Leonardo Angelini, Adil El Marouakhi
1. I giovani migranti e i servizi prima della nascita di Free Student Box[1]
Allorché cinque anni fa siamo partiti con i primi due sportelli nelle superiori di Reggio Emilia avevamo una conoscenza dei problemi dei giovani reggiani che derivava essenzialmente da due versanti, tra loro interconnessi: – quello del lavoro più scopertamente clinico all'interno del consultorio giovani (Open G); – e quello di Gancio Originale, il gruppo di volontariato giovanile che ormai dal lontano 1990 fa capo al Servizio di Psicologia Clinica dell’Ausl di Reggio Emilia.
Non si può dire che l’Open G negli anni precedenti al 2004 non sia stato attento al problema dei giovani migranti e delle loro famiglie: un certo numero di situazioni problematiche, infatti, erano giunte al consultorio, e le richieste di cura che questi giovani e le loro famiglie facevano erano rivolte sia al suo versante psicologico, sia, e in special modo, a quello ostetrico-ginecologico.
Nelle due attività principali di Gancio Originale – i workshop pomeridiani rivolti ai bambini e ragazzi a rischio, e soprattutto le Stanze di Dante rivolte a immigranti in età evolutiva appena arrivati a Reggio Emilia[2] – però era possibile osservare e intervenire su uno spaccato delle problematiche dei migranti ben più ampio di quello di quello che giungeva al consultorio.
Anzi nei workshop di Gancio Originale rivolti ai bambini e ai ragazzi a rischio le problematiche connesse al processo migratorio erano emerse fin dal dalla nascita di Gancio, anche se all'inizio – nella prima metà degli anni ‘90 – più che ai processi migratori esterni (allora appena all'esordio qui a Reggio Emilia) erano da ricondursi al processo migratorio interno che era partito una ventina di anni addietro, in connessione con la profonda trasformazione che aveva investito la città dopo il boom degli anni 60[3]. Mentre nel caso delle Stanze di Dante, nate intorno al 2000 e centrate sull'insegnamento della lingua italiana a immigranti esterni in età evolutiva appena arrivati qui da noi, le stesse ragioni che sono alla base della loro nascita testimoniano già eloquentemente, pensiamo, le propensioni e le capacità di lettura di ciò che stava accadendo in città.
D'altro canto i dati – che si riferiscono all’anno scolastico 2004\05[4]) parlano chiaro:
Tab.1. Distribuzione alunni non italiani x 100 alunni frequentanti, Anno scol. 2004\05
provincia | Alunni non italiani per 100 alunni frequentanti | Alunni con cittadinanza non italiana per 100 frequentanti in tutti i comuni della provincia | Cittadinanze rappresentate | Stato estero di cittadinanza più rappresentato | % alunni stato estero più rappresentato sul totale degli alunni non italiani | |
Nel comune capoluogo | Negli altri comuni della provincia | |||||
Bologna | 8,60 | 8,09 | 8,30 | 120 | Marocco | 26,20% |
Ferrara | 3,93 | 5,89 | 4,96 | 74 | Marocco | 24,11 |
Forlì | 6,11 | 7,66 | 7,16 | 80 | Albania | 23,48 |
Modena | 8,48 | 10,41 | 9,78 | 110 | Marocco | 30,62 |
Parma | 7,77 | 8,73 | 8,24 | 110 | Albania | 16,23 |
Piacenza | 7,77 | 12,10 | 9,89 | 86 | Albania | 24,64 |
Ravenna | 6,69 | 6,72 | 6,70 | 84 | Albania | 25,33 |
Reggio E. | 9,83 | 10,76 | 10,39 | 108 | Marocco | 22,70 |
Rimini | 8,38 | 7,37 | 7,91 | 79 | Albania | 27,40 |
Tab.2. Distribuzione degli stessi alunni tra i diversi ordini di scuole, sempre con riferimento provinciale, Anno scol. 2004\05
Incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana per tipi di scuola AS 2004/05 | ||||||||
provincia | infanzia | primaria | Secondaria I grado | Secondaria II grado | Istruzione classica scientifica magistrale | Istruzione tecnica |
Istruz. profess |
Istruz artistica |
Bologna | 8,49 | 10,11 | 9,16 | 5,20 | 1,65 | 5,42 | 12,08 | 3,75 |
Ferrara | 4,87 | 6,81 | 5,19 | 3,22 | 1,54 | 2,83 | 6,02 | 2,51 |
Forlì | 6,83 | 9,09 | 9,16 | 4,25 | 1,49 | 4,01 | 8,41 | 1,06 |
Modena | 10,85 | 11,87 | 10,47 | 6,38 | 1,83 | 5,03 | 14,51 | 3,31 |
Parma | 7,78 | 10,40 | 9,54 | 5,56 | 2,17 | 5,99 | 11,39 | 2,94 |
Piacenza | 10,14 | 12,76 | 10,79 | 5,95 | 1,88 | 5,31 | 18,52 | 2,29 |
Ravenna | 5,84 | 8,61 | 8,60 | 3,88 | 2,02 | 3,31 | 6,24 | 4,35 |
Reggio E. | 9,67 | 12,68 | 11,24 | 7,30 | 1,69 | 5,92 | 15,81 | 6,90 |
Rimini | 5,55 | 8,14 | 7,78 | 9,30 | 5,33 | 9,06 | 16,58 | 6,52 |
Da un po' di anni ci troviamo a Reggio Emilia di fronte a una nuova adolescenza o meglio ad una adolescenza double face: quella autoctona e quella immigrata, che sotto certi versi è composta da soggetti che condividono tutta una serie di elementi: pensiamo al dato del precariato, che comprende sia gli uni che gli altri[5], ma anche su altri piani risulta composta da due componenti che non sono facilmente sovrapponibili: pensiamo essenzialmente al fatto che l'una – quella immigrata – è sottoposta a tutte le traversie e le profonde ambivalenze connesse ai processi acculturativi, mentre l'altra è comodamente acquartierata all'interno della propria cultura originaria.
D'altro canto all'interno degli ambulatori del consultorio e nel rapporto con la scuola, che da sempre ha inviato ai servizi dell’Ausl i casi non risolvibili solo sul piano educativo, hanno cominciato ad emergere – specialmente a partire dalla seconda metà degli anni ‘90 – tutta una serie di elementi problematici, che sul piano psicologico sono riconducibili, a volte in maniera spettacolare, a molti temi e poi abbiamo ritrovato in Free Student Box e che potremmo per ora riassumere nella difficoltà di disporsi dialetticamente e creativamente all'interno del processo di filiazione-affiliazione[6]. Mentre sul versante ostetrico-ginecologico cominciavamo ad essere consapevoli che è il corpo, e specificatamente il neo-corpo femminile genitalizzato delle giovani migranti all’ordine del giorno: neo-corpo che si erge all’improvviso di fronte ad esse, esattamente come alle loro coetanee autoctone, come una entità nuova, non addomesticata e pressoché indecifrabile. Un’entità però che per loro – al contrario di ciò che avviene per le loro coetanee autoctone che hanno a disposizione un loro cifrario cultural – specifico in base al quale imparare a comprenderlo e a riassestare il proprio mondo interno in base a questa comprensione – continua spesso a lungo ad essere un qualcosa di indecifrabile, poiché sottoposto a processi di addomesticamento duplici e contraddittori, poiché appartenenti a sistemi interpretativi di tipo culturale ed ad ambiti culturali spesso gli antipodi su questo tema e, in ogni caso, non facilmente riducibili ad un qualcosa di unitario e di stabile. Il che fa si che riposizionarsi rispetto a questo neo-corpo pubere per le ragazze e giovani migranti diventi molto più difficile che per le loro coetanee autoctone.
Vedevamo anche, ben prima che nascesse Free Student Box, che in generale – e cioè al di là del problema dell’addomesticamento del neo-corpo pubere – questa doppia e contraddittoria cifra interpretativa di tipo essenzialmente culturale con la quale si ritrovano sia gli adolescenti che le adolescenti immigrate disorienta il giovane emigrante esterno, molto di più di quanto accada nel caso dell'adolescente e della adolescente immigrati interni (quelli per lo più provenienti dal Sud d’Italia) che pure devono affrontare una serie di problemi simili.
Un altro elemento estremamente importante per noi di Free, che deriva dalla tradizione reggiana del Servizio di Psicologia Clinica dell’Ausl, è nel fatto che sia le attività nei workshop di Gancio Originale sia soprattutto quelle delle Stanze di Dante vedono impegnati in qualità volontari, e a fianco dei giovani autoctoni, molti giovani immigrati che già padroneggiano la lingua italiana e che, in entrambe le situazioni vengono spesso a trovarsi in una posizione che permette loro di riattraversare lingua, usi e costumi dei loro genitori, dando vita ad una situazione che cinematograficamente potremmo definire di continua dissolvenza incrociata, in cui elementi linguistici e culturali italiani si incrociano con quelli della propria terra d'origine o con quella di coloro che sono appena arrivati da altre terre, dando pregnanza di significato ad una situazione di scambio in cui ciascuno dà e riceve molto.
Inutile dire che il rapporto che questi giovani volontari intraprendono con gli psicologi che li guidano nei workshop e nelle stanze di Dante, così come quello di noi anziani che facciamo da back office a queste due istanze, diventa fonte di ulteriori dissolvenze incrociate che caratterizzano questi due luoghi come crocevia di osservazioni e di auto-osservazioni molto utili per la comprensione di come effettivamente sta procedendo il processo di inserimento dei immigranti nel territorio reggiano.
Su queste basi, e con questi precedenti, l'attività di Free Student Box non poteva disporsi nei confronti del counselling in scuola ignorando i problemi dei giovani migranti e delle loro famiglie e tantomeno disconoscendo la grande disponibilità alla cura dei giovani migranti già a Reggio Emilia da molto tempo, o addirittura nati qui ed esclusi dalla dimensione della cittadinanza solo in base a norme giuridiche assurdamente non inclusive.
2. I problemi dei giovani migranti che accedono agli sportelli di Free Student Box
Nell'anno scolastico 2007\2008 sono stati 102 i giovani migranti che si sono rivolti agli sportelli di Free Student Box. Novantasei su un totale di 882 accessi significa equivale al 12 % degli accessi.
Gli ambiti problematici specifici di cui sono portatori giovani migranti e le loro famiglie, spesso coinvolte e a volte promotrici di un intervento di cura presso gli psicologi di Free, sono grosso modo i seguenti:
a. Esigenze di aiuto nel processo di ricongiungimento con il familiare o i familiari arrivati per primi qui in Italia;
b. necessità di essere aiutati nei processi di comprensione di ciò che va accadendo nei rapporti intergenerazionali sia sul versante della filiazione (famiglia) che della affiliazione (scuola);
c. richieste di aiuto nella definizione dei rapporti con i coetanei autoctoni o appartenenti ad altre culture;
d. necessità di dare significato ai processi di adultizzazione e di genitalizzazione mediando fra attese familiari e modelli della cultura egemone;
e. richieste di aiuto per affrontare il lutto derivante dallo iato che per molti di loro si apre nel momento in cui devono abbandonare o ridimensionare fortemente le loro vocazione e adattarsi alle, spesso solo presunte, esigenze famigliari.
a. Il tema del ricongiungimento che spesso si somma a quello della crisi dei rapporti di coppia fra i propri genitori, implica l'esigenza di rimettere in circolo l'ambito dei rispecchiamenti e delle identificazioni crociate che avvengono nel rapporto genitori-figli. Noi sappiamo che tali ambiti sono sottoposti a una continua opera di riposizionamento anche in quelle situazioni familiari in la convivenza non è mai venuta meno. E lo sono, in coincidenza con le tappe della crescita, sia i figli che nei genitori. Ciò è particolarmente evidente al momento del passaggio dall’infanzia all’età adulta dando luogo a quel processo di riposizionamento che Octave Mannoni ha definito: disidentificazione e che Blos chiama “seconda individuazione” in cui, in base ad esigenze basilari connesse col processo maturativo, l’adolescente prende le distanze dai genitori e questi ultimi devono – spesso dolorosamente – acconciarsi a questa nuova condizione e a questa più grande distanza.
Nel caso d'emigrante però il venir meno della convivenza per un periodo di tempo spesso molto lungo implica sia per chi rimane “lì” sia per chi viene per primo “qui” un lavoro di riassestamento interno dei propri introietti che vede rispettivamente chi è rimasto e chi è partito fare i conti rispettivamente con colui, colei o coloro che nel nucleo familiare che hanno fatto la scelta opposta o subito le conseguenze delle scelte fatte da altri. In questo spesso dolorosissimo processo gli elementi fantasmatici, cioè le immagini dei propri genitori o dei propri figli che a poco a poco si fanno spazio all’interno di tutti coloro che in un modo o nell’altro sono coinvolti nel processo migratorio non possono essere confrontati con ciò che accade sul piano reale. Ciò espone tutti al rischio che, nel momento del ricongiungimento, il gioco dei rispecchiamenti si complichi sino ad impedire ad entrambe le parti di sopportare l'altro che a volte risulta affatto sovrapponibile a quegli elementi fantasmatici, a quelle immagini delle quali nel frattempo (e stiamo parlando di anni!) si era nutrito il rapporto.
La situazione si complica ulteriormente nel caso in cui, sempre nel frattempo, la coppia genitoriale si sia sfasciata ed il figlio venga a trovarsi nella situazione destrutturante di non avere un nido, cioè un luogo fisico, al quale nel mondo interno corrisponde un contenitore psicologico, che il figlio possa sentire stabilmente come proprio.
b. L'adolescenza è il momento principe nell'intero ciclo di vita umano in cui è necessario fare una continua opera di rimaneggiamento, cioè di riposizionamento di ogni singola parte del nostro mondo interno in base alle nuove esigenze connesse con il passaggio all'età adulta[7]. Ebbene l’adolescenza del giovane migrante implica la necessità di un lavoro di rimaneggiamento suppletivo che va sia nella direzione di ciò che avviene sul piano della filiazione (famiglia) che della filiazione (scuola, territorio metropolitano). E, di fronte a questo lavoro di rimaneggiamento – esattamente come avviene nel caso del giovane autoctono –, vi è uno speculare lavoro di rimaneggiamento che i genitori del migrante, da una parte, e i suoi docenti dall'altra devono fare di fronte alle nuove emergenze connesse con l'età con le ambivalenze nei confronti della cultura dei propri genitori e di quella dei docenti. Il che solitamente rende più difficile il processo maturativo del giovane migrante rispetto a quello del suo coetaneo autoctono.
Il fenomeno più eclatante sul piano della filiazione è nel deficit di autorità di cui i genitori soffrono, accentuato da crollo del progetto che li aveva condotti ad emigrare e dall’emergere di una realtà all’interno del luogo di immigrazione molto lontana dal quel progetto[8]; deficit che rende molto più doloroso e difficile per tutti il processo della seconda individuazione.
Sul piano della affiliazione invece pesa soprattutto l'equivoco legato al fatto che, nel migliore dei casi, questo processo viene visto in maniera adialettica come una semplice opera di integrazione, in cui poco o nulla importa dello spessore dell'individuo emigrante, della storia personale e collettiva du cui lui è il portatore, della sua lingua, dei suoi usi costumi originari.
c. Tutto ciò si ripropone anche nei legami orizzontali con i pari autoctoni o appartenenti alle altre culture con cui il giovane entra in contatto. Si itera e si complica allorché sorgono legami affettivi con partner “altri da sé e dalla propria cultura di appartenenza” che spesso divengono dei veri e propri oggetti-bersaglio su cui si scaricano proiettivamente vecchi e nuovi stereotipi, che spesso rappresentano solo le paure e le angosce che in ogni cultura sono presenti nei confronti dei rischi di contaminazione e di meticciamento, visti come occasione di corruzione e non di possibile arricchimento.
d. Un altro degli elementi emergenti dalla nostra attività di counselling psicologico rivolto ai giovani migranti è la necessità di essere aiutati in un'opera che potremmo definire di scansione di ciò che va avvenendo dentro di loro sul piano dei processi di adutizzazione e di genitalizzazione: nel doppio versante degli affetti e delle vocazioni.
Sul primo piano tutti tendono a vivere in maniera molto specifica personale la definizione nel tempo di quel progetto di vita di coppia che, sul finire dell'adolescenza, tende ad emergere spesso in connessione con la fine degli studi e l'ingresso nel mondo del lavoro. Ma ciò comporta il contemporaneo emergere di tutta una serie di problemi collegati con la cultura di appartenenza del partner e con le attese, da una parte, delle rispettive famiglie, dall'altra della cultura egemone che attraverso i media, la scuola, etc. presentifica, spesso seduttivamente (pensiamo alla forza della pubblicità su questo piano!) al giovane migrante un modello che ha una forza attrattiva cui spesso ci si può sottrarre adialetticamente rifugiandosi nella tradizione: e ciò rende particolarmente laboriosa e ondivaga la natura di quel progetto che, per il fatto di dover essere condiviso con il partner, necessita nel caso d'emigrante di mille aggiustamenti suppletivi.
e. Infine, collegato con l'accesso al lavoro, vi è l'ultima sfida a cui va incontro il giovane migrante: quella di cercare di non tradire le proprie vocazioni e propri interessi nel momento della trasformazione del suo sogno in progetto. Leon e Rebeca Grinberg[9] hanno o posto in evidenza le propensioni ai mestieri di cura da parte dei giovani migranti di seconda generazione, a loro avviso ascrivibile ad una istanza interna di risarcimento nei confronti delle sofferenze e dei sacrifici dei propri genitori.
A nostro avviso, almeno per quel che riguarda i giovani migranti che abbiamo incontrato a Reggio Emilia, occorre più realisticamente prendere atto del fatto che, a fronte di queste propensioni, emerga spesso in essi un elemento di soggezione nei confronti di un richiamo – spesso implicito, a volte solamente supposto! – a prendersi cura della propria famiglia d'origine a partire sostanzialmente da una rinuncia al proprio sogno e al proprio progetto e non in base a una loro realizzazione compensativa nella cura. È come se, prima di incamminarsi lungo i sentieri della cura, ci fosse il bisogno di continuare in un'opera di acquartieramento nella società ospitante che, per suo conto, avvalora implicitamente questa esigenza e la rende pesantissima tardando o negando, in violazione spesso delle sue stesse regole, l'accesso alla cittadinanza[10] da parte di questi giovani.
Inutile dire che anche su questo piano – apparentemente solo amministrativo – sono in gioco elementi nucleari che attengono all'identità personale dei soggetti coinvolti che così si vengono a trovare in una terra strana e senza confini in cui i tratti culturali dell'appartenenza all'Italia, ormai nei fatti abbondantemente acquisiti, sono formalmente disconfermati, mentre quelli che segnarono l'appartenenza originaria dei propri genitori informalmente, ma in maniera altrettanto sostanziale, inficiati nella loro interezza dall'ampiezza spazio-temporale della lontananza.
Da questo punto di vista la partecipazione dei giovani migranti in qualità di volontari nei workshop e nelle Stanze di Dante di Gancio Originale e di peer all’interno delle attività di Free Student Box, la loro grande propensione alla cura sia degli altri migranti che degli autoctoni in difficoltà, rappresentano un terreno fecondo sul quale può crescere la loro propensione alla cura. Così come quella caratteristica del nostro lavoro con i migranti appena arrivati che abbiamo definito dissolvenza incrociata può diventare un percorso di cura capace di minimizzare il rischio della doppia assenza, sempre incombente sia in coloro che ricevono le cure, sia in chi le presta e si presta in quest'opera di riconciliazione fra passato e presente e di ponte fra presente e futuro.
[3]Cfr.: L. Angelini, "Istituzioni del welfare e prassi amministrativa ieri ed oggi a Reggio Emilia. Appunti per una microstoria dei servizi pubblici reggiani"
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