Mamme guerriere o mamme narcisiste?
Esplorando l'immaginario sociale
Recensione del libro di M. Recalcati "Le mani della madre. Desiderio, fantasmi ed eredità del materno".
I lettori di Massimo Recalcati leggeranno questo suo ultimo libro con grande emozione. Dopo aver dedicato gli ultimi anni del suo insegnamento alla figura del padre e del figlio, arriva il turno della madre. La ragione di aver scritto sulla madre in ultimo luogo non credo sia da cercare nell'inattualità dell'argomento. L'impressione che si ha leggendo il libro, è che Recalcati si sia avvicinato dopo alla questione materna quasi per un senso di pudore oppure di rispetto. Il suo approccio è esaustivo ma delicato. Si avvicina in primis come figlio, e come in occasioni precedenti, con grande umiltà, in un gesto assolutamente fuori moda, ringrazia, saluta la propria provenienza dall'Altro.
Raccoglie il testimone dei suoi genitori, i racconti preziosi e illuminanti delle sue pazienti, e con un soffio li spoglia del quotidiano per farci riscoprire la trascendenza della vita, i piccoli e i grandi gesti, persino eroici, degli altri che ci hanno fatto diventare ciò che siamo.
Procede calmo, in una prosa semplice ma rigorosa, con un linguaggio più poetico che psicologico, illustrando e abbellendo le sue riflessioni con un nutrito corpo teorico composto non solo della lettura di psicologi e psicoanalisti ma di letture di romanzi e di un fitto numero di films, allontanandosi volutamente dai tecnicismi, in uno stile che è parallelo allo spirito del libro: arrivare al cuore della funzione materna senza mistificazioni ma con il desiderio esplicito di ripristinare la potenza fondamentale del desidero della madre. Perciò, assumendo la parte di colpa che la Psicoanalisi ha avuto nel colludere con il discorso sociale, il quale è poco riconoscente verso le madri, Recalcati si addentra in una analisi teorica saldamente incorniciata nelle vicissitudini della nostra epoca. Il suo interesse non è soltanto la maternità in senso generico, della quale si mostra un profondo conoscitore della letteratura specialistica (numerosi i riferimenti a S. Vegetti Finzi, Gennie Lemoine, ecc.), ma i modi in cui essa viene vissuta dalle donne al momento attuale. L'aspetto cruciale che Recalcati vuole evidenziare è che la vita necessita di un Altro che, custodendola, la porti alla luce del mondo. Quello che la maternità insegna è una prassi di ascolto, di cura, di pazienza.. tutte azioni che contrastano fortemente l'individualismo e il godimento sfrenato della nostra società. Persino l'inscrizione del bambino nel campo del linguaggio è opera della figura materna.
Il libro è strutturato in maniera classica, in tre grandi capitoli: Il desiderio della madre, L'ombra della madre e per ultimo, L'eredità della madre. Uno dei maggiore pregi del libro, a mio parere, sta nelle molteplici declinazioni cliniche che correlano le premesse teoriche. In questo modo, il pensiero filosofico prende corpo, si materializza attraverso i fantasmi e i racconti.
1) Il desiderio della madre:
Il pensiero di Recalcati si fa erede dell'esistenzialismo per evolvere ogni possibile nichilismo in un inno alla vita. Secondo lui, è proprio perché la vita viene gettata nell'esistenza -come direbbero Sartre e Heidegger- che essa invoca la sua inclusione nel senso.
La tesi fondamentale è che la funzione materna unisce il desiderio non alla Legge, funzione paterna, ma alla vita; il sentimento della vita viene trasmesso attraverso il desiderio materno. Desiderio che attraverso le cure materne sa riconoscere il valore singolare di ogni figlio, offrendo “un desiderio non anonimo”. E' la capacità di donare un “interesse particolareggiato” di fronte alla Legge dell'Universale, di riconoscere nel figlio il suo valore insostituibile, che fa sì che anche la figura della madre sia insostituibile.
Il primo capitolo è una personale lettura dei punti cardine di quanto sulla dialettica madre-bambino hanno scritto in proposito Lacan e Winnicott, accostandoli all'eredità cristiana. In particolare i riferimenti a Levinàs e l'Antico Testamento assumono la funzione di dare uno spessore maggiore all'argomento di cui tratta. Recalcati si inginocchia davanti al miracolo della generazione della vita, al suo mistero; la nascita e la crescita, in quanto cuore più profondo e vero della nostra esistenza. La madre sarebbe quella più vicina alla trascendenza, e nei suoi gesti coglie il senso ultimo della nostra venuta al mondo. All' iper-tecnologizzazione della nostra epoca, Recalcati oppone la nudità delle mani delle madri, il loro sguardo e la loro parola come ciò che salva l'uomo da correre ed agitarsi nell'insensatezza della vita.
Ciò nonostante, per quanto fondamentali siano le cure materne e la presenza costante e affidabile della madre, questo non vuol dire in nessun modo sposare la tesi naturalistica sulla maternità, e nemmeno si esaurisce lì l'importanza del rapporto madre-bambino. Se la cultura patriarcale mirava a cancellare l'eccesso ingovernabile della femminilità attraverso l'idealizzazione della maternità come sacrificio di sé, Lacan metterà l'accento su quanto la maternità sia una costruzione simbolica dove sono di fondamentale importanza, non solo la presenza, ma anche l'assenza e la separazione. Recalcati sottolinea quanto la sublimazione materna -il distacco della madre dal figlio- sia già un atto del desiderio stesso della madre, e come sia la trascendenza del desiderio femminile ciò che impedisce che il bambino possa saturare il desiderio materno. Anzi, l'insegnamento di Lacan ha mostrato che l'esistenza del desiderio della donna come non tutto assorbito in quello della madre sia la condizione essenziale affinché il desiderio della madre possa essere generativo. Cito: “sintomatica e maligna è piuttosto quella maternità che distrugge la donna o, se si vuole, che rigetta la donna nel nome assoluto della madre”.
2) L'ombra della madre
Nel secondo capitolo Recalcati teorizza due versioni patologiche opposte della maternità: la madre-coccodrillo e la madre narcisistica, figura che Recalcati ritrova anche nella Medea di Euripide. La madre- coccodrillo, spiega Recalcati, è la metafora che Lacan usò per definire l'accentuazione estrema del fantasma materno dell'onnipotenza della fusione madre-bambino e del miraggio di appartenenza reciproca. La madre narcisistica, per il contrario, è la donna che rifiuta tendenzialmente la maternità in quanto a prevalere è la propria immagine narcisistica e il bambino sottrae valore fallico al suo corpo.
Questo capitolo è il più strettamente clinico: Recalcati descrive in modo sintetico ma preciso le difficoltà nell'accesso alla maternità per alcune donne, e sul fallimento della soggettivazione simbolica della maternità per altre che fa loro vivere la propria gravidanza come un'esperienza intrisa di angoscia. Inizia esponendo alcuni fantasmi che problematizzano l'accesso positivo alla maternità, arrivando ai casi più gravi di rifiuto, persino d'infanticidio. Sia nei casi riportati di sterilità di origine psicogena, sia in molti casi di depressione post-parto, si trovano “le infinite pieghe sintomatiche” che può assumere la maternità. Dai fantasmi materni che possono ridurre i figli ad essere un supporto narcisistico, ai casi dove il rapporto con il reale del corpo del bambino provoca un'angoscia nella madre che fa emergere il figlio come puro reale privo di senso.
3) L'eredità della madre
Per concludere Recalcati rinnova la sua tesi cardine: l'eredità materna consiste nella trasmissione del sentimento della vita, il diritto di essere, il diritto di essere nel mondo. I casi di grave depressione materna oppure i casi di madri narcisistiche, dove il rapporto madre-figlia viene gravemente compromesso - come nel film di Bergman “Sinfonia di autunno” sul quale Recalcati si sofferma- ci illustrano le conseguenze fatali sui figli del fallimento nella trasmissione di questa eredità. Numerosi sono gli esempi riportati di figlie alle quali le è stato negato l'accesso allo statuto della donna: figlie che si sentono inadeguate, o che si sacrificano, o che vivono in un'aderenza troppo stretta con la propria madre, oppure che ripetono il godimento perverso della madre dalla quale non riescono a separarsi. Se il ravage, per Lacan, è un elemento caratteristico del legame della donna con sua madre, che può spostarsi anche sul partner, è per la difficoltà insita nel processo di soggettivazione del desiderio femminile. Difficoltà questa, che porta alcune donne a piegarsi alla violenza maschile, nell'illusione di trovare una risposta al loro desiderio.