Disturbi da sintomi somatici e di conversione

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17 settembre, 2024 - 13:51

Roberta Spiga, Costanzo Frau
Studio Psicoterapia e Ricerca Trauma & Dissociazione Associazione DBR Italia
e-mail: deepbrainreorienting@gmail.com

I disturbi da somatizzazione e conversione fanno parte di una categoria diagnostica del DSM- 5, definita disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati (APA, 2013). Questo cluster di disturbi non è sempre stato categorizzato allo stesso modo nel corso dei decenni ma ha subito diverse modifiche nelle diverse edizioni del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM).

La prima classificazione dei disturbi da somatizzazione è da attribuire al DSM III (1980) che le descriveva come delle lamentele somatiche, esagerate, multiple e ricorrenti, della durata di parecchi anni, apparentemente non legate a nessun disturbo fisico di origine medica. Le manifestazioni cliniche si riferivano a sintomi di conversione come paralisi o cecità, fastidi gastrointestinali, difficoltà genitali nella femmina, problemi psico-sessuali, dolori muscolari come mal di schiena e sintomi cardio-polmonari. I disturbi da conversione, invece, venivano descritti come un’alterazione o perdita di funzionamento fisico, collegati all'espressione di un conflitto o di un bisogno psicologico.

I sintomi di conversione riguardavano paralisi, afonia, convulsioni, alterazioni della coordinazione, acinesia, discinesia, cecità, visione a tunnel, anosmia, anestesia e parestesia. Inoltre, il DSM III specificava come i sintomi del disturbo non dovessero essere prodotti intenzionalmente ed essere spiegati con un altro disturbo fisico o meccanismo fisiopatologico conosciuto.

Sia il disturbo di somatizzazione che quello di conversione facevano parte dei Disturbi Somatoformi assieme al disturbo da dismorfismo corporeo, all'ipocondria e al disturbo da dolore somatoforme (APA, 1980).
Nella quarta edizione del DSM, il DSM-IV, le diagnosi precedentemente descritte nel manuale sotto il disturbo somatoforme furono riorganizzate sotto l'ombrello dei cosiddetti disturbi somatici che includevano:

  1. Disturbo di Somatizzazione: indicato come disturbo caratterizzato da molteplici sintomi, con esordio prima dei 30 anni, riguardanti dolore e sintomi gastro- intestinali, sessuali e pseudo-neurologici;
  2. Disturbo Somatoforme Indifferenziato: caratterizzato da lamentele fisiche non giustificate ma che non raggiunge la soglia per la diagnosi di Disturbo di Somatizzazione;
  3. Disturbo di Conversione: sintomi di deficit riguardanti le funzioni motorie volontarie e sensitive non giustificati a livello medico
  4. Disturbo Algico: caratterizzato dal dolore come punto focale principale della alterazione clinica.
  5. Ipocondria: preoccupazione legata al timore o alla convinzione di avere una grave malattia
  6. Disturbo di Dismorfismo Corporeo: preoccupazione riguardante un difetto presunto o sopravvalutato del proprio aspetto fisico;
  7. Disturbo Somatoforme Non Altrimenti Specificato: è stato incluso per registrare i disturbi con sintomi somatoformi che non soddisfano i criteri per nessuno dei Disturbi Somatoformi

Nel DSM 5 (APA, 2013) questa categoria diagnostica viene descritta sulla base dei sintomi e segni positivi, ovvero sintomi somatici accompagnati da pensieri, sentimenti e comportamenti anomali che vengono adottati in risposta a questa sintomatologia.

I principi che sono alla base dei cambiamenti apportati nelle diagnosi del disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati sono fondamentali per comprendere le diagnosi del DSM-5. In questa versione cambia la categorizzazione dei disturbi rispetto al DSM -IV:

  • Disturbo da sintomi somatici
  • Disturbo da ansia di malattia
  • Disturbo da conversione (Disturbo da sintomi neurologici funzionali)
  • Disturbo fittizio
  • Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati con altra specificazione
  • Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati senza specificazione

I criteri delle versioni precedenti attribuivano un'eccessiva importanza alla centralità dei sintomi che non avevano una spiegazione medica. La nuova classificazione definisce, invece, la diagnosi principale, disturbo da sintomi somatici, sulla base di sintomi oggettivi. Rimane la categoria del Disturbo da conversione, che include i sintomi che non hanno una spiegazione medica: in questa diagnosi i sintomi neurologici risultano incompatibili con la fisiopatologia neurologica.

Sebbene sia classificato con i disturbi da sintomi somatici/somatoformi nel DSM-III fino al DSM-5-TR, il disturbo di conversione è classificato come disturbo dissociativo nell'ICD-10, mantenendo la sua lunga associazione con l'isteria (Kanaan et al., 2010; Brown et al., 2007).

I sintomi da conversione includono le pseudoparalisi, pseudocrisi epilettiche, deficit della vista e di altre funzioni sensoriali, disturbi dell'equilibrio e un insieme di disturbi neurologici, transitori e reversibili, dove non è dimostrata una lesione nervosa (Farina e Liotti, 2011).

Le somatizzazioni più comuni, invece, sono caratterizzate da disturbi a carico del sistema gastrointestinale, muscolo-scheletrico e genito-urinario come ad esempio vaginismo, dispareunia, eiaculazione dolorosa, minzione dolorosa (Farina e Liotti, 2011).

Nel loro meccanismo di base, sia i sintomi somatoformi che quelli di conversione possono essere ricondotti ad un processo dissociativo. In effetti fu Freud a distinguere l’isteria di conversione dall’isteria dissociativa per dire che quest’ultima era rarissima o inesistente.

Il DSM successivamente separò i disturbi di conversione dai disturbi dissociativi, inserendo il disturbo di conversione tra i disturbi somatoformi. Utilizzando una categoria arbitraria che li abbraccia entrambi, potremmo dire che i pazienti che presentano sintomi di dissociazione somatoforme sono molti e probabilmente affollano gli studi dei medici di medicina generale richiedendo un consulto medico per uno stato di malessere fisiologico generalmente non riconosciuto dai propri familiari. Questi sintomi non possono essere sicuramente letti tramite un modello medico riduzionista ma possono trovare una spiegazione all'interno di un paradigma più complesso, paradigma che abbraccia l'interazione tra i tre assi psico-neuro-endocrino-immunologico e che considera centrale la relazione mente-corpo (per un approfondimento vedi Anjum et al. 2020; Gonzales-Diaz, 2017; Bottaccioli, 2015).

Per esempio, un tipico sintomo descritto dal paziente come uno sbandamento continuo o la sensazione di perdere l'equilibrio, è l'atasia-abasia. Si tratta di un deficit di origine nervosa che consiste nell'impossibilità o difficoltà a camminare e che causa una riduzione della coordinazione dei movimenti, nella maggioranza dei casi non giustificato da una patologia (come, per esempio, l'ictus). In realtà questo sintomo è molto comune nei quadri dissociativi e veniva descritto in maniera molto dettagliata nei casi di isteria nella letteratura di fine 1800 (Janet, 1889; 1909).

La conversione e tanti altri sintomi somatoformi sono stati chiamati dissociazione somatoforme sulla base di solide prove empiriche. Diversi studi hanno messo in evidenza come questi sintomi fossero fortemente correlati alla dissociazione psicoforme (Nijenhuis, 2000; Nijenhuis et al., 1999) e come i pazienti con sintomatologia somatoforme e anche quelli con diagnosi di disturbo dissociativo presentassero in anamnesi esperienze traumatiche (Saxe et al., 1994; Nijenhuis et al., 2004; Tezcan et al., 2003).

Questi dati spiegherebbero il motivo per cui i termini dissociazione e somatoforme sono tenuti assieme nell'ICD-10 e nella sua versione aggiornata, l'ICD-11.

La manifestazione somatica della dissociazione è probabilmente causata da una perdita di integrazione verticale della componente somatoforme dell'esperienza e rappresentata da varie forme di sintomi pseudo-neurologici che possono includere funzioni quali: l'inibizione motoria o la perdita del controllo motorio, sintomi gastrointestinali, convulsioni, sintomi dolorosi, alterazione nella percezione del dolore (analgesia, anestesia cinestesica) come può succedere nei pazienti che non riescono a riferire lo stato di dolore o mantenere il contatto con lo stato affettivo in conseguenza di un'esperienza traumatica (Bob et al., 2013).

A tal proposito è interessante notare come la regolazione emozionale sfrutti gli stessi circuiti fisiologici che riguardano il dolore fisico. Il dolore viene trasmesso dalla sua origine periferica ad una prima tappa localizzata nella cellula gangliare, in maggioranza tramite le fibre C non mielinizzate e per questo lente, e in misura minore tramite le fibre A-delta caratterizzate da un basso livello di mielinizzazione e definite "semilente". Successivamente il messaggio raggiunge il neurone a livello del ganglio spinale, dove si può verificare un'esaltazione della percezione del dolore tramite la sostanza P o una sedazione per mezzo delle encefaline, per poi raggiungere le corna posteriori del midollo spinale e infine i centri encefalici (talamo, amigdala, giro cingolato, corteccia sensoriale) (Panizon & Barbi, 2010).

Parallelamente si assiste ad una attivazione del sistema anti-nocicettivo che sfrutta come mediatori gli oppiodi endogeni, le endorfine e le encefaline e che forma un circuito dal nucleo accumbens al grigio periaqueduttale (PAG) lungo il midollo per giungere all'interneurone delle radici posteriori e al ganglio spinale (Panizon & Barbi, 2010). Questi circuiti top-down hanno una funzione fondamentale nella regolazione del dolore, assumono un ruolo più complesso durante lo sviluppo ontogenetico e sono implicati nelle manifestazioni sintomatologiche che caratterizzano i pazienti con storie traumatiche cumulative, in cui è evidente la dissociazione somatoforme.

La dissociazione somatoforme si basa sui meccanismi più bassi localizzati nel cervello più profondo, dove il lavoro di miglioramento delle capacità autoriflessive del paziente e la consapevolezza dei suoi stati mentali non riesce ad arrivare.

I pazienti con disturbi da sintomi somatici e nello specifico con disturbi da conversione necessitano per questo di trattamenti integrati che, oltre al lavoro classico portato avanti dalle diverse forme di psicoterapia basate sull'evidenza, preveda un lavoro specifico sul corpo, unico canale di accesso che può permettere una re-integrazione delle memorie somato-sensoriali dissociate.

Bibliografia

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