di Giovanni Giusto (Presidente Fenascop Presidente Eletto SIPRE) – SAVONA

 

Un dibattito acceso , molto simile per alcuni toni a quello delle tifoserie delle squadre di calcio, è iniziato intorno alla proposta(e),di revisione della legge 180.

Alcune considerazioni personali : intanto questa è la legge italiana forse più conosciuta nel mondo; penso che questo stia ad indicare la modernità della stessa che pur avendo venti anni, mantiene la sua attualita' ( a tal proposito ricordo di aver pubblicato per le edizioni REDANCIA un volume che , contenendo il dibattito parlamentale che ne precedette l'approvazione , evidenziava il valore della stessa come legge quadro per i servizi psichiatrici).

Ancora: una legge del genere deve rispondere alle esigenze ed ai bisogni dei pazienti che non necessariamente sono quelli dei parenti e degli operatori.

Inoltre: venti anni rappresentano una generazione e forse è necessario introdurre alcune modifiche che, non stravolgendone il significato, permettano di aderire meglio ai cambiamenti sociali che sono avvenuti nel frattempo ( non bisogna dimenticare il particolare momento storico).

Uno degli argomenti trattati dovrebbe riguardare la verifica dei servizi realizzati che non sono imputabili alla bontà o meno della legge, ma alla capacità professionale, all'onestà intellettuale ed alla volontà politica di amministratori più o meno illuminati affiancati da tecnici più o meno credibili.

Dove si è voluto e saputo sia nell'ambito a diretta gestione statale che in quello ad indiretta con delega al privato sociale e non, si sono realizzati servizi tra loro integrati, si sono date risposte puntuali a domande motivate e sensate. Sono nati gruppi di autoaiuto, cooperative sociali di tipo b, si sono ascoltati gli utenti-pazienti e a loro è stato dato spazio di espressione.

Ricordo che ,in una riunione dell'osservatorio per la salute mentale al ministero, ebbi a lamentare la non presenza di associazioni di ex pazienti, mentre erano rappresentatissimi i parenti e gli operatori.

Quindi non varrebbe la pena di interrogarsi se la "cattiveria" non appartiene a ciascuno di noi piuttosto che ad una legge?

E non sarebbe forse il caso di riflettere su quali interessi personali e di parte essa ha esaudito ?

Personalmente non ritengo che problemi complessi che richiedono una grande compostezza di riflessione comune possano essere risolti ricorrendo ad una sorta di "pensiero forte" che poi rischia di  favorire la perpetuazione di meccanismi di emarginazione ed esclusione in nome di un legittimo desiderio di risolvere problemi particolarmente complicati in tempi brevi.

Non bisogna esagerare con le ideologie contrapposte che sviliscono il sapere psichiatrico; è necessario essere realistici valutando i dati che dovremmo tutti essere in grado di esporre e discutere: in tal senso il processo che introduce l'accreditamento istituzionale e di qualità dovrebbe venirci incontro .

Propongo che prima di tutto vengano accreditati gli psichiatri: parlino degli specifici argomenti  coloro che li hanno praticati per anni e che sono in grado di dimostrarlo per avere realizzato servizi dando risposte alle domande di persone sofferenti.

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