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PREFAZIONE A ” BUCARE LO SCHERMO”

19 Nov 21

Di Redazione Psychiatry On Line Italia

I dispositivi digitali sono ormai al centro della nostra vita; lo sono ancor di più in seguito all’accelerazione dell’avanzamento verso la digitalizzazione del mondo dovuta alla pandemia di coronavirus.  

Un certo moralismo si abbatte tuttavia spesso sull’inedita propagazione di questa miriade d’oggetti digitali nelle case e nella vita di ciascuno. Si ritrovano ovunque, in una forma e in una quantità persino esasperata, in precedenza sconosciuta. Alcuni adulti suggeriscono, in special modo a figli e nipoti, di sottrarsi alla presunta dipendenza dal mondo virtuale e di ritornare verso la genuinità delle relazioni del mondo offline. La preoccupazione per fenomeni ricorrenti come quelli della dipendenza da Internet, del cyberbullismo, del sexting, del revenge porn, frequenti soprattutto fra adolescenti e giovani, costituisce una componente maggiore fra gli elementi che si affiancano a tale giudizio morale. Altri ribattono, invece, che il virtuale è reale appoggiandosi a una certa eticità del rapporto singolare con il medium comunicativo e che la distinzione fra mondo offline e mondo online vada oggi superata in nome di una nuova identità onlife 

Vi è enorme disponibilità degli oggetti per gli individui del mondo tecnologicamente avanzato là dove, se si intende trovare qualcosa, qualunque cosa, la si trova purchè si sia disposti a pagarne il prezzo. Vi è anche un’ascesa del valore dell’oggetto in quanto tale al punto da sovvertire il rapporto con il soggetto che non appare più fruitore dei beni di consumo ma messo radicalmente in subbuglio dall’oggetto. L’immediata reperibilità degli oggetti tecnologici incrina la credibilità delle autorità soprattutto nei giovani i quali le vivono come astrazioni irraggiungibili a fronte del web rapidamente fruibile come punto di riferimento, soprattutto in forme brevi e condensate come quelle degli highlights o dei video su YouTube. 


 

L’ambito clinico delle dipendenze appare palesemente come l’emblema di questa caratteristica dell’individuo moderno come più consumato dall’oggetto che consumatore. Chi si rivolge a noi domandando un aiuto dinanzi all’addiction che lo attanaglia si è per qualche tempo creduto consumatore di un oggetto che gli dava sicurezza, tranquillità, serenità, eccitazione, piacere, godimento salvo divenirne schiavo. Si credeva consumatore dell’oggetto ma si scopre consumato dall’oggetto stesso in una reiterazione che gli si impone, contro ogni intenzione cosciente. Non ci riferiamo soltanto alla dipendenza dagli inebrianti dove il venire consumato appare con segni inconfondibili sul volto, oppure sul corpo del paziente; abbiamo presente questa dinamica anche in altre forme di addiction dove i vari oggetti (fiches nel gioco d’azzardo, abiti nello shopping compulsivo, smartphone nelle dipendenze da Internet) giungono a imporsi sul soggetto.  

Diversi studiosi vedono in quello che denominano “ordine del discorso digitale”, secondo dei termini foucaultiani, un sistema di imposizione specifico del capitalismo avanzato in continuità con l’evoluzione dell’industria. Il lavoro digitale costituirebbe una nuova forma di sfruttamento, tipica di un sistema economico deterritorializzato e che riduce gli spazi di socialità. Ci viene ricordato come vi sia un’enfasi inebriata nei confronti del medium digitale, senza valutare le conseguenze di questa ebbrezza.  

Del resto, anche fra gli psicoanalisti, si riscontrano posizioni variegate e spesso scettiche quando non espressamente critiche nei confronti del mondo digitale. Non sono pochi gli psicoanalisti e i pensatori che credono sia impossibile un accordo fra la pratica della psicoanalisi e le nuove forme della tecnologia considerate una piena manifestazione dei dispositivi del mercato propri del discorso del capitalista, la forma attraverso la quale si presenta il padrone nella contemporaneità. Altri vi colgono, invece, le innumerevoli risorse proprie di Internet con una dimensione di opportunità e di apertura verso una prospettiva inedita non senza una quota di idealizzazione del web. Altri colleghi ancora si collocano in una posizione più moderata, per certi versi attendista, senza schierarsi né pro né contro l’utilizzo di strumenti tecnologici e digitali nella pratica della psicoanalisi salvo servirsi di alcune facilitazioni che, soprattutto in momenti di emergenza sanitaria, l’online giunge a offrire.  

Fra gli psicoanalisti, chi si è occupato del web, di Internet e di trattamenti svolti online prima dello sdoganamento dovuto al coronavirus e all’incremento delle competenze digitali che ha implicato, ha operato sulla scorta di un proprio interesse e di un proprio desiderio. Lo ha fatto smarcandosi in buona parte dall’aspettativa di un riconoscimento del proprio desiderio da parte di altri. Se per Hegel il desiderio è anzitutto desiderio del riconoscimento che si esprime in forma di tappe e di momenti dialettici, per Spinoza il desiderio prescinde dal riconoscimento in quanto passione che va al di là della richiesta di riconoscimento. In questo, termini spinoziani come conatusappetituscupiditas oltre che desiderium sono emblematici. Il desiderio dell’analista, motore fondamentale della stessa pratica della psicoanalisi secondo Lacan, si dimostra dunque più affine al desiderio letto in una prospettiva spinoziana che in una lettura dialettica di matrice hegeliana. Attraverso questo desiderio, un desiderio più forte degli ostacoli che i dispositivi digitali implicano spesso, si arriva talvolta a fare un buco nello schermo. A bucare lo specchio digitale che rischia di occultare il reale, a superare l’asetticità della tecnicizzazione del mondo.  

La sessualità, l’incontro erotico dei corpi diventa un momento in cui i dispositivi digitali dimostrano di non essere sufficienti per risolvere i drammi d’amore e di desiderio. L’incontro dei corpi fa un buco negli schermi. Quello che Freud “chiama la sessualità fa buco nel reale”1. 

Questo libro si rivolge a tre tipi di lettori: a clinici che incontrano il digitale nella loro pratica, soprattutto quando si occupano di bambini e adolescenti; a studenti e insegnanti che vogliano sapere qualcosa di più sulle dinamiche inconsce implicate nel ricorso al digitale e soprattutto ai social network; a genitori dei “nativi digitali”, alle prese con le preoccupazioni per lo svolgimento del loro ruolo parentale in un’epoca in cui la connessione a Internet risulta frequente e persino indispensabile. 

Nel primo capitolo, viene descritta la questione dell’oggetto già in gioco nella storia della psicoanalisi, con particolare riferimento allo sguardo nel suo statuto di oggetto. Il declino della società patriarcale probabilmente inesorabile, fa emergere la rilevanza dell’oggetto in psicoanalisi. Proprio alle vicissitudini del concetto di oggetto in psicoanalisi è dedicato il secondo capitolo. 

Nel terzo capitolo, si entra nel merito degli oggetti digitali, cogliendo qualcosa delle loro caratteristiche attraverso la loro storia e il loro funzionamento nel mondo contemporaneo. Un posto speciale viene riservato alle dinamiche d’amore sbocciate sulla scorta di incontri avvenuti sul web. 

Il quarto e ultimo capitolo è quello più clinico: si riferisce all’effetto che la diffusione dei dispositivi digitali ha sulla pratica della psicoanalisi e a degli esempi dell’applicazione degli oggetti digitali nella clinica di orientamento psicoanalitico a proposito di persone con attacchi di panico o con disturbi dello spettro autistico. Per questo, viene proposta una tesi fondamentale sul funzionamento delle sedute online centrate sul campo della parola e del linguaggio, sull’immagine, sul corpo pulsionale e sul transfert rivolto all’oggetto digitale come quarto elemento che annoda gli altri tre.  

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