E' a questi due filoni che in pratica fecero riferimento più o meno direttamente le proposte legislative relative all'assistenza psichiatrica fatte a partire dal 1976 da vari gruppi politici in occasione dei lavori p reparatori della legge istitutiva dal Servizio Sanitario nazionale in cui venivano inserite. Inserimento che rappresentava il primo risultato dell'azione dell' AMOPI teso a combattere i ricorrenti propositi di una nuova legge speciale psichiatrica. Il secondo fu, poi, l'acquisizione da parte dei politici del dato di fatto che il problema della limitazione della libertà personale aveva molteplici riferimenti in campo sanitario e in tale ottica dovesse essere considerato l'intervento richiesto per disturbi psichici anche se con qualche connotazione particolare e mutuata dalla legislazione inglese.\line Rimase aperto per tutto il 1977 e i primi del 1978 il problema dei posti letto per malati psichici e il problema, ancora più spinoso, della loro collocazione. C'erano le posizioni politiche in parte ispirate al movimento di Psichiatria Democratica , che negavano la necessità di definire per legge numero e collocazione di tali posti letto. A fronte c'era la posizione AMOPI che riteneva necessaria tale definizione in rapporto soprattutto all'altro scottante problema del ricovero coatto e delle responsabilità di cui sarebbe stato investito il personale di assistenza di fronte alle garanzie e assunzioni di responsabilità richieste inevitabilmente dai giudici tutelari.
A dire il vero il fatto che L'AMOPI avesse sempre rifiutato una collocazione politica aveva portato ad essa una adesione massiccia degli psichiatri ospedalieri che coinvolgeva colleghi provenienti da partiti politici diversi , a volte anche contrapposti , il che non incideva minimamente, e fu sempre un nostro vanto, sulle discussioni ed elaborazioni tecniche. E nella stessa stagione della 180, quale anticipazione settoriale della riforma sanitaria ci trovammo ad avere nella commissione Sanità della Camera colleghi deputati , B.Orsini per la DC eV. Milano per il PCI che non dimenticarono certo nè i progetti nè le lotte fatte dentro e con l'AMOPI ed in un momento delicato come quello del referendum radicale sui primi tre articoli della legge Giolitti del 1905 furono di sommo aiuto nel sottolineare il valore delle nostre proposte. Ciò portò la Commissione Sanità della camera ad accettare, fra l' altro, la nostra soluzione al problema dei posti letto utilizzando un dispositivo della legge Mariotti sugli ospedali civili, relativo ai Servizi di Diagnosi e Cura, una proposta sulla quale avevano infine concordato sia il presidente della SIP Balestrieri sia l' amico Basaglia.
E così anche la 180 fu una legge stralcio, ma, per fortuna, durata solo i mesi necessari alla formulazione completa della legge istitutiva del S.S.N. la 833/78; i suoi articoli furono ulteriormente perfezionati con l'inserimento di ulteriori proposte AMOPI, fra cui, fondamentale, l'indicazione all'art.34 della "struttura dipartimentale" dei servizi per la tutela della salute mentale. Una indicazione che nel bene e nel male, a seconda della interpretazione di tipo sanitario o di tipo amministrativo, ha condizionata la maggior parte dei provvedimenti regionali sull'organizzazione dei servizi psichiatrici.
E così si introduce il discorso del post 180 o meglio post 833. Discorso che riguarda anzitutto i responsabili politici a livello regionale, i quali nei primi tempi, chi più chi meno, consideravano l'attuazione delle nuove norme quale veicolo per ampliare i l consenso politico mal valutando l'impegno politico-tecnico e il tempo necessario per ottenere risultati apprezzabili e quindi valorizzabili anche in sede appunto di consenso politico. Laddove ci fu un'interpretazione del dettato legislativo su base ideologica (si veda il persistente rifiuto alla individuazione di specifici e adeguati servizi psichiatrici di diagnosi e cura salvo poi utilizzare i posti-letto residenziali per accogliere, con uso improprio dell'art..33/833, pazienti lungo-assistiti) e non sulla base della reale rispondenza della nuova organizzazione dei servizi alle esigenze dell'utenza psichiatrica, acuta o no, ci si può spiegare certe macroscopiche differenze organizzative fra Regione e Regione.
Ma c'è anche il caso di Regioni che hanno legiferato in modo appropriato, ma poi i progetti hanno trovato scarsa o nulla attuazione. E di nuovo, come nel passato, fu l'assistenza psichiatrica a far la parte della Cenerentola nell'ambito della Sanità . E in tutto ciò la completezza o meno del testo della 833/78 non c'entra proprio nulla mentre c' entrano da una lato la scarsa conoscenza ed attenzione dei politici ai problemi psichiatrici e dall' altro sia posizioni ideologiche che resistenze più o meno corporative degli operatori. Proprio partendo da tale situazione e da reali carenze assistenziali impropriamente ed ingiustamente attribuite al testo legislativo e\rquote da quindici anni che si assiste alla presentazione di proposte di legge che hanno per oggetto un adeguamento degli articoli della 833 relativi all\rquote assistenza psichiatrica. Talora con il supporto di psichiatri anche di estrazione universitaria ma che non erano certo da annoverare fra quei pochi clinici che , invece, si impegnarono subito e in modo rimarchevole sul piano dell' assitenza territoriale oltre che ospedaliera; solo così infatti, l' Università è in grado di fornire la migliore formazione, quella sul campo, ai nuovi psichiatri che escono dalle scuole di specializzazione.
Proposte di legge per fortuna tutte abortite soprattutto per l' intervento di chi la legge, dopo aver contribuito a farla nascere, l' applicava, ed ancora aveva voce sia nelle commissioni ministeriali nominate ad hoc sia nel direttivo della Società Italiana di Psichiatria. Come sempre infatti una legge è più o meno validata dall'applicazione che se ne dà. E la 180/833/1978 ha aperto spazi imprevisti, ed imprevedibili anche per chi contribuì alla sua elaborazione, legati soprattutto alla organizzazione dipartimentale ( in senso non burocratico) dei Servizi psichiatrici. Un esempio pe r tutti le prospettive che sempre più si aprono , per vecchi ma soprattutto nuovi contributi, all' inserimento della psicoterapia di gruppo nell' ambito istituzionale. Attività istituzionale che, sicuramente, trarrebbe vantaggio da interventi legislativi che non riguardano la Sanità ma che , indirettamente incidono sulla gestione della assistenza psichiatrica in particolare. Si tratta soprattutto di una revisione degli articoli del codice civile riguardante la inabilitazione e l' interdizione con l' inserimento dell' istituto della amministrazione di sostegno. Il disegno di legge è stato presentato già nella precedente legislazione e ripresentato in questa sempre con il supporto del prof.Cendon di Trieste. Ma poichè non rende molto sul piano elettorale chi se ne interessa tra i politici?