Abstract da poster 121 a poster 150
p121. Valutazione retrospettiva dei ricoveri in spdc dei soggetti con demenza
C. Cirafisi, G. Bivona, G. Ciaccio, G. Gennaro, S. Speziale,
C. Chimera
SPDC Sciacca, Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento
Il ricovero in SPDC nei soggetti con demenza è ritenuto improprio, tuttavia dati Istat indicano aumentata ospedalizzazione per malattia di Alzheimer 1. Nel presente lavoro abbiamo selezionato retrospettivamente i soggetti con diagnosi principale di demenza, nel periodo compreso fra l’1-4-98 e il 31-12-09, al fine di valutare tasso, modalità di ricovero e antecedenti o comorbidità psichiatriche. Su 2300 ricoveri totali, i soggetti con diagnosi di demenza sono risultati 23 (1%), 15 uomini, 9 donne. I ricoveri in TSO sono stati 10 (44%) quelli volontari 13 (56%). In 12 casi (52%) è presente un disturbo psichiatrico in anamnesi: disturbo bipolare, disturbo delirante, disturbo ossessivo, disturbo di personalità, ritardo mentale. 13 pazienti (56%) si sono ricoverati per condotte aggressive o altri gravi disturbi comportamentali (BPSD). In 3 casi (13%) il ricovero è stato dettato da condizioni di isolamento o degrado personale. I nostri dati indicano che il ricovero in SPDC di soggetti con demenza in rare circostanze rappresenta necessità di contenimento sociale, subita dai Servizi. Nella nostra casistica si rileva un tasso elevato (52%) di antecedenti o comorbidità psichiatriche, rispetto ai dati della letteratura 2.
bibliografia
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aprile 2008. 2 Cooper B, Holmes C. Previous psychiatric history as a risk factors for
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p122. caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti con depressione resistente: risultati preliminari
L. Consentino, N. Bartolommei, F. Luchini, B. Berti,
F. Casamassima, L. Palagini, L. Lattanzi
U.O. Psichiatria II, Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia e Biotecnologie Università di Pisa
introduzione: la sistematica indentificazione delle caratteristiche demografiche e cliniche dei soggetti che sviluppano depressione resistente (DR) è tuttora principale obiettivo di ricerca 1. obiettivi: lo studio si propone di individuare le caratteristiche demografiche e cliniche di un campione di pazienti con DR. Materiali e metodi: sono stati reclutati 57 soggetti con diagnosi di depressione unipolare o bipolare secondo i criteri del DSMIV TR e di DR secondo i criteri di Thase e Rush ≥ I 2 e Massachusetts General Hospital 3. risultati: il campione di pazienti con DR era composto prevalentemente da soggetti di sesso femminile (78,7%) di età media 52 ± 4 anni, con un alto livello di scolarizzazione (49%), coniugate (74,5%), casalinghe (25,5%), impiegate (25%) o pensionate (22%). L’episodio corrente era prevalentemente melanconico (70,2%) ed era molto frequente una comorbidità di asse I con disturbi d’ansia (70,2%), disturbo da attacchi di panico (91%). conclusioni: le caratteristiche demografiche dei soggetti con DR sembrano essere il sesso femminile, alti livelli di scolarizzazione, la mezza età, lo stato civile coniugato, ed un attività di casalinga, impiegata o pensionata. L’esordio del disturbo dell’umore con episodio depressivo, la presenza di una diatesi bipolare, episodio depressivo a caratteristiche melanconiche e la comorbidità di asse I per disturbi d’ansia sembrano essere le caratteristiche cliniche dei soggetti con DR.
bibliografia
1 Gaynes BN. Identifying difficult to treatment depression: differ
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3 Fava M. Diagnosis and definition of treatment-resistant depression. Biol Psychiatry 2003;53:649-59.
p123. psichiatria di consultazione nell’ospedale generale: il ruolo del s.p.U.d.c. dell’aquila dopo il terremoto
S. D’Onofrio, G. Di Emidio, N. Giordani Paesani,
M. Malavolta, A. De Paolis, A. Cavicchio, P. Pomero,
M. Giannangeli, R. Roncone, V. Marola, R. Pollice
Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Scienze della salute, Università dell’Aquila
introduzione: disastri naturali, quali terremoti, possono determinare dei cambiamenti nella richiesta di assistenza della popolazione, dovuta allo sviluppo di sintomi psichiatrici legati al trauma. scopi: obiettivo del nostro studio è quello di valutare le variazioni nella richiesta di consulenze del Pronto Soccorso (PS) prima e dopo il sisma del 6 aprile 2009, verificando se vi sia stata un’eventuale modifica nella domanda di assistenza alla popolazione dopo tale evento.
Materiali e metodi: sono stati inclusi nello studio 996 utenti, afferiti consecutivamente da gennaio 2008 a luglio 2010 al PS dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila, per i quali veniva richiesta ed effettuata una consulenza psichiatrica. Il campione è stato suddiviso in 3 gruppi, distinguendo le consulenze richieste nel periodo compreso tra aprile 2008 e il 5 aprile 2009 (gruppo A, n = 160), le consulenze effettuate per accesso diretto dal Triage Psichiatrico allestito nell’ospedale da campo nel periodo compreso tra il 6 aprile 2009 e giugno 2009 (gruppo B, n = 682) e le consulenze richieste alla nostra U.O. dal Pronto Soccorso nel periodo luglio 2009-luglio 2010 (gruppo C, n = 154). Tutti i soggetti sono stati valutati per diagnosi e provvedimenti attuati. risultati: il numero totale delle consulenze effettuate dalla nostra U.O. nei 15 mesi precedenti al terremoto è pari a 160, mentre nel post-sima le consulenze effettuate sono state 836, di cui 682 nei primi 3 mesi dall’evento e 154 nei successivi 12 mesi. Si è evidenziata una differenza statisticamente significativa (p < 0,005) nel numero di diagnosi poste sia per sintomatologia ansiosa che depressiva nel periodo successivo all’evento. conclusioni: dal nostro studio emerge un notevole aumento di consulenze effettuate dalla nostra U.O. nei 15 mesi successivi al sisma: nei primi 3 mesi soprattutto per sintomatologia ansiosa, mentre dopo tale periodo si è registrato un incremento degli accessi per sintomatologia depressiva.
bibliografia
Boscarino JA, Adams RE, Figley CR. Mental health service use 1-year after the World Trade Center disaster: implications for mental health care. Gen Hosp Psychiatry 2004:26:346-58.
Demiryoguran NS, Karcioglu O, Topacoglu H, et al. Anxiety disorder in patients which non- specific chest pain in the emergency setting. Emerg Med J 2006;23:99-102.
p124. alessitimia, body checking e insoddisfazione corporea in un campione di pazienti affette da anoressia nervosa
D. De Berardis1 2, V. Marasco1, N. Serroni1, L. Olivieri1,
D. Campanella1, T. Acciavatti1 2, M. Caltabiano1,
F. S. Moschetta1, A. Carano3, L. Mancini3, G. Mariani3,
G. Martinotti4, M. Cavuto5, A. Cicconetti6, G. Di. Iorio2,
M. Di Giannantonio2
1 Dipartimento di Salute Mentale, SPDC Ospedale Civile “G. Mazzini”, ASL Teramo; 2 Dipartimento di Neuroscienze ed Imaging, Cattedra di Psichiatria, Università “G. D’Annunzio” Chieti; 3 Dipartimento di Salute Mentale, SPDC Ospedale Provinciale “C.G. Mazzoni”, Ascoli Piceno; 4 Istituto di Psichiatria, Università Cattolica del S. Cuore di Roma; 5 IASM, L’Aquila; 6 Dipartimento di Salute Mentale, Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, Ospedale Civile di Atri (Te)
obiettivi: lo scopo del presente studio è stato quello di valutare le relazioni tra alessitimia, body checking e insoddisfazione corporea in campione di pazienti con diagnosi secondo il DSM-IV di anoressia nervosa. Materiali e metodi: il campione scelto per la valutazione era costituito da 64 ragazze con diagnosi di AN di età media pari a 23,9 anni e con un BMI medio di 16,1 kg/m2. Sono stati impiegati i seguenti questionari: Toronto Alexithymia Scale (TAS-20), Body Checking Questionnaire (BCQ), Body Shape Questionnaire (BSQ), Beck Depression Inventory (BDI), State-trait Anxiety Inventory (STAI). risultati: il 39,1% (n = 25) dei 64 soggetti ottenne punteggi maggiori o uguali a 61 alla TAS-20 e pertanto fu categorizzato come alessitimico. I risultati di un’analisi della covarianza controllando per età, BMI, BDI e STAI, hanno mostrato che gli alessitimici avevano un maggiore body checking rispetto ai non alessitimici come dimostrato dai più alti punteggi al-le BCQ e sottoscale (p < 0,001), così come più alti punteggi alla BSQ (p < 0,001). I risultati di una regressione lineare blockwise con il punteggio alla BSQ come variabile indipendente e tutte le altre variabili considerate come indipendenti (età, BMI, TAS-20 e sottoscale, BCQ e sottoscale, BDI e STAI) hanno evidenziato che le sottoscale Difficulty in Identifying Feelings (DIF) e Difficulty in Describing Feelings (DDF) della TAS-20 unitamente alle sottoscale overall appearance (OA) e idiosyncratic checking (IC) della BCQ erano associate a più alti punteggi alla BSQ e dunque a maggiore insoddisfazione corporea. conclusioni: la presenza di alessitimia sembra associata a una maggiore insoddisfazione corporea e a un maggiore comportamento di body checking nelle pazienti affette da AN. Le implicazioni e le limitazioni dello studio sono discusse nel poster.
p125. riconoscimento e regolazione della rabbia nel paziente affetto da cefalea: qual è il ruolo svolto dalla personalità?
G. De Giorgio*, S. Abu Sharkh*, R. Quartesan**, C. Firenze**
* Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Università di Perugia, Dir. prof. R. Quartesan; ** Sez di Psichiatria, Psicologia Clinica e Riabilitazione Psichiatrica, Università di Perugia, Dir. prof. R. Quartesan
scopi: identificare i fattori psico(pato)logici che correlano con la gestione della rabbia nei pazienti cefalalgici. Materiali e metodi:pz ambulatoriali afferiti nell’ultimo anno all’unità per la clinica e la terapia della cefalea psicosomatica sono stati valutati tramite SCID-II, TCI, TAS-20 e STAXI; la diagnosi di cefalea è stata posta secondo l’ICHD-II. La regressione lineare è stata utilizzata per correlare le diverse variabili. risultati: sono stati arruolati 40 pz, 11 m e 29 f, di età compresa tra 18 e 56 anni (M = 32,43 anni; SD = 10,7). La comorbidità psichiatrica (per patologie di Asse I e di Asse II) è risultata > 50%; nel 22,5% dei casi la cefalea era uno dei sintomi del disturbo psichiatrico. La correlazione ha evidenziato che i disturbi di Asse II correlano direttamente con la rabbia di tratto (Trab) (0,20; p = 0,0314) ed inversamente con il controllo della rabbia (AX/Con) (-0,12; p = 0,0647). La scala C del TCI e la scala STAXI Trab sono strettamente (p < 0,001) correlate in senso negativo. La dimensione temperamentale HA correla direttamente con la TAS (0,62; p = 0,0143) ed in particolare con la sottoscale F1 (mancato riconoscimento delle emozioni) (0,46; p = 0,00147). Infine la TAS e la sua sottoscala F2 (incapacità a verbalizzare le emozioni) correlano fortemente (p < 0,001) con la rabbia rivolta verso l’interno (AX/In).
conclusioni: i dati rivelano che il temperamento ed il carattere incidono profondamente sulla capacità di riconoscere e regolare gli affetti negativi, in particolare la rabbia.
p126. spiritualità e religiosità: coping funzionale e fattori di resilienza nei sopravvissuti al terremoto dell’aquila
I. De Lauretis, I. Santini, F. Serra, R. Roncone
Scuola di Specializzazione in Psichiatria; Dipartimento di Scienze della Salute, Università dell’Aquila
introduzione: in letteratura è riportato che la preghiera, il supporto fornito dalla comunità religiosa e la fede in Dio sono stati identificati, da chi è sopravvissuto ad una catastrofe, come elementi utili per superare i momenti di sconforto. Partecipare alle funzioni religiose o affidarsi alla preghiera inoltre, sono stati associati con una maggiore serenità nell’affrontare le conseguenze negative di un trauma. Scopo dello studio è valutare il grado di religiosità in una popolazione di pazienti ricoverati presso l’SPUDC dell’Aquila un anno e mezzo dopo il sisma del 6 aprile 2009. Materiali e metodi: sono stati intervistati 23 soggetti, di cui 18 maschi e 5 femmine, con età media di 50 anni (ds ± 12,1), ricoverati consecutivamente presso il servizio. I dati demografici sono stati raccolti attraverso un’intervista semistrutturata e la componente religiosa è stata valutata tramite un questionario costruito “ad hoc” composto da 12 items. risultati: il 56,3% del campione ha dichiarato di rivolgersi a Dio per superare i momenti difficili e il 50% fa ricorso alla preghiera per alleviare le proprie sofferenze. I soggetti che, subito dopo il sisma, sono stati ospiti nei campi tenda della città hanno trovato maggior conforto nella religione rispetto a coloro che sono stati dislocati sulla costa (p = 0,002) e nel 68,8% del campione la fede è stata di aiuto nell’accettare e superare le difficoltà incontrate; chi invece ha mantenuto agibile la propria abitazione ha sentito l’esigenza di recarsi di più in chiesa rispetto a coloro che hanno trascorso i primi mesi post-sisma nelle tendopoli (p = 0,025). Il 93,8% ritiene, inoltre, che dare un senso alla vita con ottimismo possa essere di aiuto a riprendere fiducia e speranza dopo una catastrofe. Solo il 12,5% dei soggetti intervistati pensa che il terremoto sia un segno di punizione da parte di Dio per il “cattivo” comportamento degli uomini. conclusioni: il campione ha utilizzato la religione quale supporto per fronteggiare le difficoltà conseguenti una catastrofe naturale come il terremoto, trovando conforto nella preghiera e nella pratica religiosa e identificando soprattutto l’ottimismo e la speranza come risorse preziose per risollevarsi da un evento traumatico.
bibliografia
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Kaplan Z, Matar MA, Kamin R, et al. Stress-related responses after 3 years of exposure to terror in Israel: are ideological-religious factors associated with resilience? J Clin Psychiatry 2005;66:1146-54.
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p127. Meta-analisi dei livelli di leptina nell’obesità e nei disturbi del comportamento alimentare
V. De Luca, F. Panariello, S. Carbone, M. Monda,
G. Muscettola
Clinica Psichiatrica, Università di Napoli “Federico II”
L’obiettivo della presente meta-analisi è quello di combinare tutti gli studi che hanno comparato i livelli di leptina circolante in soggetti sani e soggetti affetti da disturbi alimentari (anoressia, bulimia, binge-eating) o soggetti obesi. Solo gli studi che hanno inclusi soggetti sani sono inclusi nella metanalisi. L’effetto dei fattori demografici (sesso ed età) è stato considerato utilizzando una meta-regressione per accertare l’effetto di tali variabili nei diversi studi. Ulteriori analisi sono state condotte con il BMI che è tra i fattori metabolici con maggiore effetto sulla leptina circolante. La revisione sistematica della letteratura ha prodotto i seguenti risultati: 1013 articoli combinando le key words (obesity/circulating leptin); 42 (anorexia nervosa/ circulating leptin); 14 (bulimia nervosa/ circulating leptin); 16 (binge-eating/ circulating leptin). Per essere inclusi gli studi dovevano specificare la media, la deviazione standard (o errore standard della media) dei livelli sierici di leptina ed il numero di soggetti affetti e soggetti di controllo. Combinando gli studi per categoria diagnostica abbiamo trovato una eterogeneità significativa per cui abbiamo utilizzato unrandom model nella meta-analisi. Molti degli studi inclusi nella meta-analisi concludono che le alterazioni dei livelli di leptina nei disturbi del comportamento alimentare sono indipendenti dalle variazioni del peso corporeo e del BMI.
p128. impulsività e disturbi d’ansia: uno studio caso controllo
A. Del Carlo, M. Benvenuti, S. Rizzato, G. Ceraudo,
M. Fornaro, L. Dell’Osso, G. Perugi
Dipartimento di Psichiatria Neurobiologia Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
La relazione tra ansia e impulsività è controversa. Scopo del nostro studio è valutare l’impulsività in presenza, o meno, di un disturbo d’ansia ipotizzando che l’impulsività: (a) sia maggiore nei pazienti affetti da disturbi d’ansia rispetto ai controlli. A tale scopo 47 soggetti con disturbo d’ansia (disturbo da attacchi di panico, fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo d’ansia generalizzato) e 45 soggetti di controllo reclutati presso gli Ambulatori della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa sono stati sottoposti a valutazione: diagnostica e sintomatologica con la MINI (Mini Neuropsychiary Interview), la BRDMS (Bach Raephelsen Depression and Mania Scale), la STAI-Y (State-Trait Anxiety Inventory), la HCL-32 (Hypomania Check List), il CGI (Clinical Global Impression); temperamentale e personologica con il TEMPS-M (Questionario per il Temperamento Affettivo e Ansioso), la SASI (Separation Anxiety Sensitivity Index), la ISSI (Interpersonal Sensitivity Symptoms Inventory);dell’impulsività con la BIS (Barratt Impulsiveness Scale) e il test neurocognitivo IMT/DMT (Immediate and Delayed Memory Task). Sono state effettuate analisi di confronto caso-controllo. I soggetti con disturbo d’ansia sono risultati più impulsivi rispetto ai controlli in tutte le misure esplorate presentando inoltre punteggi più elevati alle scale sintomatologiche, temperamentali e personologiche. Come ipotizzato, l’impulsività risulta, nella nostra casistica, più elevata nei soggetti affetti da disturbo d’ansia.
p129. impulsività e disturbi d’ansia: il ruolo della ciclotimia
A. Del Carlo, M. Benvenuti, S. Rizzato, N. Mosti,
M. Fornaro, L. Dell’Osso, G. Perugi
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
Scopo di questo studio è valutare se l’impulsività, risultata più elevata in una nostra casistica di soggetti affetti da disturbo d’ansia rispetto a controlli sani, possa essere non correlata alla diagnosi di disturbo d’ansia per sé ma alla comorbidità con il disturbo ciclotimico. Abbiamo valutato 47 soggetti con disturbo d’ansia (disturbo da attacchi di panico, fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo d’ansia generalizzato) e 45 soggetti di controllo con la MINI, la BRDMS, la STAI-Y, la HCL-32, il CGI, il TEMPS-M, la SASI, la ISSI, la BIS e il test IMT/DMT. Il campione iniziale è stato suddiviso in 2 sottogruppi (Ciclo+, n = 26 e Ciclo-, n = 21) in base alla presenza di comorbidità,
o meno, con il disturbo ciclotimico. Per la diagnosi di disturbo ciclotimico abbiamo utilizzato sia i criteri del DSM-IV-TR sia criteri modificati per l’ipomania con soglia di durata di 2 giorni. Sono state effettuate analisi di confronto tra i due sottogruppi e i controlli. I soggetti Ciclo+ sono risultati più impulsivi rispetto ai Ciclo- e ai controlli e caratterizzati da maggiore impegno sintomatologico, elevati punteggi alle scale per il temperamento, elevata sensibilità interpersonale e ansia di separazione. I soggetti Ciclo- sono risultati più impulsivi rispetto ai controlli nelle misurazioni di tratto, ma non nel test neurocognitivo. Come ipotizzato, l’impulsività risulta, nella nostra casistica, più elevata nei soggetti affetti da disturbo d’ansia in particolare se questo concomita con il disturbo ciclotimico.
p130. sviluppo di un questionario per la valutazione dell’esordio psicopatologico e della latenza ai trattamenti (Qep)
B. Dell’Osso, M.C. Palazzo, C. Arici, C. Dobrea, A. Tiseo,
E. Nahum Sembira, F. Colombo, G. Camuri, B. Benatti,
M. Serati, S. Zanoni, F. Castellano, A. Albano, L. Lietti,
M. Buoli, A.C. Altamura
Dipartimento di Salute Mentale (DSM), Università di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano.
introduzione: la latenza ai trattamenti o durata di malattia non trattata (DUI), pare correlarsi negativamente con l’outcome in diversi disturbi psichiatrici secondo differenti studi. Poco si sa, tuttavia, sui fattori (ad es. attitudini dei familiari e del clinico, organizzazione dei servizi territoriali, profilo specifico dei sintomi, ecc.) che determinano una diversa latenza ai trattamenti. Inoltre, ad oggi, la maggior parte delle informazioni legate all’esordio e alla latenza ai trattamenti (in termini di durata, familiarità, fattori stressanti precipitanti, decorso, primi contatti e trattamenti più o meno specifici) non è specificamente investigata dai comuni strumenti diagnostici e psicometrici, derivando perlopiù dall’analisi retrospettiva delle cartelle, implicando possibili bias. In questa prospettiva, il DSM della Fondazione IRCSS Ca’ Granda di Milano ha sviluppato un breve questionario per valutare l’esordio e la latenza ai trattamenti dei disturbi psichiatrici. Scopo del presente studio è da un lato descrivere il suddetto questionario, quale strumento attendibile, conciso e specifico per la raccolta di informazioni relative all’esordio sintomatologico e ai primi trattamenti, dall’altro di valutarne l’attendibilità, l’idoneità ed eventuali criticità. Materiali e metodi: il questionario, eterosomministrato, si sviluppa in due brevi sezioni, oltre ad una sezione anagrafica, incentrate rispettivamente sull’esordio sintomatologico (data, natura, durata, eventuale presenza di eventi stressanti) e sul primo trattamento (data, tipo, durata, contesto). Il questionario è stato somministrato ad un campione di 85 pazienti, di ambo i sessi, con qualsiasi diagnosi psichiatrica, di età compresa fra 18 e 82 anni (M = 36,6%, F = 63,4%), nell’ambito di un breve colloquio clinico. risultati: il questionario è stato accolto favorevolmente dai pazienti. Il tempo di somministrazione medio è stato di circa 10 minuti. L’età media del campione è stata di 50,33 anni, le diagnosi più frequenti sono state depressione maggiore 51,5%, disturbo d’ansia generalizzato 14,7%, disturbo di panico 8,8%, disturbi psicotici 7,4%, disturbo bipolare 5,9% e disturbo ossessivo compulsivo 4,4%. La latenza media al primo contatto è stata di 34,53 mesi, quella al primo trattamento farmacologico assoluto è stata di 64,62 mesi e la latenza al primo trattamento farmacologico adeguato di 68,22 mesi. Tra i determinanti di una maggiore latenza sono stati riscontrati lo scarso insight (51,9%) e la resistenza del paziente (22,2%). conclusioni: in un primo gruppo di 85 pazienti con differenti disturbi psichiatrici, il QEP si è dimostrato un strumento rapido, di semplice somministrazione e specifico per la raccolta di informazioni relative all’esordio sintomatologico e alla latenza ai primi trattamenti.
p131. correlazioni tra sintomi ossesivo-compulsivi sessuali e suicidalità in pazienti con disturbi dell’umore e soggetti di controllo
L. Dell’Osso, M. Carlini, C. Socci, I. Pergentini, M. Corsi, E Massimetti, D. Cesari, C. Carmassi
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia, Università di Pisa
introduzione: i disturbi dell’umore sono associati ad un elevato rischio suicidario che può essere ulteriormente aggravato dalla presenza di comorbidità per disturbi d’ansia. I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo sono stati storicamente considerati a basso rischio suicidario ma studi recenti sono controversi 1. Ad oggi, non sono riportati in letteratura studi sull’impatto di sintomi ossessivo-compulsivi (OC) sessuali sottosoglia sulla suicidalità in pazienti con disturbi dell’umore. Scopo di questo studio è valutare la frequenza di sintomi OC in pazienti con disturbo bipolare I (DB) e depressione unipolare (DU) rispetto a controlli sani e indagare la loro relazione con la suicidalità.
Materiali e metodi: 149 pazienti (61 DB e 88 DU) e 102 controlli sani (C), reclutati nell’ambito di uno studio multicentrico nazionale coordinato dalla clinica psichiatrica dell’Università di Pisa, sono stati valutati mediante: SCID-I/P, BPRS, OBS-SR 2, MOODS-SR3. risultati: un numero significativamente superiore di sintomi sessuali OC sono stati riscontrati in pazienti con DB e DU rispetto ai C. Correlazioni significative sono emerse tra alcuni di questi sintomi e la suicidalità sia nei controlli che nei pazienti, in questi ultimi anche controllando per l’impatto della gravità della patologia sia in atto che lifetime. conclusioni: l’indagine di sintomi sessuali OC in pazienti con DB e UD sembra essere rilavante per individuare fenotipi ad elevato rischio suicidario. Interessante è il riscontro di una correlazione tra sintomi sessuali OC e suicidalità anche in soggetti sani.
bibliografia
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SR) instrument. Compr Psychiatry 2002;43:69-73.
p132. ptsd di asse i e parziale in 512 giovani adulti sopravvissuti al terremoto dell’aquila nel 2009: differenze di genere
L. Dell’Osso, C. Carmassi, E. Massimetti, C. Socci,
C. Capanna, P. Stratta, A. Rossi
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia, Università di Pisa
introduzione: i terremoti rappresentano uno dei più frequenti tra i disastri naturali che possono coinvolgere varie popolazioni e numerosi studi hanno indagato lo sviluppo di psicopatologia, in particolare di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) a seguito dell’esposizione a questi eventi 1. Il 6 aprile 2009 la città de L’Aquila è stata colpita da un terremoto di magnitudo 5,9 della scala Richter che ha portato alla morte di circa 309 persone e al ferimento di oltre 1600 con 65000 gli sfollati. Materiali e metodi: lo scopo di questo studio è indagare la prevalenza del PTSD, sia di Asse I che parziale, in 512 studenti all’ultimo anno di scuola superiore, 10 mesi dopo il terremoto. In accordo con la letteratura il PTSD sottosoglia è definito dalla presenza dei sintomi dei Scriteri B, e o C o D del DSM-IV per la diagnosi di PTSD 2. Abbiamo studiato le differenze di genere nella sintomatologia presentata. Le valutazioni includono: il Trauma and Loss Sprectrum Self Report (TALS-SR) 3 e l’Impact of Event Scale (IES).risultati: i risultati mostrano la presenza di una diagnosi di PTSD in 192 (37,5%) soggetti, con punteggi significativamente più alti (p = ,000) nelle donne rispetto agli uomini. Inoltre, 153 soggetti (29,9%) riportano una diagnosi di PTSD parziale. Un maggior numero di sintomi del PTSD si riscontra tra le donne. conclusioni: i nostri risultati, in accordo con la letteratura, mostrano elevati tassi di PTSD pienamente espresso e parziale nel campione di adolescenti sopravvissuti al terremoto, con percentuali maggiori nelle donne.
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p133. Quetiapina a rilascio prolungato in add on o litio in add on in pazienti con disturbo depressivo maggiore resistenti al trattamento
L. Dell’Osso*, G. Montagnani, G. Trespi**, M. Bauer***, per il Ruby Study Group
*Psychiatry Unit, Department of Psychiatry, Neurobiology, Pisa, Italy, Department; ** R&D AstraZeneca Italy; *** Department of Psychiary and Psychoterapy Technische Universitatät Dresde Fetscherstr. Germany
Fino al 50% dei pazienti con disturbo depressivo maggiore (MDD) non risponde adeguatamente alla terapia di prima linea 1. I pazienti con MDD resistente al trattamento sono un problema sanitario significativo e un’importante sfida clinica 2 Ci sono evidenze che l’aggiunta di un antipsicotico è una delle opzioni terapeutiche per la gestione dei pazienti con MDD resistente al trattamento 3. Obiettivo di questo studio (D1443L00044// NTC00789854) è stato confrontare l’efficacia di un trattamento con QTP-RP + AD vs. litio + AD e di QTP-RP in monoterapia vs. litio + AD in pazienti con MDD resistente al trattamento. Lo studio, multicentrico, randomizzato, in aperto, con rater in cieco, della durata di 6 settimane, prevedeva l’arruolamento di pazienti con MDD resistente (Stage 1 e 2) con un punteggio totale alla Montgomery-Asberg Depression Rating Scale (MADRS) ≥ 25. I pazienti sono stati randomizzati a: QTP-RP 300 mg/day + AD (SSRIs or venlafaxina) litio + AD o QTP-RP (300 mg/die) in monoterapia. La variabile prima ria di efficacia è stata la variazione del punteggio totale della MADRS rispetto al basale. 688 pazienti sono stati randomizzati ed i risultati hanno mostrato che QTPXR+ AD and QTP-XR in monoterapia non sono inferiori al litio+ AD, le differenze (IC al 97,5%) delle medie dei minimi quadrati (LSM) del punteggio MADRS erano rispetto al basale -2,32 (da -4,6 a -0,05) e -0,97 (da -3,24 a 1,31). Un’analisi post-hoc ha evidenziato che la variazione LSM del punteggio totale MADRS era significativa ai gg. 4 e 8 per quetiapina RP + AD (p < 0,01 ad entrambi i tempi) e QTP-RP in monoterapia (p < 0,01 e p < 0,05 rispettivamente) vs. litio + AD con una differenza significativa anche al gg 22 per QTP-RP + AD (p < 0,001) vs. litio + AD. L’analisi post-hoc sulla variazione del punteggio MADRS dal basale a 6 settimane ha dimostrato una superiorità significativa per quetiapina RP +AD vs. litio + AD (p = 0,0489).
bibliografia
1 Rush AJ. Limitations in efficacy of antidepressant monotherapy. J Clin Psychiatry 2007;68(Suppl 10):8-10.
2 Nemeroff CB. Prevalence and management of treatment-resistant depression. J Clin Psychiatry 2007;68(Suppl 8):17-25.
3 Barbee JG, Conrad EJ, Jamhour NJ. The effectiveness of olanzapine, risperidone, quetiapine, and ziprasidone as augmentation agents in treatment-resistant major depressive disorder. J Clin Psychiatry 2004;65:975-81.
Studio sponsorizzato da AstraZeneca.
p134. efficacia di quetiapina a rilascio prolungato vs. risperidone nel trattamento dei sintomi depressivi in pazienti con schizofrenia o disturbo schizoaffettivo
M. Di Fiorino* G. Montagnani**, G. Trespi** per l’Ex Attitude Study Group
* Osp. Della Versilia-Lido di Camaiore; ** AstraZeneca R&D Italy
I sintomi depressivi sono associati ad un outcome negativo, aumentato rischio di recidive e elevate percentuali di suicidio in pazienti con schizofrenia o disturbo schizoaffettivo 1. Obiettivo di questo studio comparativo, randomizzato in aperto per gruppi paralleli (NCT00640562) è stato valutare se QTP-RP era non inferiore a risperidone nel trattamento dei sintomi depressivi. La variabile primaria è stata variazione dal basale alla 12° settimana dello score totale della Calgary Depression Scale for Schizophrenia (CDSS) 2. Il range di dosaggio utilizzato è stato: 400-800 mg per QTP RP (dosaggio medio 581, DS 134,8) e 4-6 mg per risperidone (dosaggio medio 4,58, DS 1,04). Randomizzati un totale di 216 pazienti; 210 valutati per la sicurezza e 171 per PP (86 QTP- RP e 85 risperidone). L’obiettivo primario è stato raggiunto: la riduzione dello score di CDSS per QTP-RP è stato di 8,42 punti, 2,24 punti maggiore di quella per risperidone, 6,17 punti, inoltre, l’IC al 95% è stato superiore a zero pertanto QTP-RP può essere considerata superiore a risperidone. I risultati dell’analisi della varianza infatti evidenziano un effetto significativo del trattamento con QTP-RP sia per PP, p = 0,0029 sia per ITT, p = 0,0107 (QTP-RP 7,31, risperidone 5,53, 1,77 maggiore vs. risperidone). Questi dati sono confermati anche dalla riduzione statisticamente significativa dello score della PANSS per i sintomi negativi p < 0,0001 (QTP-RP da 27,99 a 18,64, risperidone da 26,88 a 21,22) e dalla riduzione dello score della scala HAM-D (QTP-RP 30,85 e risperidone 24,42) p = 0,0018. In corso di trattamento si è registrato un decremento dei valori dei prolattina nel gruppo QTP-RP e un incremento per risperidone (QTP-RP 0,93% e risperidone 9,71%), p < 0,0001).
bibliografia
1 Siris SG. Depression and schizophrenia? In: Hirsch SR, Weinberger
DR, editors. Schizophrenia. Cambridge, MA: Blackwell Science Ltd
Oxford 1995, pp. 128-45.
2 Addington D, Addington J, Schissel B. A depression rating scale for
schizophrenics. Schizophr. Res, 1990;3:247-51. Studio Sponsorizzato da AstraZeneca.
p135. funzione strategica del spUdc nell’assistenza alla popolazione esposta al sisma dell’aquila: variabili cliniche e funzionali nei pazienti ricoverati
S. Di Mauro, A. De Paolis, R. Roncone, M. Giannangeli,
P. Pomero, R. Pollice, V. Marola
Servizio Psichiatrico Universitario Diagnosi e Cura, Servizio SMILE, Dipartimento di Scienze della Salute, Università dell’Aquila
introduzione: molti studi sono concordi nell’affermare che l’impatto di un disastro sullo stato di salute psicologico e psicosociale nelle vittime è grave sia a breve sia a lungo termine 1 2 . Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare nei soggetti ricoverati presso il SPUDC dell’Aquila successivamente al sisma del 6 aprile 2009, lo stato psicopatologico, la presenza di una sintomatologia secondaria al sisma, le strategie di fronteggiamento adottate, le correlazioni tra le variabili considerate e la sintomatologia stessa. Materiali e metodi: sono stati arruolati 83 soggetti ricoverati consecutivamente presso il SPUDC dell’Aquila e valutati all’ingresso in reparto tramite colloquio clinico ed i seguenti test standardizzati: Brief Psychiatric Rating Scale 4,0 (BPRS 4,0), Impact of Events Scale (IES), Positive And Negative Symptom Scale (PANSS), Stanford Acute Stress Reaction Questionnaire(SASRQ), General Health Questionnaire-12 (GHQ-12), Brief Cope (BC) ed un questionario specifico relativo all’esperienza del sisma. risultati: il campione è stato suddiviso in due gruppi: esposti (ES) e non esposti (NES) al sisma. Alla BPRS e alla PANSS non sono emerse differenze tra i due gruppi. Il gruppo ES presentava valori maggiori alla IES totale e in tutte tre le sotto-dimensioni (p < 0,05). Alla SASRQ non sono emerse differenze tra i due, pur presentando i soggetti ES valori maggiori alle sotto-dimensioniiperarousal e dissociazione. In entrambi i gruppi il GHQ12 era > 20, indicativo di un moderato grado di stress percepito. I soggetti ES avevano adottato strategie di fronteggiamento “positive” (“supporto strumentale”,” affrontare operativamente” ed “accettazione”). All’interno del gruppo ES si è voluto indagare la presenza di eventuali correlazioni tra la sintomatologia presentata e diversi fattori di rischio ed è emerso che: le femmine presentavano valori più elevati sia alla IES sia alla SASRQ (p > 0,05). In base alla diagnosi, i soggetti con depressione maggiore avevano valori maggiori al GHQ-12 (p < 0,05), quelli con schizofrenia alla IES presentavano valori più elevati alla dimensione evitamento e valori minori alla dimensione iperarousal. Valori maggiori alla sottodimensioneiperarousal erano presenti nei soggetti ospitati presso i campi tenda ed in quelli la cui abitazione era inagibile (p < 0,05). I soggetti ricoverati ad aprile presentano valori maggiori al GHQ rispetto a quelli ricoverati nei mesi successivi (p < 0,05), al contrario i valori alla IES tendono ad aumentare nei soggetti ricoverati nei mesi successivi. I maschi utilizzavano maggiormente come strategie dicoping: ristrutturazione positiva e supporto strumentale (p < 0,05), i soggetti con schizofrenia “disimpegno comportamentale” e “negazione”. conclusioni: dal nostro studio, in accordo con i dati presenti in letteratura, emerge la presenza di una importante sintomatologia ansiosa e di iperarousal nei soggetti esposti al sisma rispetto a quelli non esposti. Tale sintomatologia tende a peggiorare nel tempo, come dimostrano i valori alla IES. Fattori quali il sesso femminile, la diagnosi, l’inagibilità dell’abitazione e le strategie
di coping impiegate sembrano essere variabili in grado di influenzare la sintomatologia presentata 3.
bibliografia
1 Katz CL, Pellegrino L, Pandya A, et al. Research on psychiatric outcomes and interventions subsequent to disasters: a review of the literature. Psychiatry Res 2002;110:201-7.
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p136. centri di riabilitazione di persone con disabilità psico-fisica: diffusione di malattie infettive
G. Fanara1, E. Mezzatesta2, A. Nicaotina3, M. Donnina4,
L. Sorrenti5, S. Delia6 P. Laganà6, G. Cannavò6,
L. Melcarne6
1 Psichiatra, dottoranda XXIV Ciclo in Igiene e Sanità pubblica, Università di Messina; 2 Medico, psicologo clinico; 3 Psichiatra, dottorando XXIV Ciclo in Scienze psichiatriche; 4 specializzanda IV anno psicologia clinica; 5 Psicologo; 6 Dipartimento di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica “R. De Blasi”
introduzione: i pazienti portatori di disabilità psichico-fisica, soprattutto se ospitati in comunità riabilitative, sono maggiormente esposti alla diffusione di malattie infettive comunitarie. Frequentemente la diffusione di alcune malattie infettive è maggiore in comunità che ospitano soggetti affetti da ritardo men-tale e sono stati proposti diversi piani di vaccinazione. Scopo della ricerca è quello di valutare l’incidenza di malattie infettive tra le persone con disabilità psico-fisica. Materiali e metodi: dei pz ricoverati sono stati inclusi nello studio solo quelli che erano affetti da S. di Down, ritardo mentale grave (RM) e s. alterazione globale. I 40 pz sono stati sottoposti
a: indagini sierologiche, consulenza dermatologica e sono state inoltre studiate variabili demografiche. risultati: l’età media è di 42,6 ± 9,8 anni; 15 (37,5%) donne e 25 (62,5%) maschi. Nove soggetti (22,5%) erano affetti da Sindrome di Down, 28 (70%) da RM e 3 (7,5%) da s. da alterazioni globali. La degenza media presso l’Anffas è stata di 254,7 ± 121 mesi e lo stato socio-culturale dei tutori è risultato basso nel 27,5%, medio-alto nel 70%. Nel campione in esame è stata fatta diagnosi di pediculosi nel 5% dei casi e micosi nel 15% dei casi. In riferimento alle malattie infettive non stati fatti approfondimenti diagnostici per mancanza di sospetti clinici. conclusioni: alla luce di quanto emerso tutti i soggetti, ospitati presso strutture di riabilitazione psico-fisiche, andrebbero parimenti sottoposti ad un attento screening di malattie infettive.
p137. relazione tra attività prefrontale durante working memory e schizotipia in soggetti sani e fratelli non affetti di pazienti con schizofrenia
L. Fazio* **, M. Lozupone*, M. Mancini*, P. Taurisano*,
B. Gelao*, R. Romano*, T. Quarto*, A. Porcelli*,
A. Di. Giorgio* **, A. Incampo*, V. Petrera*, G. Blasi*,
M. Nardini*, A. Bertolino*
*
Gruppo di Neuroscienze Psichiatriche, Università di Bari; **IRCSS “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni Rotondo (FG)
Studi condotti in fratelli non affetti di pazienti con schizofrenia, hanno riportato un pattern comportamentale e di attività cerebrale, durante working memory (WM), intermedio tra quello espresso dai soggetti sani e quello presente in pazienti. In tali soggetti, inoltre, è rilevata una maggiore presenza di tratti schizotipici associati a deficit cognitivi. Obiettivo dello studio, condotto con fMRI, è stato valutare se le eventuali differenze di attività cerebrale durante WM in fratelli non affetti rispetto a controlli sani, potessero essere messe in relazione alla presenza di tratti schizotipici. 47 soggetti [23 fratelli: 16 M, età (media ± sd) = 37,6 ± 9,9, QI = 97,9 ± 18,7, contesto socioculturale di origine (Hollingshead) = 29,8 ± 18,3; 24 controlli sani: 10 M, età = 28,0 ± 6,1, QI = 106,4 ± 9,6, Hollingshead = 36,5 ± 13,8] hanno svolto un compito di WM a carichi crescenti (N-Back task) durante fMRI. L’analisi dei dati fMRI ha mostrato una interazione tra gruppo sperimentale e carico di WM in corteccia prefrontale dorso-laterale (DLPFC) di destra e ventro-laterale di sinistra. L’analisi di correlazione tra il segnale BOLD in tali aree ed i livelli di schizotipia misurati con lo “Schizotypal Personality Questionnaire” (SPQ) ha mostrato, nell’intero campione, una correlazione negativa tra schizotipia ed attività della DLPFC destra (p = 0,04). Questi dati mostrano la rilevanza di fattori genetici alla base delle alterazioni della funzionalità cerebrale durante compiti cognitivi e suggeriscono come tali differenze possano essere messe in relazione alla presenza di tratti schizotipici.
p138. ansia, stili di coping e danno campimetrico in pazienti con glaucoma cronico ad angolo aperto
L. Ferraro*, R. Morreale Bubella**, D. Morreale Bubella**,
R. Rizzo***, D. La Barbera*
*Sezione di Psichiatria, ** Sezione di Oftalmologia, Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Università di Palermo; *** Dipartimento di Scienze Pedagogiche e Psicologiche, Università di Messina
introduzione: tra i fattori di rischio per l’insorgenza e per la prognosi del glaucoma cronico ad angolo aperto (GCAO), scarsa attenzione è stata rivolta al ruolo degli stress psicofisiologici, nonostante la comprovata influenza degli stessi sulla pressione intraoculare (IOP), che rappresenta uno dei più forti fattori di rischio (Shily, 1987; Kaluza, 1996; Brody, 1999). scopi: valutare nei soggetti con GCAO la presenza di danno campimetrico in relazione ad ansia di stato, ansia di tratto e stili di coping. Materiali e metodi: sono stati osservati 50 soggetti (M: 16; età media 63,42, SD = 12,9) affetti da GCAO in trattamento farmacologico. Dopo esame oftalmologico completo, ai soggetti sono stati somministrati lo State-Trait Anxiety Inventory (Spielberger, 1970) e il Brief Cope (Carver, 1997). risultati: il danno al campo visivo (GSS2), presenta una correlazione negativa significativa con la scala delBrief-cope “Ristrutturazione positiva” (p = 0,024, sig. < 0,05), che a sua volta correla negativamente con l’ansia di tratto (p < 0,01, sig. < 0,01), con l’ansia di stato (p = 0,01, sig. < 0,01) e con l’età (p = 0,024, sig. < 0,05). È presente inoltre una correlazione positiva significativa tra l’aumento dell’età e l’aumento dell’ansia di stato (p < 0,01, sig. < 0,01). Correlazioni significative apprezzabili sono state riscontrate tra ansia di tratto e stili di coping disadattavi. conclusioni: un danno campimetrico di maggiore entità risulta associato a modalità disadattive di gestione delle situazioni stressanti, con ricadute sulle reazioni d’ansia. Ciò suggerisce (nonostante l’esiguità del campione) che specifici pattern di stili di coping, modulando la risposta allo stress, possano costituire fattori di rischio per la prognosi della patologia.
bibliografia
Brody S, Erb C, Veit R, et al. Intraocular pressure changes: the influ-
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Carver CS. You want to measure coping but your protocol’s too long:
Consider the Brief COPE. Int J Behav Med 1997;4:92-100.
Kaluza G, Strempel I, Maurer H. Stress reactivity of intraocular pressure
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Shily BG. Psychophysiological stress, elevated intraocular pressure, and
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Spielberger CD, Gorsuch RL, Lushene RE. Manual for the State-Trait Anxiety Inventory. Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press 1970.
p139. la stimolazione transcranica a corrente diretta nel trattamento della depressione grave farmacoresistente: un protocollo di dieci giorni di trattamento
R. Ferrucci1 2, E. Scelzo1, A. Priori1 2, M. Bortolomasi3,
M. Giacopuzzi4
1 Centro Clinico per la Neurostimolazione, le Neurotecnologie ed i Disordini del Movimento, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano; 2 Università di Milano, Dipartimento di Scienze Neurologiche, Milano; 3 Unità Operativa di Psichiatria, Ospedale Villa Santa Chiara, Verona
La stimolazione transcranica con correnti dirette (tDCS) è una metodica di neuromodulazione non invasiva che consiste nell’applicazione sullo scalpo di corrente continua di bassa intensità non percepibile dal soggetto stimolato e che determina prolungate modificazioni funzionali del sottostante tessuto nervoso. Dati in letteratura hanno dimostrato che pazienti con depressione grave farmaco resistente, sottoposti ad un trattamento di 5 giorni con tDCS in corrispondenza della corteccia prefrontale dorso laterale, hanno avuto un miglioramento di circa il 30% della sintomatologia depressiva. Nel presente studio abbiamo verificato se l’utilizzo della tDCS per dieci giorni possa produrre risultati migliori sulla depressione. 15 pazienti con depressione maggiore grave, farmaco resistente ospedalizzati sono stati sottoposti a tDCS (Corteccia Prefrontale Dorsolaterale), due volte al giorno a distanza di 4h, per 10 giorni (intensità: 2 mA, 20 minuti, anodo sinistro, catodo destro). I pazienti sono stati valutati con il Beck Depression Inventory (BDI) e la Visual Analogue Scale (VAS: felicità, tristezza, ansia, umore): prima dell’inizio del trattamento (T0) ed alla fine dei 10 giorni di trattamento (T1). Dieci giorni di tDCS hanno prodotto un miglioramento significativo del 40% del BDI [(media ± SEM) T0: 29,1 ± 3,5; T1: 19,4 ± 3,7, p < 0,01] e delle VAS per la felicità (p < 0,01) per la tristezza e per l’ansia (p < 0,05). Nessuno ha riportato effetti collaterali. In conclusione, anche se sono ancora necessari studi controllati in doppio cieco su ampie casistiche, i nostri risultati ed i dati ad oggi disponibili in letteratura indicano che la tDCS è una potenziale strategia terapeutica complementare ed adiuvante nella malattia depressiva grave farmacoresistente. Il trattamento per dieci giorni sembrerebbe più efficace di quello per 5 giorni.
p140. effetti autonomici della scrittura espressiva: uno studio sperimentale controllato randomizzato
G.M. Festa
Scuola di Specializzazione in Psicoterapia e Psicosomatica dell’Ospedale “Cristo Rè”, Roma
introduzione: quando un’esperienza stressante o traumatica è trattenuta dal silenzio numerose possono essere le modificazioni psico-biologiche che ne derivano. Fra queste, si può assistere ad un disfunzionamento a carico del sistema nervoso autonomo (Pennebaker et al., 1987). Alcuni Autori suggeriscono che un’inibizione emozionale cronica possa indurre una bassa attivazione del tono vagale con conseguente incremento dell’azione simpatica ed un abbassamento della Heart Rate Variability
-HRV (Horsten et al., 1999). Ne deriverebbe un innalzamento della frequenza del battito cardiaco (numero di battiti al minuto) e disequilibri neurovegetativi. La scrittura espressiva si è dimostrato un utile mezzo di trattamento dei vissuti derivanti da esperienze di vita stressanti ed in grado di favorire modificazioni in senso salutogenetico. Materiali e metodi: lo studio è stato condotto con modalità in triplo cieco su 64 soggetti: la metà di questi ha descritto l’esperienza più traumatica della propria vita e l’altra metà ha trattato un evento a connotazione neutra. I compiti di scrittura hanno avuto una durata quotidiana di 20 minuti e si sono sviluppati durante 3 giorni consecutivi. Si sono effettuate in fase basale, dopo il terzo giorno e dopo 1 mese rilevazioni di diversi parametri fisiologici: frequenza cardiaca (n. di battiti al minuto), Low Frequency (LF), High Frequency (HF), Very Low Frequency (VLF). I punteggi delle sottobande di frequenza (VLF, LF, HF) sono state esaminate nella loro espressione logaritmica. Per analizzare gli effetti della scrittura espressiva, in relazione ai diversi parametri considerati, fra i gruppi (Gruppo Sperimentale vs. Gruppo di Controllo) e nei tre differenti tempi (base-line, 3 giorni, 1 mese), le variabili sono state analizzate attraverso l’analisi della varianza (ANOVA per misure ripetute a 2 vie). Le ipotesi specifiche sono state successivamente analizzate attraverso la verifica dei test post-hoc (Test LSD). risultati: in questo trial randomizzato e controllato sono stati riscontrati diversi cambiamenti in seguito all’intervento di scrittura espressiva su parametri di natura fisiologica. Nello specifico la riduzione, dopo un mese dal trattamento, dei valori della frequenza cardiaca (M = 80,09 vs. M = 73,24; p < ,005) e della VLF (M = 7,34 vs. M = 6,78; p < ,01), selettivamente al gruppo sperimentale, rinforza l’ipotesi iniziale che assegnava alla traduzione in parole scritte di eventi a connotazione stressante e/o traumatica un importate fattore salutare. Dato che le frequenze VLF sembrerebbero mediate simpaticamente (Gevirtz, 2000), un abbassamento di tale indice potrebbe leggersi come un minore livello di arousal fisiologico. Sulla stessa linea una diminuzione del numero dei battiti cardiaci al minuto può es-sere letta come derivante da un maggior stato di rilassamento percepito dai soggetti che trattano le tematiche ad alta connotazione emozionale. La scrittura espressiva, infatti, contrasta il fenomeno di un alterato arousal fisiologico indotto dall’inibizione emozionale che, in mancanza di esperienze “espressive”, può tradursi nell’incremento dell’azione della divisione simpatica a scapito di quella parasimpatica. La diminuzione del numero di battiti al minuto e della very low frequency in questo studio, anche se per una percentuale potrebbe essere legata ad un fenomeno d’abituazione, per la restante e significativa parte dipende dall’introduzione dell’intervento di scrittura. conclusioni: descrivere per iscritto un evento stressante o traumatico significa definire, organizzare e strutturare una sofferenza, combattere meccanismi di difesa, come l’inibizione che richiede l’investimento di elevate quote di energia psichica e fisiologica. Il processo di scrittura, come abbiamo avuto modo di confermare con questo studio, promuove l’insorgere di un funzionamento più adattivo nella risposta biologica, coinvolgendo il sistema nervoso vegetativo. I risultati di questo lavoro intendono da un lato sollecitare interventi di prevenzione nella gestione della salute psicofisica, dall’altro suggerire ulteriori investimenti tesi ad indagare l’efficacia terapeutica di tale tecnica espressiva nelle condizioni non raggiungibili dalle classiche metodiche d’intervento psicoterapeutiche e farmacologico, o come supporto a queste. Ulteriori ricerche dovranno essere indirizzate a replicare su campioni di maggior numerosità questi risultati ed analizzare l’andamento di tali parametri fisiologici in follow-up di più lunga durata.
bibliografia.
Gevirtz R. Resonant frequency training to restore autonomic homeostasis for treatment of psychophysiological disorders. Biofeedback 2000;27:7-9.
Horsten M, Ericson M, Perski A, et al. Psychosocial factors and heart
rate variability in healthy women. Psychosom Med 1999;61:49-57. Pennebaker JW, Hughes CF, O’Heeron RC. The psychophysiology of confession: linking inhibitory and psychosomatic processes. J Pers Soc Psychol 1987;58:528-37.
p141. il corpo negato: contenimento emotivo e confini confusi di sé. tre casi di binge eating disorder
A. Filippo, S. Mammolenti, F. Zottola, D. Tocci,
P. De Pasquali, G. Marchese, E. Barrese, A. Filippo,
M. Mammolenti
DSM-U.O.C: SPDC, AS Provinciale di Cosenza
L’eccesso ponderale nei soggetti la cui caratteristica psicopatologica principale è rappresentata dalla perdita di controllo sul cibo, ha determinato l’introduzione di una categoria nosografi-
ca dei disturbi dell’alimentazione, definita Binge Eating Disorder (BED). Negli ultimi anni, numerosi modelli psicopatologici hanno messo in evidenza i fattori che possono favorire l’insorgenza ed il mantenimento dei fenomeni caratterizzati dalla perdita di controllo sul cibo. In particolare è stata sottolineata l’importanza del rapporto che esiste tra la restrizione alimentare e la perdita del controllo sul cibo, così come l’importanza della emotional eating nella modulazione del rapporto tra cibo e vissuti emotivi. Il BED è un disturbo che condivide aspetti psicopatologici con altri disturbi alimentari, spesso associato all’obesità. Lo studio della personalità e delle modalità difensive del soggetto affetti da BED, appare essenziale per la definizione della etiologia e della sintomatologia, al fine di poter programmare un protocollo terapeutico e definirne gli aspetti prognostici. In letteratura scientifica è stato dimostrato che una adeguata conoscenza della personalità del soggetto con BED, favorisce una specifica progettualità terapeutica, una riduzione delle complicanze mediche e dei disturbi psichiatrici, nonché riduce i rischi di drop-out. Nel nostro lavoro sono stati presi in considerazione cinque casi afferenti al nostro ambulatorio, affetti da condotte alimentari caratterizzate da episodi di “abbuffate” con sovrappeso ed obesità, con una diversa sintomatologia: ansia, depressione e vissuti depressivi, comportamenti fobici ed ossessività, trattati per un arco di tempo compreso tra dodici e diciotto mesi, con terapia farmacologica e psicoterapia individuale ad indirizzo dinamico.
p142. il carico familiare nella depressione maggiore: uno studio multicentrico in 30 csM italiani
A. Fiorillo, H.G. Del Vecchio, C. De Rosa, C. Malangone,
V. Del Vecchio, D. Giacco, M. Luciano
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN
Il carico familiare, cioè le conseguenze pratiche (carico oggettivo) e psicologiche (carico soggettivo) legate al prendersi cura di un congiunto malato, è un fenomeno ampiamente conosciuto nella schizofrenia, ma poco esplorato nei disturbi affettivi. In questo studio abbiamo inteso valutare, in 324 familiari-chiave di pazienti con depressione maggiore afferenti a 30 centri di salute mentale italiani, selezionati in maniera randomizzata e stratificati per area geografica e densità di popolazione: 1) i livelli di carico soggettivo ed oggettivo; 2) i fattori clinici e psicosociali in grado di influenzare il carico. La maggior parte dei pazienti è di sesso femminile (70%), con un’età media di 49 anni (± 11,2), in contatto con il CSM da 70,4 (± 74,4) mesi. I familiari sono di sesso maschile nel 52% dei casi, con età media di 49,4 (± 14,0) anni, nella maggior parte dei casi coniugi (62%), che trascorrono in media 6,5 (± 2.,7) ore al giorno a contatto con il paziente, Per quanto riguarda i livelli di carico oggettivo (1,5 ± 0,6), le difficoltà più spesso riferite dai familiari riguardano le attività ricreative (53%) e sociali (44%), mentre le difficoltà psicologiche (1,9 ± 0,6) sono soprattutto il senso di perdita (75%) e la preoccupazione per il futuro (61%). Il carico è più elevato nei familiari con un basso livello di scolarità, nei pazienti con una sintomatologia più grave, un funzionamento sociale più scadente, e un maggior numero di ricoveri volontari e in TSO (p < ,05). Nei familiari che possono contare su un maggiore sostegno dalla rete sociale e dai sanitari il carico familiare è, invece, più basso (p < ,05). Questi risultati sottolineano la necessità di fornire interventi di sostegno per i pazienti con depressione maggiore e i loro familiari.
p143. profilo di specificità della paroxetina nel disturbo depressivo maggiore: metaregressione di trials clinici randomizzati
S. Gibiino, A Drago, A. Serretti, D. De Ronchi
Istituto di Psichiatria, Università di Bologna
introduzione: le metanalisi e le review sono importanti strumenti per orientare tra le varie opzioni farmacologiche a disposizione, tuttavia non contengono indicazioni circa lo specifico profilo clinico di efficacia di ciascun farmaco. Pertanto nella pratica clinica quotidiana le scelte terapeutiche sono fondate per lo più sull’esperienza personale. Lo scopo di questo lavoro è definire uno specifico profilo clinico di efficacia della paroxetina come trattamento antidepressivo. Materiali e metodi: i trial randomizzati e controllati (RCT) in cui la paroxetina fosse usata nel trattamento del disturbo depressivo maggiore sono stati ricercati nei principali motori di ricerca (MEDLINE, EMBASE, CINAHL, e PsycINFO). Sono stati selezionati 55 RCT e attraverso un’analisi di metaregressione è stato verificato il possibile impatto di alcune variabili socio-demografiche e cliniche sull’efficacia del trattamento (valutato come differenza media standardizzata nelle scale HAM-D e MADRS). risultati: la paroxetina è risultata significativamente più efficace nelle donne e nell’etnia caucasica, mentre un effetto antidepressivo minore, similmente agli altri SSRI, è stato osservato in caso di una maggiore durata di malattia non trattata. Interessantemente non si è osservato un effetto di minore efficacia, comune a tutti gli antidepressivi, nell’anziano. conclusioni: l’analisi ha messo in luce alcune caratteristiche, come il genere e l’etnia, di migliore risposta alla paroxetina. Tali risultati, se confermati, potrebbero indicare la meta regressione quale nuovo strumento di sintesi dei risultati della letteratura, più funzionale alla pratica clinica.
p144. titolazione rapida vs. graduale dell’antidepressivo paroxetina nella popolazione anziana: uno studio osservazionale
S. Gibiino, C. Fabbri, S. Porcelli, E. Mori, A. Serretti,
D. De Ronchi
Istituto di Psichiatria, Università di Bologna
introduzione: nei soggetti anziani gli SSRI, seppure efficaci nel trattamento della depressione, possono causare un’iniziale aumento dell’ansia, che può condurre al precoce abbandono del trattamento. Il principale obiettivo di questo studio è confrontare una titolazione graduale con una rapida nel trattamento con paroxetina in una popolazione di anziani depressi, mettendo in luce possibili differenze nella comparsa dell’iniziale ansia paradossa. Materiali e metodi: 40 pazienti depressi di età ≥ 60 anni e con punteggio di HAM-D or HAM-A score ≥ 13 sono stati trattati con paroxetina 10 mg oppure a 2,5 mg con aumenti di 2,5 mg a giorni alterni fino a 10 mg per i primi 8 giorni. L’efficacia è stata valutata settimanalmente per le prime 8 settimane (con una valutazione aggiuntiva dopo 3 giorni dalla prima visita) e in seguito ogni due mesi attraverso le scale HAM-D and HAM-A fino al termine dello studio (26 settimane). risultati: alla 2a settimana un miglioramento significativo della sintomatologia depressiva favoriva la titolazione graduale, in particolare per quanto riguarda l’ansia psichica e somatica. Durante la 1a settimana inoltre si è osservato un peggioramento dell’ansia somatica nei pazienti con titolazione rapida. conclusioni: anche se preliminari, questi risultati dimostrano che i pazienti anziani possono beneficiare di una titolazione graduale della paroxetina per controllare l’iniziale peggioramento dei sintomi ansiosi frequentemente associato con il trattamento antidepressivo con SSRI.
p145. ptsd e stili di coping negli studenti universitari esposti al terremoto dell’aquila
N. Giordani Paesani, I. De Lauretis, V. Bianchini,
S. Di Mauro*, R. Pollice*, R. Roncone*
Scuola di Specializzazione in Psichiatria, * Dipartimento di Scienze della Salute, Università dell’Aquila
introduzione: molti Autori associano il Terremoto, come disastro naturale, ad un aumento della prevalenza della morbidità di malattie psichiatriche come il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), anche nella popolazione giovanile. Predittori di un PTSD, oltre che nell’esposizione, sono stati individuati nello stress percepito durante il terremoto, nella capacità di adattarsi alle diverse esigenze e di far fronte allo stress (coping), nella vicinanza all’epicentro e nella magnitudo. Inoltre, le più difficili condizioni di vita che si presentano in un post-terremoto, per esempio la perdita della propria casa, il decentramento della rete sociale (displacement), le perdite finanziarie, sono state associate ad una risposta più grave allo stress post-traumatico ed ad una cronicizzazione del disturbo nella popolazione giovanile (Giannopoulou et al., 2006; Asarnow et al., 1999; Bal et al., 2003). Questo studio è stato condotto durante i 4 mesi successivi al terremoto del 6 aprile 2009 all’Aquila con lo scopo di esplorare le differenze nello sviluppo di un disturbo post-traumatico da stress (PTSD), di sintomi ansiosi, e gli stili di coping adottati tra un gruppo di studenti universitari esposto al terremoto ed un gruppo di studenti universitari non esposto allo stesso, ma entrambi i gruppi potenzialmente esposti agli stessi livelli di avversità post-terremoto. Materiali e metodi: lo studio include 140 studenti, con età media di 24,47 (ds 5,62) di cui 112 (80%) esposti e 28 (20%) non esposti al sisma, reclutati consecutivamente presso lo Sportello di Ascolto e Consultazione per gli Studenti (SACS) dell’Università dell’Aquila. Tutti gli studenti sono stati sottoposti a screening attraverso l’utilizzo di scale standardizzate auto-compilate quali: General Health Questionnaire-12 (GHQ-12), Specific Earthquake Experience Questionnaire (SEEQ), Stanford Acute Stress Reaction Questionnaire (SASRQ), Impact of Event Scale-R (IES-R), Brief-COPE.
risultati: il gruppo degli esposti, rispetto a quello dei non esposti al sisma, ha sperimentato una sofferenza post-traumatica di grado elevato, in termini di un maggior numero di sintomi legati ad un PTSD, soprattutto per l’avoidance (p = 0,016) e ad una sintomatologia ansiosa, legata ad una reazione acuta allo stress, con prevalenza della componente dissociativa, nelle sottodimensioni “sintomi dissociativi” (p = 0,005) e “amnesia” (p = 0,005). e una maggior riduzione del funzionamento globale (p = 0,008). Il 12,40% (17) dei soggetti esposti hanno avuto diagnosi di PTSD. Negli esposti gli stili di coping maggiormente utilizzati sono stati negazione (p = 0,000), disimpegno comportamentale (p = 0,000) ed umorismo (p < 0,05). La religione (p = 0,037) e l’uso di sostanze (p = 0,038) come coping sono stati praticati soprattutto dagli studenti che hanno vissuto nelle tendopoli e che, quindi, hanno subito il decentramento della rete sociale. I maschi, inoltre, hanno adottato stili di coping quali umorismo (p = 0,050), uso di sostanze (p = 0,005) e disimpegno comportamentale (p = 0,081). conclusioni: l’aver vissuto direttamente l’evento traumatico e l’aver percepito una forte minaccia durante lo stesso, sono predittori oltre che di uno stress acuto anche dello sviluppo di una psicopatologia post-traumatica più grave. La presenza di efficaci strategie di coping personali risultano, invece, fattori di stabilità che possono aiutare i giovani a mantenere l’adattamento psicosociale durante gli eventi stressanti. Inoltre, la presenza nelle università di counseling psicologici atti a preservare la salute mentale degli studenti, potrebbero essere utili nella prevenzione di una psicopatologia post-traumatica nei giovani. Questi risultati sono discussi in relazione alla necessità di screening e di intervento a seguito di eventi catastrofici come il terremoto, nella popolazione studentesca come anche in quella generale.
bibliografia
Asarnow J, Glynn S, Pynoos RS, et al. When the earth stops shaking: earthquake sequelae among children diagnosed for pre-earthquake psychopathology. J Am Acad Child Adol Psychiatry 1999;38:1016–23.
Bal S, Crombez G, Van Oost P, et al. The role of social support in wellbeing and coping with self-reported stressful events in adolescents. Child Abuse Negl 2003;27:1377-95.
Giannopoulou I, Strouthos M, Smith P, et al. Post-traumatic stress reactions of children and adolescents exposed to the Athens 1999 earthquake. Eur Psychiatry 2006;21:160-6.
p146. impatto del sisma su una popolazione afferente presso il nucleo di cure primarie dell’aquila: aspetti biologici e psicosociali
N. Giordani Paesani, M. Malavolta,. Verni, V. Bianchini,
M. Colatei, I. De Lauretis, I. Santini, A. Tosone,
S. D’Onofrio, R. Pollice*, P. Evangelista**, G. Nenna***,
R. Roncone*
Scuola di Specializzazione in Psichiatria; * Dipartimento di Scienze della Salute, Università dell’Aquila; ** Medico di Medicina Generale L’Aquila; *** Farmacista Orsogna (Chieti)
introduzione: nel periodo immediatamente successivo ad un trauma, i sopravvissuti sono a rischio per sperimentare distresspsicologici, che risultano essere predittori sia di malattie psichiatriche, quali il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), depressione, ansia, disturbi del sonno e abuso di sostanze (Hsu et al., 2002; Bodvarsdottir e Elklit, 2004) ma anche di patologie organiche, come la sindrome metabolica (SM), patologie cardiovascolari ed immunologiche (Heppner et al., 2009). Chrousos et al. (1998) hanno individuato una risposta neuro-endocrino-immunologica mal adattativa allo stress che predispone allo sviluppo di patolo-
gie psichiatriche, endocrine o autoimmuni. Il presente studio si propone di valutare la reazione allo stress post-traumatico in una popolazione sopravvissuta ad un terremoto di intensa magnitudo e di forte impatto sulla comunità. Abbiamo indagato nella popolazione suddivisa in tre gruppi, a seconda della collocazione post-sisma, le differenze nelle reazioni allo stress post-traumatico e la presenza di una morbidità psichiatrica in termini di PTSD e sintomi depressivi e le strategie di coping adottate.Materiali e metodi: lo studio ha incluso 162 soggetti, con età media di 56,69 (ds 15,48), suddivisi in tre gruppi rispetto alla collocazione abitativa post-sisma: 30 soggetti (18,5%) sono stati ospitati in hotel dell’Aquila o della costa, 22 (13,6%) nelle tendopoli allestite in città, mentre 110 soggetti (67,9%) hanno abitato da subito in casa (seconda casa di proprietà nella provincia dell’Aquila o sulla costa, casa in affitto fuori L’Aquila, ospite di parenti od amici). Tali soggetti sono stati reclutati presso l’UTAP di Collemaggio e sono stati sottoposti ad uno screening attraverso l’utilizzo di scale standardizzate auto-compilate quali: General Health Questionnaire-12 (GHQ-12), Specific Earthquake Experience Questionnaire (SEEQ), Impact of Event Scale-R (IES-R), Self-rating Depression Scale (SDS) e Brief COPE. risultati: i soggetti che hanno vissuto i primi mesi del postterremoto nei campi-tenda allestiti nella provincia dell’Aquila, hanno sperimentato una sintomatologia post-traumatica più intensa rispetto a coloro che hanno vissuto da subito in casa, riportando valori più elevati al GHQ-12 (p = 0,026) e alla SDS (p = 0,006) con stili di coping qualeespressione (p = 0,002) maggiormente adottato in coloro che hanno vissuto nei campitenda rispetto a chi è stato in casa (p = 0,002), e accettazione maggiormente adottato in chi ha vissuto in casa (p = 0,05). Coloro che hanno trascorso il post-terremoto negli alberghi rispetto a coloro che sono stati in casa, hanno maggiormente sperimentato sintomi quali l’iperarousal (p = 0,05) e l’evitamento (p = 0,05), con coping quali umorismo (p = 0,024) e supporto emotivo (p = 0,007). Il 15,21% della popolazione ha ottenuto una diagnosi di PTSD, mentre il 29,62% ha manifestato una sintomatologia depressiva al di sopra della soglia.conclusioni: dal nostro studio si evidenzia come l’aver vissuto negli alberghi durante i primi mesi successivi al terremoto abbia contribuito allo sviluppo di una più intensa sofferenza post-traumatica in termini di sintomi ansiosi, come iperarousal ed evitamento. Sintomi depressivi ed alti livelli di stress percepiti si sono riscontrati invece in coloro che sono stati dislocati nei campitenda. Pertanto risulta necessario intervenire su tale popolazione al fine di instaurare trattamenti adeguati e tempestivi che possano evitare il peggioramento della sintomatologia post-traumatica e le complicanze ad essa associate, al fine di prevenire anche l’insorgenza di patologie fisiche facilitate dallo stress.
bibliografia
Bodvarsdottir I, Elklit A. Psychological reactions in Icelandic earthquake
survivors. Scand J Psychol 2004;45:3-13.
Chrousos GP. Stressors, stress, and neuroendocrine integration of the
adaptive response. The 1997 Hans Selye Memorial Lecture. Ann N Y
Acad Sci 1998;851:311-35.
Heppner SP, Crawford EF, Haji1 UA, et al. The association of post-
traumatic stress disorder and metabolic syndrome: a study of increased
health risk in veterans. BMC Med 2009;7:1.
Hsu CC, Chong MY, Yang P, et al. Posttraumatic stress disorder among adolescent earthquake victims in Taiwan. J Am Acad Child Adol Psychiatry 2002;41:875-81.
p147. analisi preliminare delle caratteristiche di coping in un campione di pazienti ambulatoriali con disturbi d’ansia
P. Grandinetti, A. Frustaci*, G. Guerriero, S. Solaroli,
L. Janiri, G. Pozzi
Istituto di Psichiatria e Psicologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; *I.R.C.C.S. San Raffaele-Pisana, Roma
Le modalità di fronteggiamento di problemi ed emozioni rivestono particolare rilievo nell’ambito dei disturbi d’ansia, che risultano specificamente sensibili alle interazioni ambientali. È inoltre verosimile che gli stili funzionali soggettivi contribuiscano ad individuare le modalità di presentazione di tali disturbi, indipendentemente dalla diagnosi psicopatologica. Anche l’adesione e la risposta al trattamento potrebbero esse-re influenzate da tali elementi di natura non sintomatica. Nella prospettiva di una più ampia indagine clinica e funzionale dell’utenza che afferisce all’Ambulatorio per i disturbi d’ansia del Policlinico Universitario “A. Gemelli” presentiamo un’analisi trasversale delle correlazioni tra caratteristiche di coping e misure dimensionali di psicopatologia. Materiali e metodi: ad un campione consecutivo di 172 pazienti è stata somministrata in sede di valutazione pre-trattamento una batteria comprendente SCL-90-R e Brief-COPE, oltre ad una scheda anamnestica semi-strutturata. I soggetti presentavano le seguenti caratteristiche demografiche e cliniche: 66 maschi (38,4%), età media 41,21 ± 11,66, scolarità 13,33 ± 3,57, 85 coniugati (50,6%), 114 lavoratori retribuiti (66,3%), BMI 24,70 ± 5,05; le diagnosi categoriali erano così distribuite: DAG 80 (46,5%), DAP 33 (19,2%), altro 59 (34,3%). L’analisi statistica di correlazione fra punteggi COPE e sottoscale SCL è stata effettuata mediante test non parametrico (Rho di Spearman). risultati: le strategie di coping maggiormente rappresentate (punteggio medio > 5) includono: affrontare operativamente, pianificazione, autoaccusa, supporto strumentale, supporto emotivo, distogliere attenzione, accettazione, espressione. Mostrano correlazioni positive: espressione con ansia (0,237, p = ,04), ansia fobica (0,205, p = ,013) e GSI (0,280, p = ,001); negazione con ansia (0,351, p = ,001), ansia fobica (0,363, p = ,001) e GSI (0,346, p = ,001); disimpegno comportamentale con ansia (0,236, p = ,004), ansia fobica (0,221, p = ,007) e GSI (0,262, p = ,001); supporto emotivo con ansia (0,252, p = ,002), ansia fobica (0,263, p = ,001) e GSI (0,274, p = ,001); autoaccusa con ansia (0,167, p = ,044) e GSI (0,170, p = ,040). Invece l’umorismo correla negativamente con ansia (-0,174, p = ,036) e GSI (-0,222, p = ,007). discussione: la correlazione tra elevata sintomaticità e particolari strategie di coping suggerisce possibili meccanismi di interazione tra stili di funzionamento ed espressione psicopatologica. L’interpretazione di queste evidenze preliminari richiede un approfondimento di tali meccanismi anche in senso prospettico, tenendo conto delle fasi di attività e remissione della sindrome clinica.
p148. Utilizzo della realtà virtuale per la valutazione delle funzioni esecutive in pazienti con disturbo ossessivo compulsivo
F. La Paglia, D. Mangiapane, A. Trotta, M. Pomar, R. Rizzo,
D. La Barbera
Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Sez. di Psichiatria, Università di Palermo
introduzione: l’uso della realtà virtuale (RV) offre nuove possibilità per la comprensione, la valutazione e la riabilitazione delle funzioni cognitive e di determinati quadri psicopatologici, quali i disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo (Riva, 2004). La RV permette di riprodurre situazioni complesse della vita quotidiana in cui le reazioni psicopatologiche e le funzioni cognitive dei pazienti possono essere valutate in maniera più attendibile rispetto alle situazioni di laboratorio. Scopo del presente studio è indagare le alterazioni delle funzioni esecutive nei pazienti con DOC attraverso la versione virtuale del Multiple Errands Test (Shallice et al., 1991; Fortin et al., 2003). Materiali e metodi: Campione: lo studio verrà condotto su un campione di 30 soggetti di età compresa tra i 30 e i 60 anni, suddivisi in due gruppi: gruppo sperimentale composto da 15 pazienti con diagnosi di DOC secondo i criteri del DSM IV, afferenti alla sezione di psichiatria dell’A.O.U.P. “P. Giaccone” di Palermo, e gruppo di controllo composto da 15 soggetti sani. Strumenti: valutazione cognitiva in ambiente virtuale tramite il Virtual Multiple Errands Test (V-MET); batteria neuropsicologica che comprende Frontal Assessment Battery- FAB, Trial Making Test, Fluenza fonemica, Torre di Londra,Span di cifre, Coppie di parole, Span spaziale di Corsi; Apprendimento di Corsi, Test del Breve racconto; risultati: si attende di riscontrare una correlazione tra la valutazione neuropsicologia dei pazienti e le variabili del test virtuale. Le correlazioni ottenute potranno sostenere la validità di contenuto dello strumento utilizzato, al fine di poterlo impiegare per l’assessment delle funzioni esecutive in sostituzione della batteria dei test. conclusioni: i risultati definitivi saranno discussi in riferimento ai dati della letteratura internazionale.
bibliografia
Fortin S, Godbout L, Braun CM. Cognitive structure of executive deficits in frontal lesioned head trauma patients performing activities of daily living. Cortex 2003;39:273-91.
Riva G. Psicologia dei nuovi media. Bologna: Il Mulino 2004.
Shallice T, Burgess PW. Deficits in strategy application following frontal lobe damage in man. Brain, 1991;114:727-41.
p149. l’alluvione del 1° ottobre 2009, disastro ambientale e psicopatologia
D. La Torre*, N. Gambardella*, R. Motta**, A.E. Di Rosa*,
M. Donnina*, V. Carlotta*, R. Alfa*, R. Delia*, G. Lanza*,
V. Leonardi*, A. Pullara*, T. Staropoli*, R. Molino**,
G. Gioffrè**
* Dipartimento di Scienze neurologiche, psichiatriche ed anestesiologiche. Università di Messina; ** Dipartimento di salute mentale Messina Sud, Regione Sicilia
Gli Autori hanno esaminato un campione di soggetti coinvolti nel disastro del 1° ottobre 2009 nel messinese con l’obiettivo
di rilevare: 1) le condizioni psicopatologiche maggiormente frequenti 2) i rapporti di comorbidità 3) le variazioni delle condizioni psicopatologiche rilevate a distanza di un mese e di sei mesi dall’evento 4) i fattori di rischio rispetto a precedenti psicopatologici. Lo strumento utilizzato è stato il M.I.N.I. (Mini International Neuropsychiatric Interview) che è stato somministrato a un mese (T0) ed a sei mesi (T1). I disturbi riscontrati all’interno del campione sono stati: DPTS (T0 = 41,81%, T1 = 41,81%), depressione maggiore (T0 = 34,5%, T1 = 32,7%), DAP (T0 = 30,9%, T1 = 18,1%), GAD (T0 = 14,5%, T1 = 22,2%). L’analisi statistica effettuata dimostra una significatività elevata per: depressione in anamnesi χ2 = 10,545, p < 0,005, O.R. 17,5 (95% C.I. = 4,93 – 97,12), DAP in anamnesi χ2 = 11,109, p < 0,001, O.R. 25,9, (95% C.I. = 3,32 – 91,65). La frequenza delle condizioni patologiche rispecchia quella riportata in letteratura (Fredman et al., 2010). Sul piano della comorbidità i soggetti che hanno sviluppato DPTS presentavano alla prima osservazione sintomatologia depressiva nel 68% dei casi, che si riduceva al 43% alla seconda osservazione. Per quando riguarda l’analisi sui fattori di rischio la depressione ed il DAP in anamnesi sono fattori che predispongono al ripresentarsi del disturbo dopo un evento traumatico.
bibliografia
Fredman SJ, Monson CM, Schumm AJ, et al. Associations among disaster exposure, intimate relationship adjustment, and PTSD symptoms: can disaster exposure enhance a relationship? J Trauma Stress 2010;23:446-51.
Hussein A, Weisahet L, Heir T. Psychiatric disorders and functional impairment among disaster victims after exposure to a natural disaster: A population based study. J Affect Disord 2011;128:135-41.
Lajoie AS, Sprang G, Mc Kinney M. Long-term effects of Hurricane Katrina on the psychological well-being of evacuees. Disasters 2010;34:1031-44.
p150. il ruolo del medico di medicina generale e dello specialista nelle prescrizione degli antidepressivi in italia
- M.E.
- Lecca, E. Aguglia, F. Caraci, M. Casacchia,
- L.
- Dell’Osso, G. Di Sciascio, F. Drago, M.C. Hardoy,
-
Moro, M Nardini, C Faravelli, M.G. Carta,
-
Balestrieri.
Università di Cagliari e AIFA FARM54S73S Project Group
introduzione: l’obiettivo è valutare il ruolo del Medico di Medicina Generale (MMG) e dei Medici Specialisti nella prescrizione degli antidepressivi (AD) in un campione di popolazione generale di diverse aree italiane. Materiali e metodi: studio condotto da intervistatori clinici su campioni della popolazione generale adulta estratti random dopo stratificazione per sesso ed età dai registri anagrafici di 7 province in 6 regioni italiane. Totale: 4999 soggetti estratti; 3398 intervistati (68%). Strumenti: questionario sul consumo di psicofarmaci; intervista clinica (SCID-NP) versione modificata (ANTAS) risultati: il 4,7% del campione assume AD; il 38% prescritti dal MMG, il 42% dallo Psichiatra, il 15% dal Neurologo e il 5% da altro specialista. Circa il 50% dei pazienti con episodio depressivo attuale e il 20% con episodio pregresso assume AD, fra questi ultimi sono più frequenti le prescrizioni dello psichiatra (p < 0,01). L’1,96% del campione assume AD senza diagnosi di depressione attuale o pregressa, fra questi sono più frequenti le prescrizioni dei MMG (p < 0,05). conclusioni: una quota considerevole di individui di 7 province italiane assume AD. Il MMG ha un peso simile nelle prescrizioni allo psichiatra ma tende a somministrare AD più frequentemente a individui senza diagnosi di depressione lifetime. È considerevole il ruolo del Neurologo.
bibliografia
Carta MG, et al. Clin Pract Epidemiol Ment Health 2010;6:94-100. Balestrieri M, et al. Soc Psychiatry Psychiatr Epidemiol 2004;39:171-6.