Mente ad arte
Percorsi artistici di psicopatologia, nel cinema ed oltre
di Matteo Balestrieri

Ansia non mentalizzata e Looming al Cinema

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18 gennaio, 2014 - 21:19
di Matteo Balestrieri

  Il riferimento centrale per l’ansia nei modelli cognitivi è l’attivazione e sovrastima di una minaccia rappresentata da stimoli corporei interni o ambientali. La vulnerabilità all'ansia si fonda sullo sviluppo di schemi di pericolo che distorcono l'elaborazione delle informazioni (ad esempio, attenzione, interpretazione e memoria per stimoli di minaccia). Una volta attivati, gli schemi di pericolo falsano l’elaborazione cognitiva, così che l’individuo sopravvaluta l'entità e la gravità della minaccia, sottovaluta le risorse, e finisce per fare un uso eccessivo di strategie compensatorie di autoprotezione, come l’evitamento comportamentale e cognitivo.
  Gli schemi cognitivi che possono essere attivati sono molti. Ad esempio:

  • Astrazione selettiva (“oggi mi è caduta la borsa, ciò significa che sicuramente mi farò del male nel corso della giornata”)
  • Catastrofizzazione (“se non riesco a fare questa cosa, sarà la fine”)
  • Inferenza arbitraria (include previsioni negative e interpretazioni del pensiero) 
  • Centralità (“l’attenzione di ognuno è focalizzata su di me, e ciò mi rende nervoso)”
  • Pensiero dicotomico (“se una cosa non viene fatta perfettamente, non vale nulla”)

  In generale gli schemi cognitivi riguardano i temi dell’accettazione (“devo sempre mostrarmi accondiscendente”), della competenza (“se faccio un errore, fallirò”, “ci sono solo vincitori e vinti”), della responsabilità (“se le cose andranno male, dipenderà tutto solo da me”), del controllo (“devo verificare sempre tutto, per evitare guai”) e dei sintomi ansiosi stessi (“devo dimostrarmi sempre calmo”, “è pericoloso mostrare segni d’ansia”).
  Questi schemi sono essenzialmente di tipo statico e in realtà sono spesso presenti anche nella depressione, così che è difficile differenziare in modo certo ansia e depressione basandosi solo su di essi.

Il looming
 
  Più recentemente è stato proposto un modello integrativo, in cui la percezione cognitiva della minaccia è vista in modo più dinamico, introducendo il concetto di looming (termine traducibile come incombenza). Questo modello, definito come stile cognitivo looming (looming cognitive style – LCS), prevede che l’ansia derivi dal fatto che vi è la percezione che i pericoli stiano rapidamente aumentando nel tempo (più rapidi) e/o nello spazio (più vicini). Ad esempio, nell’aracnofobia l’individuo sviluppa immagini spontanee di ragni pericolosi che gli vengono incontro.
  Il modello della vulnerabilità a un pericolo incombente (looming vulnerability model – LVM) suggerisce che la stima statica della minaccia descritta in molti modelli di ansia sia come una fotografia presa in un determinato momento nella vita di un individuo: sono ansioso perché vedo un pericolo in questo momento. Più precisamente, il modello LV suppone che la fenomenologia di un pericolo che si sta intensificando è dinamica, come un film o un video: sono ansioso perché la minaccia mi sta venendo incontro rapidamente. Il modello LV è attivatore di ansia, sensibilizza l’individuo ai segnali di movimento e minaccia, altera i processi cognitivi e impedisce l’abituarsi agli stimoli di minaccia.
  Il modello LV deve essere considerato come uno stile “di tratto” dell’individuo, vale a dire come uno stile appreso e perpetuato nel tempo. L’origine del LVM va cercato in esperienze traumatiche, singole o ripetute, ad alcune condizioni antecedenti (p.e. un attaccamento insicuro). L’individuo tenderà a sviluppare scenari interni di minacce potenziali a rapida intensificazione.
  In condizioni particolari, quando la percezione di pericolo per fattori esterni aumenta, si attivano processi cognitivi “di stato” (LCS), come la catastrofizzazione nell’attacco di panico. Talvolta lo stile LC produce anche situazioni di pericolo reali (del tipo “profezia che si autoavvera”) che confermano la necessità dello stesso stile cognitivo.
   Lo stile LC è presente nei diversi disturbi d’ansia, con modulazioni diverse.

  • Nel Disturbo d’ansia generalizzato lo stile LC (1) porta la persona a generare un flusso continuo di scenari minacciosi e catastrofici e di simulazioni mentali di eventi o stimoli banali; (2) assorbe le risorse di controllo attenzionale della persona cognitivamente vulnerabile che sono impiegate a gestire i pensieri minacciosi; e (3) spinge la persona a impegnarsi in prolungate preoccupazioni per neutralizzare – o attenuare – i pensieri automatici. E’ anche probabile che lo schema LC aumenterà il rischio di richiamo e di accesso cognitivo al materiale minaccioso e la probabilità di distorcere le valutazioni della minaccia. Lo schema LC è associato ad una frequente esperienza mentale basata su aspetti immaginativi, con una prevalenza di immagini collegate a paura ed una iperutilizzazione della preoccupazione come processo auto-protettivo.
  • L’attacco di panico nella persona con schema LC è conseguenza della produzione di scenari mentali di pericolo a rapida intensificazione in cui sensazioni fisiche relativamente banali sono predittive di catastrofi imminenti, come una ospedalizzazione o la morte. L’individuo con LCS è ipersensibile e ipervigile verso potenziali minacce. Se vi è una vulnerabilità predisponente (di tratto, o LVM), si determina il LCS di una minaccia fisica collegata a sensazioni corporee.
  • Nella fobia sociale il meccanismo è simile a quello di GAD. Collegato alle proprie esperienze di accettazione o del senso di valore personale basati sulla perfezione, l'individuo immagina scenari minacciosi riguardanti pericoli rapidamente intensificantisi di umiliazione catastrofica e rifiuto in situazioni sociali.

 
 
  Un esempio di pericolo incombente è quello rappresentato in Habemus Papam di Nanni Moretti (2011), film per alcuni versi profetico di una crisi personale al vertice pontificio, che poi si è realizzata in altri modi e con altre motivazioni con papa Ratzinger. Nella finzione filmica, dopo la morte del papa si riunisce il conclave per eleggere il suo successore. Dopo alcune votazioni, viene eletto a sorpresa il cardinale Melville (Michel Piccoli). Al momento della pubblica proclamazione, mentre il cardinale protodiacono sta per annunciare il nome del nuovo papa alla folla dei fedeli riuniti in Piazza San Pietro, il neoeletto ha un violento attacco di panico e fugge via nello sconcerto generale, interrompendo la cerimonia prima che sia pubblicamente annunciata la sua elezione.
  Ciò che il cardinale Melville percepisce è il minaccioso avvicinamento di una soglia (o un soglio, vista la situazione specifica!) oltre la quale c’è il pericolo dell’esposizione (un balcone incombente sul vuoto, e poi sotto la folla immensa!) ai propri doveri e responsabilità. La crisi personale del candidato papa è caratterizzata da schemi cognitivi di indegnità e di incapacità. A mio parere questo film, uno dei più belli e profondi di Moretti, è capace di rappresentare con umanità e con toni - solo apparentemente lievi - uno stato di ansia dovuto all’incombenza del pericolo (looming cognitivo) in una persona chiamata ad assolvere un compito percepito di portata troppo grande per le sue possibilità.
 
L’ansia non mentalizzata
 
  La prospettiva cognitivista ben si integra con la teoria dell’attaccamento e la concettualizzazione sulla mentalizzazione o funzione riflessiva di Fonagy e Bateman. Ogni relazione interpersonale è modellata dalle caratteristiche del tipo di attaccamento sviluppato dagli attori della relazione stessa. In sostanza due individui sviluppano una relazione seguendo modelli propri che li hanno portati a definire le diverse relazioni nel corso della vita. Bowlby concettualizzò che la vicinanza (contatto), una base sicura (sicurezza) e un rifugio sicuro (conforto e protezione) sono fondamentali per un attaccamento umano sano. Egli elaborò la teoria dell’attaccamento sul legame madre – bambino (o figura di attaccamento – bambino) e successivamente notò che il legame che si stabiliva nelle relazioni adulte presentava notevoli somiglianze, suggerendo che questi bisogni durano per tutta la vita.
 
  La mentalizzazione implica l’attribuzione di un significato alle proprie azioni e a quelle degli altri in base agli stati mentali intenzionali come i desideri, i sentimenti e le credenze. Ci consente di capire cosa è nella mente e di comprendere i propri e altrui stati mentali, ed è una capacità fondamentale poiché converge nello sviluppo del Sé come agente ovvero nello sviluppo della rappresentazione del Sé (Bateman e Fonagy, 2006). Sono stati descritti tre prototipi d’incapacità a mentalizzare. In breve vi è:

  • l’equivalenza psichica (o comprensione concreta), che descrive il fallimento della capacità di rappresentarsi la propria mente e quella altrui: l’individuo ha difficoltà a riconoscere le emozioni e non è in grado di stabilire connessioni tra pensieri e sentimenti da un lato e azione dall’altro. Per lui la realtà è quella che si svolge davanti agli occhi e con una certa frequenza il non capire la mente dell’altro determina un pensiero persecutorio;
  • la pseudomentalizzazione (o modalità del far finta), che descrive la situazione in cui gli stati mentali non hanno alcuna connessione con la realtà esterna o fisica, in modo tale che ogni stato interno è percepito come separato dal mondo esterno. L’individuo è come se fosse sganciato dalla realtà, in un mondo immaginario, oppure (ad un livello meno disgregato) utilizza modalità di pensiero stereotipe, precostituite, “facendo finta” di fare approfondimenti psicologici. Pseudomentalizza anche il terapeuta che attribuisce al paziente un proprio pensiero, senza cercare di capire il suo punto di vista;
  • l’atteggiamento teleologico, che si riferisce invece alla condizione di “san Tommaso”, cioè credo in ciò che vedo. In questa modalità un affetto può diventare reale soltanto quando si accompagna a un’esperienza fisica, poiché solo una modificazione della realtà fisica è sentita capace di avere un impatto sugli stati mentali propri e altrui.


  Nell’ansia esiste una relazione che intercorre tra attivazione neuronale/emotiva (arousal) e capacità di mentalizzare (e alla curva ad U invertita che caratterizza l’ansia da prestazione di Easterbrook, 1959). Ai bassi livelli di attivazione, non si ha nessuna spinta a mentalizzare. A livelli moderati, come può accadere quando un’interazione prende una piega inattesa e problematica, mentalizziamo in modo attivo ed esplicito. Se l’attivazione diventa eccessiva, come quando s’impadronisce di noi la rabbia o siamo terrorizzati, si ha un collasso della ‘capacità di mentalizzare’ e si passa alla risposta automatica dell’aggredisci-o-fuggi. Dal punto di vista evolutivo, mentalizzare può rappresentare un problema in condizioni di imminente pericolo (la tigre dai denti a sciabola ci avrebbe sbranati nel mentre che noi cercavamo di comprendere le sue intenzioni), tuttavia in generale nella maggior parte delle interazioni è bene essere svegli e attivamente mentalizzanti.
  Nei pazienti con disturbi d’ansia il livello base di ansia è così alto che un piccolo incremento di attivazione li mette in condizioni di non mentalizzare, facendo prevalere le modalità di risposta di aggressione o fuga, che ha finalità originariamente di adattamento (vedi la tigre dai denti a sciabola).
  Gli esempi cinematografici che esemplificano la incapacità di mentalizzare in condizioni di ansia o di fobia sono numerosi. Nello stesso Habemus Papam i cardinali non sono in grado di mentalizzare la crisi del cardinale Melville, sono in modalità di equivalenza psichica e lo sono per tutta la durata del film (una volta eletto, si diventa papa), restii ad accettare l’intervento dello psicoanalista (Moretti) chiamato per risolvere la situazione.
 
 
 
  Fuori dal mondo è un film del 1999 diretto da Giuseppe Piccioni. In esso si racconta la storia di una vocazione: una novizia, Caterina (Margherita Buy), trova un neonato abbandonato nel parco e se ne prende cura iniziando la ricerca della madre del bambino. Nel suo percorso incrocia Ernesto (Silvio Orlando), proprietario di una lavanderia, altrettanto fuori dal mondo di lei, in quanto altrettanto marginale rispetto all'altrui esistenza. Fra i due si instaura un rapporto fatto di complicità e di mutua dipendenza, basato soprattutto sulla comune percezione di "non c'entrare" nella vicenda che li ha coinvolti loro malgrado, per non dire nella propria vita. La preoccupazione principale di entrambi è quella dell'invisibilità, più ancora che quella della solitudine: non essere nessuno per nessuno, perchè siamo qualcuno solo in quanto "abbiamo qualcuno che ci aspetta". All’ipercontrollo e distanziamento dal mondo (stile di attaccamento evitante) di Ernesto fa da contraltare la sua ansia somatizzata: trasforma il proprio senso di invisibilità esistenziale in malattie che attirano l'attenzione degli altri: ipocondria, ipertensione, attacchi di panico ("ma nessuno si accorge che sto male?").
  Quando Ernesto ha un attacco di panico, cerca aiuto dai passanti. Da un punto di vista didattico, i processi cognitivi e le relazioni tra i personaggi sono interessanti. E’ possibile ad esempio cogliere aspetti pre-mentalizzanti da parte della signora che passa per strada e che si allontana velocemente. Apparentemente il suo livello di ansia è aumentato e quindi la sua capacità di mentalizzazione è scemata: ha solo paura. Possiamo anche pensare che la signora utilizzi stereotipi e che quindi, se glielo si chiedesse, rivelerebbe una pseudomentalizzazione (“questo è uno sbandato, forse ha anche assunto sostanze”). Egualmente, il medico in pronto soccorso che accoglie Ernesto utilizza una modalità pre-mentalizzante, probabilmente un pensiero concreto (equivalenza psichica) e teleologico: non ascolta, ritiene sia presente solo ciò che è rilevabile. Inoltre, appare colpevolizzante, perché sembra pensare che l’attacco di panico non sia una malattia. Ed Ernesto? Il suo schema cognitivo è legato all’incombenza della prospettiva di una grave malattia.


  Altri esempi cinematografici di ansia che sono analizzabili sotto il profilo della mentalizzazione sono Maledetto il giorno in cui ti ho incontrato di Verdone (1992), storia d’amore atipica tra Bernardo, “storico del rock” e Camilla, attrice di teatro. I due s’incontrano dall’analista dal quale vanno perché il primo ha una crisi abbandonica alla rottura del fidanzamento, la seconda, a termine di un’analisi infruttuosa, non la vuole concludere perché innamorata dell’analista. Tra i due, entrambi insicuri, soggetti a crisi di panico e affetti da fobie di vario tipo, nasce un’amicizia basata sul mutuo aiuto; tra l’altro i due si espongono insieme agli stimoli fobici in una sorta di terapia comportamentale. Purtroppo le loro stesse nevrosi ed idee prevalenti (pseudomentalizzazione) li portano a combinare e combinarsi vicendevolmente vari guai, così la loro amicizia finisce traumaticamente. Dopo varie traversie e litigi i due scoprono però di amarsi. Il focus in questo caso è la relazione ansiosa di attaccamento preoccupato, con una dipendenza da farmaci fonte di vergogna.
 
 

  Un altro film interessante è Copycat-Omicidi in serie (1992), nel quale Helen Hudson è una psicologa criminale di San Francisco che, in conseguenza di un attacco subito da un maniaco, soffre di attacchi di panico e agorafobia e vive perciò rinchiusa in casa, munita di attrezzature tecnologiche d’avanguardia. Il focus è sull’agorafobia e l’handicap sociale. L’isolamento dal mondo esterno è la risposta all’incombenza (looming) del pericolo. In preda all’ansia, è spesso in modalità di ridotta mentalizzazione.
 
 
 
  Infine è di grande interesse il film di Scorsese The Aviator (2004), biopic del famoso petroliere miliardario texano Howard Hughes (HH), con le sue passioni per l'aviazione, l'ingegneria aeronautica, il cinema e le donne. In parallelo si dipana la sua psicopatologia, che nel film trova origine nel rapporto infantile con una madre ossessiva e piena di ambizioni verso il figlio. HH ha il terrore delle infezioni, si lava di continuo le mani, non tocca le posate altrui, beve solo latte da bottigliette ermeticamente sigillate. Le fobie, espressione dell’incapacità a mentalizzare ciò che teme, lo portano versa una disgregazione progressiva, fino a sfociare nella psicosi. Nel film vi è sempre il tentativo di farci capire il punto di vista di HH, fino a farcelo rendere simpatico anche quando diventa intollerante verso gli altri. È evidente il suo grande narcisismo, che gli impedisce di mentalizzare gli altri, per invece usarli e gettarli via se è necessario. HH riesce a stare in mezzo agli altri grazie al suo denaro ma grazie alle possibilità che abbiamo di entrare nella sua mente riesce a stimolare in noi anche sentimenti di umanità.
 
 

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