Massimo Fagioli Istinto di morte e conoscenza
A quasi cinquanta anni dalla sua prima edizione, il testo di Fagioli continua a porsi come innovativo nell’ambito degli studi sull’inconscio. Dalla lettura di ogni capitolo del volume si percepisce un forte slancio teso alla ricerca di un principio che possa spiegare i molteplici aspetti della vita psichica a partire dalla vita intrauterina seguendo poi tutte le tappe dello sviluppo psicofisiologico, fino alle manifestazioni della nevrosi e della follia.
Fagioli spiega i fenomeni dell’inconscio, parlandoci soprattutto del corpo, eliminando nel lettore ogni illusoria possibilità di separazione tra questo e la mente. È già dal contatto tra la cute del feto e il liquido amniotico che compare la vitalità intesa come possibilità di rapporto oggettuale, come percezione dell’oggetto esterno, legato alla sessualità del feto.
Attraverso una lettura critica e innovativa di Freud, di M. Klein, Segal, Bion Fagioli stravolge e capovolge il pensiero psicoanalitico classico e individua nella fantasia di sparizione il principio che regola la vita psichica. Per l’autore, la fantasia di sparizione compare come reazione di fronte alla dinamica conflittuale con l’oggetto esterno: si attua così, un tentativo di ritorno al buio e all’omeostasi dell’ambiente intrauterino e, con la scomparsa dell’oggetto, si ha l’illusione che possa essere più semplice raggiungere indipendenza e libertà. Con la sparizione dell’oggetto esterno, scompare però anche la persona che rappresenta una nostra identificazione fondamentale e strutturante; ciò determina allora l’annullamento del Sé nel buio dell’utero materno. In tal caso la fantasia di sparizione si è intrecciata con l’istinto di morte verso una situazione di non nascita, di non essere, di onnipotenza e assenza di rapporto oggettuale. È una reazione di aggressività di fronte alla situazione di essere nato. Affinché la fantasia non sia distruttiva e negativa, è necessario che l’istinto di morte non sia disgiunto dalla sessualità e che non sia diretto contro l’oggetto. Se il neonato segue la strada della relazione oggettuale, potrà realizzare nuove immagini e costruirsie una vita psichica. Tale strada potrà essere percorsa attraverso la libido che, scrive Fagioli, "…può e potrà,successivamente, neutralizzare la fantasia di sparizione-istinto di morte…Il bambino, invece, di andare verso la cecità, vedrà, cioè assorbirà le qualità del seno-madre, assorbirà l’inconscio, l’immagine della madre." L’intervento della libido è ciò che permette anche il passaggio dall’oggetto fisico al simbolo verbale: attraverso la realizzazione di quella che Fagioli chiama il triangolo occhi-bocca, ossia un’integrazione libido-vedere, si arriva all’elaborazione psichica delle immagini dell’oggetto; il non più esistente nella realtà diviene esistente nel pensiero verbale.
Un altro tema approfondito dall’autore è quello dell’invidia, in quanto espressione sadico-visiva di impulsi distruttivi. L’autore distingue la dinamica dell’identificazione proiettiva, "che implica una introiezione cieca dell’oggetto, cioè un impegno di libido orale-cutanea-olfattiva nel rapporto oggettuale" rispetto alla dinamica che sottende l’invidia e che consiste nel mettere la morte dove c’era la vita; nel rapporto invidioso con l’oggetto, c’è l’aggressività posta fuori di sé, c’è il tentativo di guastare il buono che è nell’oggetto.
Ma il volume non è solo un viaggio attraverso momenti e sentimenti della vita, è anche il viaggio attraverso una lunga esperienza analitica vissuta e raccontata agli altri, senza il timore di distruggere il principi psicoanalitici dominanti e con grande vigore e convinzione. La teoria viene arricchita dall’interpretazione di alcuni sogni e dal racconto di alcuni casi clinici che rendono più semplice la comprensione del testo e ci restituiscono l’immagine di un analista calato nella realtà quotidiana, vicino al sentire e al soffrire dell’uomo.
Ma, di fronte a tale sofferenza Fagioli continua a cercare una soluzione, senza rassegnarsi.
Il lettore nello svolgersi dalla narrazione, si ritrova a vivere emozioni forti di fronte a concetti più facilmente intuibili che capibili e può rivivere la propria esperienza di analisi o di semplice contatto con la malattia mentale sotto una nuova luce. È probabilmente inevitabile, già dopo la lettura delle prime pagine, provare un’intensa nostalgia e un forte desiderio di ritorno verso quell’ambiente intrauterino descritto da Fagioli con maestria fenomenologica, in cui non ci sono contraddizioni e modificazioni e tutto è in un perfetto equilibrio omeostatico. Ma, come scrive l’autore: " Perché l’uomo possa conoscere deve riuscire a vincere la fantasia di sparizione contro la realtà esterna. È necessario che, capovolto, si rimetta dritto sui piedi; che acquisisca veramente la stazione eretta."
Commenti
Massimo Fagioli è morto oggi
una figura controversa ma che ha dato con questo saggio un contributo su cui riflettere