stato sottoposto a numerosi studi di validazione che ne hanno documentato l’eccellente validità, un’ottima sensibilità al cambiamento ed una elevata affidabilità.

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sommario

Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici