Gruppo di discussione sul disastro aereo della Germanwings e sul Pilota Andreas Lubitz

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La rivista ha proposto ad oggi 3 articoli sul tema:

un editoriale a firma di Francesco Bollorino

Volo A320 Germanwings: la Sindrome di Sansone

 un contributo nella sua RUBRICA/BLOG a firma di Massimo Recalcati

Il suicidio di Andreas Lubitz

e il contributo del suicidologo e nostro collaboratore Maurizio Pompili

VOLARE SIN DOVE SI PUÒ VOLARE Le mie osservazioni sul disastro aereo Germanwings


Credo possano rappresentare uan buona base di discussione sul tema che dai dati di accesso sembra aver suscitato molto interesse tra i lettori di POL.it e spero che i tanti utenti registrati della rivista vogliano provare ad attivarsi per rendere viva questa importante sezione di Psychiatry on line Italia ad oggi un po' negletta senza colpa.

Sono passati tanti giorni dal disastro aereo e se ne parla sempre meno. La dipendenza dai media crea e disfa la realtà apparente. Così anche questo fatto terribile rischia di essere inghiottito da una negazione collettiva. Pensando all'atto di Lubitz sarei tentato di riesumare vecchie categorie poco diagnostiche e molto più "letterarie",mi si perdoni l'ardire...vorrei parlare della la viltà, l'essere vile, senza coraggio. Il mostrare grande determinazione nel colpire persone inermi. Gli indifesi e gli inconsapevoli sono sacrificati da un gesto vile. A me sembra che molti fatti di risonanza mondiale possano essere legati da una lettura simile. l'uccisione di un bambino da parte di un genitore, i passeggeri affidati alla perizia di un comandante che in maniera premeditata sta progettando una strage, il poliziotto che spara alle spalle di un uomo disarmato...quante ne abbiamo viste di cose così. Forse pensare alla viltà può gettare luce sul concetto di valore della vita umana, e di valore del sacrificio e della responsabilità. La distruzione è così semplice e un idiota qualsiasi può cavalcare questa semplicità per rendersi visibile. Dovremmo riflettere sulla via difficile della costruzione paziente, del lavoro silenzioso e continuo che impiega le anime di persone di gran valore. Questi sono davvero invisibili

PAROLE: SONO UN DEPRESSO. ALMENO LO AMMETTO, RICONOSCENDO - MI.

Esiste il terrorismo mediatico degli improvvisati 'stregoni'. Si ab - usa di termini mutuati dal DSM V, o dai suoi predecessori. I terroristi mediatici, al pari dei viandanti non definibili, si riempiono di parole che non conoscono.
Non ho problemi a definirmi depresso. Certamente non ammazzo nessuno, neanche me stesso, altrimenti più che volontà di morire sarebbe lecito domandarsi quale narcisismo avvinghierebbe la mia personalità. Sarà che ho studiato troppo, ma se il senso comune pone etichette, gli stessi operatori della sanità mentale entrano in confusione.
A mio avviso la patologia mentale é presente e mostra una energia distruttiva afferente alla dimensione di totale alienità dalla realtà; non si tratta di depressione. Non sono così competente e per questo non faccio diagnosi. Sostengo con fermezza che non è depressione.

Alfredo Vernacotola ci ricorda 'il terrorismo mediatico degli improvvisati 'stregoni' , riportando quindi l'attenzione a livello del collettivo, e dei messaggi che lo percorrono. La stampa e la televisione (sempre più cauta, invece - mi sembra - la radio) hanno diffuso ed ancora stanno diffondendo - in gran parte - ipotesi diagnostiche che soprattutto ribadivano la 'depressione' del Lubitz. E contro questo uso / abuso (o quanto meno uso improprio) del termine ho espresso la mia opinione (vedi post del 27 marzo: 'A proposito della ‘depressione’ )
Sommarie riflessioni anche come invito agli amici giornalisti: una maggiore informazione e chiarezza nella diffusione delle notizie. Non ho avanzato ipotesi diagnostiche sul co-pilota (sono analista e non psichiatra) ed ho invece auspicato una più cauta posizione rispetto ad un soggetto che ci è ignoto, e di cui ci pervengono notizie frammentarie. Successivamente ho mostrato forte disaccordo rispetto all'intervento di Recalcati, auspicando un generale passo indietro rispetto al diffuso 'furor diagnosticandi'. In sintesi - come notazione a margine e senza entrare nel merito di supposte patologie -. ho espresso l'auspicio di una sospensione del giudizio. Credo che saper anche tacere, e aspettare, di fronte al 'non chiaro', calandoci nella saggia posizione del 'non liquet', possa giovare.. Ovviamente apprezzando, invece, riflessioni che possono nascere dall'evento in questione: come input di pensiero e approfondimento, nel rispetto però di chi non conosciamo.

credo che per ragioni di "etica" non possa essere la redazione a riportare commenti altrui ma credo che sarebbe bello che chi (UTENTE REGISTRATO) ha scritto qualcosa in altri spazi social o meno li riportasse qui per creare un luogo di discussione aperto e plurale.
Sottolinea che in questo spazio TUTTO SI CONSERVA a differenza della rapida obsolescenza di ciò che gira sui social e questo è un GROSSO VALORE AGGIUNTO da non sottovalutare

Francesco Bollorino ci propone (e non è la prima volta..) la partecipazione al gruppo di discussione e l'occasione presente può essere un buon avvio, data la risonanza che l'argomento proposto sta avendo nel collettivo. Anche in questo social network da vari giorni si stanno scambiando in proposito idee ed opinioni. Come iniziare..? Al momento vedo alcune vie: la redazione potrebbe riportare qui i diversi interventi (integrali o sintetizzati); gli autori stessi potrebbero ripubblicare i propri topics; si potrebbe ripartire dai punti sinora emersi e/o dalle diverse posizioni sin qui evidenziate per procedere.....


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