IL SOGGETTO COLLETTIVO
Il collettivo non è altro che il soggetto dell’individuale
di Antonello Sciacchitano

Resistere alla scienza

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4 gennaio, 2018 - 13:52
di Antonello Sciacchitano
Amano il proprio delirio come sé stessi.
S. Freud, Minuta H

 
La spinta più potente a resistere alle scienze è la convinzione che producano un risultato globale prima che locale, collettivo prima che individuale, pernicioso per gli schemi culturali acquisiti. In effetti, la nuova scoperta scientifica, indipendentemente dal suo contenuto, indebolisce inevitabilmente il magistero vigente; quindi compromette il legame sociale di chi si attiene all’insegnamento ufficiale. Le scienze pregiudicano gli schemi universali vigenti, gli idola tribus secondo Bacone, che fino a poco tempo fa si chiamavano ideologie. Il magistero insegna cose vecchie e consolidate, codificate nel libro: la Bibbia, il catechismo, gli scritti di questo o di quell’autore, magari insediato in qualche cattedra universitaria; la scienza, invece, propone cose nuove non ancora scritte. Ma venire a sapere cose nuove significa in concreto cambiare abitudini mentali e forme di pensiero, quindi forme di vita, cosa dispendiosa e faticosa, certamente disturbante per l’establishment, che non sa controllare il nuovo come non sa dominare la devianza e la follia.

Circola l’obsoleto ma inalterabile ritornello che le scienze non trattino l’uomo nella sua interezza e globalità umana; le scienze sarebbero riduzioniste (leggi “meccaniciste”) e perfino scientiste, proponendosi come unico sapere valido. Non è così, ma ci credono in tanti, in particolare gli psicoanalisti, ciascuno “formato” secondo le regole della propria scuola. Probabilmente fa comodo crederlo per difendere la stabilità della propria ideologia. Allora, completando il detto di Freud, si può dire che si ama come sé stessi il proprio delirio – intendi il delirio comune di appartenenza – e si odia l’innovazione scientifica come l’altro, il nemico o il “barbaro”. Insomma, si tratta la scienza come una migrante. Allora si chiudono le frontiere dell'intelletto.

Un esempio paradigmatico: dall’invenzione della macchina di calcolo universale al web ne è passata di civiltà sotto i ponti. Tuttavia, la forma patologica di resistenza all’innovazione scientifica si rivolse contro l’autore, un certo Alan Turing, inventore di un dispositivo dimostratosi ben più potente e versatile della leva di Archimede: il computer universale. Turing fu processato dai ben pensanti vittoriani come Galilei fu processato dalla Curia Romana tre secoli prima. E pensare che fu più benemerito di Galilei, avendo dato un contributo decisivo alla vittoria degli Alleati nella seconda guerra mondiale, decrittando i messaggi tedeschi, codificati con la macchina Enigma. L’accusa pretestuosa: omosessualità. Fu condannato alla terapia ormonale. Preferì il suicidio.

Chi mi dà una spiegazione freudiana?

Già, Freud! Freud aveva mangiato la foglia molto tempo prima, fin dal 1895 all’epoca del Progetto per una psicologia. Per produrre la sua psicoanalisi Freud saggiamente ripiegò dalla scienza alla medicina, che non è scienza ma applicazione tecnica alla salute, da sempre funzionale al potere con la scusa che opera per il bene comune (cioè del potere). Les non dûpes errent (“i non babbei errano”), insegnava il mio maestro, giocando sull’omofonia con Le Nom du Père (“il Nome del Padre”). Guarda com’è vero! Il calcolo di Freud fu certamente astuto sul breve periodo. Ma, dopo la facilitazione iniziale dovuta al miraggio della nuova cura delle malattie mentali, la psicoanalisi si arenò nelle secche della malattia iatrogena. Freud l’aveva persino previsto: “Voglio solo sentirmi al sicuro dall’eventualità che la terapia uccida la scienza.[1]” Finì proprio così come era cominciata: con la resistenza alla scienza.



[1] S. Freud, La questione dell’analisi laica. Conversazioni con un imparziale. Poscritto (1927), trad. A Sciacchitano e D. Radice, Mimesis, Milano-Udine 2012, p. 112.

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Commenti

L ' "obsoleto ritornello" sulle scienze riduzioniste e meccaniciste è stato di sicuro facilitato anche da tanti scienziati-scientisti e da una "vulgata" corrente che propone , con un'estrapolazione veramente indimostrabile e superstiziosa, il sapere scientifico come strumento unico e quasi assoluto di interpretazione del Reale: di ogni reale.
Tanto che talora siamo portati a concedere dignità di esistenza,dignità ontologica, ad un fenomeno solo se riusciamo a darne una qualche validazione con gli attuali canoni "scientifici" (prima la teoria poi la realtà: ricorda tanto Don Ferrante!!).
Ho forti dubbi che le emozioni, i sentimenti , i drammi umani, ma anche morali, possano essere compresi con questo strumento che è adeguato in taluni campi ma appare totalmente inadatto in altri (oltretutto "quale" metodo scientificoi,quello delle scienze "dure"? Quello delle scienze umane?)
.Sembrerebbe anzi che taluni fenomeni propongano attualmente alla stessa scienza fisica la possibilità di adottare inediti paradigmi epistemologici: penso ad esempio all 'entanglement ed al modello olonomico di Bohm e Pribram. , al collasso della funzione d'onda in relazione all'osservatore ed alla sua coscienza (con le relative ipotesi di Wigner e Michio Kaku).
Siamo tutti nati come figliocci di Freud e non vorrei morire come pronipote di Don Ferrante e figlioccio di Piero Angela (passando pure per Popper).

Una spiegazione "freudiana" ?
Del resto lo scrivi poco dopo: Freud aveva mangiato la foglia; perché farsi crocifiggere in nome della scienza ? Poi Freud non era nemmeno cristiano.
Se le scienze pregiudicano gli schemi universali vigenti (gli schemi universali di potere) allora è meglio starne alla larga, altrimenti il potere si incazza. Il viraggio di Freud stesso dalla scienza alla medicina, attuato nel lontano 1895 ha segnato la storia, il successo e l'attuale declino culturale della psicoanalisi. Per Freud la scienza è un rimosso (un rimorso) che torna nel suo stesso lavoro come un sintomo, un ri-morso appunto.
Nello specifico Turing aveva decritatto un sistema che si chiamava Enigma: Novello Edipo, come l'antico sciolse enigmi ma questa volta per via scientifica e non indiziaria. E come l'antico Edipo dovette essere evirato per la sua superbia intellettuale. La superbia di Turing fu la superbia dello scienziato che rende possibile la libera circolazione delle informazioni, facendoci vedere che ogni re, in fondo, è da sempre nudo.
Lo scienziato, e qui chiudo, definisce una volta per tutte un mondo senza dio, fatto di interazioni tra particelle e risolve così definitivamente anche le ultime e irrisolvibili ambiguità teologiche mai risolte né da Freud né da Lacan, né, tanto meno, dai loro tristi epigoni (tutte ritrovabili alla voci: Edipo-Padre-Nome del Padre-Morte del Padre-Padre originario-Castrazione etc)

E' curioso che la vera e unica crittografia non decifrabile, perché non deterministica, sia quella quantistica. Lacan l'aveva intuito nel lontano 1974: c'è un sapere nel reale che non cessa di non scriversi.


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