La giovinezza è sopravvalutata -Il manifesto per una vecchiaia felice Intervista a Paolo Hendel e Marco Vicari

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7 dicembre, 2019 - 12:30
Autore: Paolo Hendel e Maria Chiara Cavallini
Editore: Rizzoli
Anno: 2018
Pagine: 217
Costo: €15.30
A metà strada tra racconto di memorie, racconto comico e divulgazione scientifica, Paolo Hendel, con Marco Vicari ci raccontano la senilità (e anche la giovinezza), «Lo dico con tutto l’amore possibile nei suoi confronti: secondo me, riguardo alla giovinezza («dell’arida vita unico fiore»), Giacomo Leopardi esagerava. E la vecchiaia, caro Giacomo, me la butteresti via?», attraverso la svagata esperienza del protagonista. Frequenti i richiami letterari, e il tono sempre comico, a volte, in verità indugiando in una lieve malinconia. In effetti, comico e tragico sono le due facce della stessa medaglia. La prima parte, quasi un lungo monologo, in cui ci pare di vedere l’attore Hendel alle prese con la storia della sua vita, fa riflettere con leggerezza su quell’età in cui molte delle cose che si davano per scontate in gioventù sono difficoltose, e allo stesso tempo ci fa apparire la giovinezza come sopravvalutata, appunto. Nella seconda parte protagonista è la famiglia, i vecchi genitori: il racconto della propria vita di figlio.
 Non è stata una vita facile quella del protagonista, ma la modalità del racconto è terapeutica. La terza parte MEMORIA, SQUALI, PANNOLONI E BADANTI (Chiacchierando con la geriatra) affronta il tema della malattia con rigore scientifico ma senza cedere all’accademismo e anzi alleggerendo un tema difficile attraverso una scrittura brillante. A ogni malattia è associata una breve descrizione: «Quando il cervello manda in prescrizione tutte le bischerate che hai fatto (L’Alzheimer); Quando nei selfie vieni sempre mosso (Il Parkinson); Piove sul bagnato (L’incontinenza senile); Mi spezzo ma non mi piego (L’osteoporosi).»

Domanda: «Mi raccomando, queste sono cose private, io ve le racconto volentieri ma restino tra noi…»: che lavoro hai fatto su te stesso per ‘sdrammatizzare’ il disagio e riuscire a parlare delle malattie della terza età con tono divertente e senza mai perdere di vista il senso del tatto e il rispetto?

Paolo Hendel: Più che un lavoro è stata una necessità, un bisogno fisiologico. Ridere delle cose della vita, ridere di te stesso, degli anni che passano, della vecchiaia che si avvicina. In generale credo che non solo la comicità, ma in generale la creatività possa aiutare a superare o a sopportare certi tipi di malattia: «Un altro modo creativo di affrontare l’Alzheimer e le altre forme di demenza se lo sono inventato a Dresda, in Germania, alla casa di riposo Alexa Nursing Home. Gli operatori hanno creato una serie di “stanze dei ricordi”, dove i pazienti possono venire a contatto con oggetti d’epoca risalenti ai tempi della Germania dell’Est (il che, efficacia o meno del metodo, è già comunque un sollievo per l’anziano che pensa: “Finalmente un posto in cui io non sono la cosa più datata!”)». Se poi accostiamo alla creatività anche la tecnologia: in ambito medico è sempre più diffusa la possibilità di utilizzare protesi, e la tecnologia applicata alla malattia sta facendo passi da gigante. Per esempio, per trattare i disturbi dell’Alzheimer e altre forme di demenza «Anne-Christine Hertz, ricercatrice presso l’Health Technology Centre di Halland, in Svezia, […] ha collegato una cyclette a uno schermo dove vengono proiettate le immagini di Google Street View. Basandosi sui ricordi antichi del malato di Alzheimer, anche eventualmente con l’aiuto dei famigliari, si può scegliere un percorso o una strada per lui significativi, come ad esempio la via che da ragazzo faceva ogni giorno per andare a scuola. Una volta avviato lo schermo con le immagini di Google il paziente monterà sulla cyclette e pedalando potrà ripercorrere gli itinerari della sua vita. In pratica potrà viaggiare tra i propri ricordi.»



Domanda: Capita spesso che la letteratura comica approcci problematiche simili a quelle trattate del libro?

Marco Vicari: Certo, basti pensare a due capolavori del genere che sicuramente sono stati per noi dei riferimenti preziosi: uno è “Il collo mi fa impazzire” della grande scrittrice e sceneggiatrice Nora Ephron, l’altro è l’autobiografia di Billy Cristal “Still Fool ‘Em” (In Italia uscito come “Chi sono? Dove sono? E dove ho messo le chiavi” Sperling e Kupfer) dove si tratta ampiamente il tema della vecchiaia che avanza. In Italia il tema è stato poco frequentato dai comici. Si è ironizzato spesso sulla “macchietta” del vecchio, magari con gag e personaggi, ma raramente c’è stato un comico che, con onestà, è salito sul palco dicendo, come Paolo dice nel libro: “Forse è l’ora di fare i conti con gli anni che passano...”

Domanda: una narrazione teatrale può essere più o meno coinvolgente rispetto a quella scritta?

Paolo Hendel: Sicuramente per me più coinvolgente. Hai davanti un pubblico con il quale puoi giocare. È il motivo per cui da Gennaio 2020 inizierò la mia prossima tournée nei teatri di tutta Italia con il nuovo spettacolo che s’ispira ai temi del libro, dal titolo appunto “La Giovinezza è sopravvalutata”, scritto sempre con Vicari e per la regia di Gioele Dix.

«So che non è facile ascoltare e riascoltare il malato ogni volta con lo stesso interesse, ma se lo facciamo la gioia che gli procuriamo è grande e può essere considerata una vera terapia: la “terapia della reminiscenza”». Comunicare il disagio è in generale molto difficoltoso, e arduo può essere narrare la propria biografia senza cadere nell’autoreferenza.
Paolo Hendel ci riesce benissimo con una testimonianza che potrebbe riguardare ogni lettore e ogni lettrice. «Che lezione di umanità, anche verso i nemici, ci dava Aldo e quanta storia c’era dentro quel racconto! Forse abbiamo ascoltato poco i nostri anziani, forse potremmo ancora ascoltarli e farne tesoro, tanto più se l’Alzheimer ha la capacità, in questo caso magica, di farci sentire così vicino un passato remoto ricco di valori e insegnamenti altrimenti irrecuperabili»: l’ascolto è fondamentale, un ascolto etico e che sappia accogliere l’altro restandone sulla soglia.

 
Domanda: per un attore comico è fondamentale l’ascolto? Come cambia il tuo stato d’animo passando dalla pagina scritta al monologo comico-teatrale, specie in un ambito semi-divulgativo?

Paolo Hendel: cambia il passo. Puoi anche dire le stesse cose che hai scritto in un libro ma, se sei in Teatro, è importante il ritmo. Il racconto diventa più immediato. Le parole più dirette. Tendi a chiudere ogni discorso con una battuta, cercando la complicità del pubblico. È il motivo per cui il nuovo spettacolo prende solo spunto dai temi del libro, ma non è un suo adattamento. Si tratta di un nuovo testo dove, parlando della terza età, racconto anche l’Italia che invecchia, il momento in cui un uomo, dopo una certa età, si guarda indietro e si rende conto di non essersi comportato poi così bene con l’altro sesso e il temibile rischio, da anziani, di diventare “lamentosi” e “criticoni” sia nella vita reale che sul web.

«Cartello appeso nella sala d’aspetto di un ambulatorio di Milano «Coloro che si sono già diagnosticati da soli tramite Google, ma desiderano un secondo parere, per cortesia controllino su Yahoo.com». A scrivere il cartello è stato un dottore stanco della concorrenza sleale a opera del medico più consultato dagli italiani: Google».

Domanda: com’è nato questo libro?

Marco Vicari: La nostra editor Lidya Salerno aveva letto una breve intervista a Paolo in cui si parlava di questi temi e ci ha proposto il tema del libro. Noi poi abbiamo deciso, per “evitare di dire troppe bischerate” come dice spesso Paolo, di coinvolgere anche la Dr.ssa Maria Chiara Cavallini in modo da unire l’informazione con la chiave dell’ironia e del racconto.

Domanda: «Dunque, se, ringraziando Iddio, in una coppia di settantenni (e oltre) il desiderio c’è, è bene assecondarlo.» Cosa è per te il desiderio ora che stai diventando diversamente giovane?

Paolo Hendel: Se è al desiderio sessuale che ti riferisci, ti posso dire che più passano gli anni e più resta un desiderio. Detto questo il sesso dopo una certa età è una gran faticata. È come fare un trasloco. Vai continuamente in su e in giù, sudando e ansimando, con il rischio di mettere qualcosa nel posto sbagliato.

 «Gli anni passano, mi avvicino ai settanta e seguito ad avere la sensazione che potrei fare qualcosa di più e di meglio nella vita, la sensazione di essere inadeguato, non all’altezza della situazione. In sostanza, di essere ancora immaturo. Non so se questo è il segno che tutto sommato sono ancora giovane o se più probabilmente  significa che ho poche speranze ormai di diventare una persona adulta.»

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