PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
di Luigi Benevelli

Le degenerazioni umane secondo Pietro Petrazzani (1911)

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1 agosto, 2015 - 11:29
di Luigi Benevelli

 
Pietro Petrazzani fu direttore del manicomio di Reggio Emilia, presidente dell’Ordine dei Medici di Reggio Emilia. Socialista, poi interventista nella prima guerra mondiale, infine primo sindaco fascista di Reggio Emilia dal 1922 al 1925, scrisse  Le degenerazioni umane (studio di biologia clinica),  parte della sezione “Sanità psichica” del Trattato di medicina Sociale  diretto da Angelo Celli e Augusto Tamburini, edito dalla Casa Editrice F. Vallardi, Milano, 1911, da cui sono tratte le citazioni che seguono:

Tra la Medicina antica che tratta delle malattie degli Individui e la recente che tratta delle malattie della Società, si affaccia la “Medicina delle Stirpi”.
Il degenerato porta con sé  fin dal momento in cui fu concepito le ragioni della sua inferiorità; una inidoneità a certi adattamenti che lo rende incapace di provvedere ai propri interessi  (economici e sociali, ma anche a quelli biologici dell’individuo e della specie). Ai meccanismi di arresto dello sviluppo d’origine degenerativa vanno fatte risalire la paranoia originaria, le anomalie sessuali per deficit  negli apparecchi nervosi corrispondenti (ermafroditismo, omosessualismo) e la frenastenia morale (che può raggiungere la criminalità nativa).
Ogni arresto di sviluppo (…) corrisponde a una riapparizione atavica  (…) ossia di fermata in qualche meccanismo strutturale che la filogenia possedette a suo tempo. (…) Perché una figura antropologica sia atavica  (…) occorre che riproduca una di quelle forme che furono un tempo espressioni di vita normale e ben adattate al loro ambiente; altrimenti occorre aggiungere alla parola atavismo (…) l’aggettivo morboso.
Vi è una deplorevole confusione tra amoralità transitoria o durevole, e frenastenia morale, criminalità congenita, ecc. Né i primitivi inferiori, né gli animali superiori sono normalmente frenastenici morali, più che non siano normali i delinquenti dei nostri giorni. Il  criminale nato è immorale, il selvaggio è amorale (non sa cosa sia il bene e il male); non vi è somiglianza fra il criminale e il fanciullo (non sa distinguere; non sa di fare del male). Al pazzo morale non manca la nozione etica.
Non vi è atavismo nella delinquenza congenita.
La psicologia del criminale s’aggira sui due cardini dell’eredità, quando è nettamente degenerativa, e dell’ambiente. (…) Biologicamente, il reato non è, per noi, se non una reazione illegale dell’individuo all’ambiente.
Le differenze fondamentali nettissime traggono dalla legge ferrea dell’irreversibilità dell’evoluzione per la quale (…) questa (…) non può più mai, per nessuna ragione riacquistarli (proprietà e caratteri); (..) altro è aver perduto per un vuoto ereditario parte o tutto il patrimonio dei sentimenti morali (il frenastenico morale per cui ogni speranza di riconquista è perduta), e altro è non averli ancora evolutivamente acquistati (educabilità).
 In ordine di affinità, alla frenastenia morale segue l’epilessia. Nell’isterismo è maggiore l’influenza del fondo degenerativo; nulla in comune con l’epilessia, non ha base organica. L’isterismo (sindrome oscura e bizzarra e ribelle a molte delle  leggi comuni della patologia- nostra miseria scientifica) ha una enorme prevalenza nel sesso femminile; e, nel sesso maschile, nelle razze e nelle stirpi più antiche ed esauste, quale per es., l’ebraica.
Quanto alla demenza precoce ebefrenica  (affettiva), paranoide (intellettiva) , e catatonica (motoria), se l’anatomia patologica riuscirà a rivelar bene le lesioni corticali della demenza precoce, se ne ha sicuramente di proprie, (…) il sussidio recato alla soluzione di tutti i problemi che la riguardano sarà enorme.
Quanto alla neurastenia, fatica, esaurimento nervoso da predisposizione acquisita – gracilità costituzionale- è avanzata l’ipotesi che sia una malattia del progresso. Il nostro sistema nervoso è così fatto che oltre un certo limite trova nel torpore stesso della stanchezza il suo riparo e il suo ristoro. Non le sole emozioni ma le malattie propriamente dette (…) preparano magnificamente la strada al sopraggiungere della neurastenia (ipotesi tossica endogena o esogena). Il neurastenico non è un degenerato in quanto e perché neurastenico; ma è un de- generatore, trasmette dei deficit.
Circa l’amenza è formulata una causalità tossica, non degenerativa, salvo una predisposizione degenerativa, mentre circa le psicosi senili e presenili si affermano legami prossimi e diretti con lo stato di degenerazione ereditaria. Le stimate p.d., i segni patognomonici della degenerazione, sono in numero ristrettissimo; per i segni comuni occorre sempre procedere all’eliminazione delle influenze morbose sul frutto del concepimento. E cita De Giovanni: nella speciale morfologia degli organismi risiede la loro speciale morbilità: tutto ciò che nell’individuo segna una disarmonia morfologica o un’anomalia nel processo dell’evoluzione è fonte o può essere fonte di morbilità.
Petrazzani si schiera fra quelli che non chiedono “l’applicazione di barbare e balzane idee, quale per es., quella della evirazione preventiva, la sterilizzazione nel senso più radicale della parola. (…) Noi crediamo assai più nell’efficacia lenta e automatica dell’igiene generale che, prevenendo le malattie tende a diminuire direttamente il numero dei  degeneratori; e in quella della più diffusa cultura che svela alla coscienza danni e responsabilità fin qui ignorate. Va anche migliorata l’integrità della specie. Al riguardo egli raccomanda il no al celibato, all’astinenza dei preti per “il ricco tesoro di potenziali energie per la specie” che va perduto.
Comunque il provvedimento di profilassi antidegenerativa in genere più attivo di tutti (…) è quello dell’educazione intesa nel lato biologico che le dà Le Dantec, ossia come l’insieme delle condizioni in cui si compie lo sviluppo dell’individuo. (educazione come ambiente/ eredità, ossia l’insieme delle proprietà della cellula iniziale). Nell’incessante contrapposizione  che è tra Eredità e Ambiente la vittoria, alla lunga, rimane sempre a questo.
L’insegnamento messianico Fa agli altri quel che vorresti fatto a te stesso va tradotto  nel linguaggio della “nostra filosofia naturalistica” nella formula è morale tutto ciò che è utile alla specie (…). Chi allontanandosi dalla legge morale, si macchia del vizio e del disonore costituisce sé in condizioni di inferiorità biologica; intacca il proprio patrimonio ereditario; diventa uno scarto dell’umanità e fallisce allo scopo di propagare, migliorandola, una discendenza.
In conclusione, la degenerazione consiste in una riduzione del patrimonio biologico del generato causata da nocive azioni d’Ambiente sul genitore; la quale, per l’inidoneità adattiva organico-funzionale che la qualifica e che di solito si manifesta con segni speciali, tende a propagarsi nella discendenza turbandone progressivamente  i processi evolutivi sino alla sua completa eliminazione, se non intervengono in tempo le azioni correttive dei mezzi rigeneratori.

a cura di Luigi Benevelli 
 
Nota: le citazioni sono tratte da pagina 139 a pagina 351, passim.
 

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