Il paese degli smeraldi. Testimonianze e riflessioni sulla pratica e sulle ipotesi teoriche dello psichiatra Massimo Fagioli
Il Paese degli Smeraldi è la sintesi e la trasposizione in stampa dell’attività di un blog. Lo scambio, nell’estate del 2007 sul sito di uno dei curatori, ha avuto il rapido sviluppo tipico dei temi sensibili. Nei 3.000 post che costituiscono il materiale di riferimento prende infatti forma la denuncia e la testimonianza critica di pazienti ed ex pazienti sulla propria esperienza di psicoterapia. Oggetto specifico di tale denuncia e critica è la pratica di analisi collettiva di Massimo Fagioli e quella di psicoterapeuti che vi fanno riferimento.
Materiali
Più di 3.000 post sono inaspettatamente affluiti sul sito di Antonello Armando (www.antonelloarmando.it) a commento della sezione Bollicine 2007. Da questo enorme materiale sono stati selezionati circa 300 messaggi tra i più significativi e argomentati. È interessante notare che sullo stesso sito, attivo fin dal 2003, i commenti erano stati fino ad allora dell’ordine di poche decine; l’inizio di una così alta partecipazione, che continua ancora oggi, si registra a partire dall’incontro all’Auditorium di Roma, il 1° giugno 2007, tra i partecipanti all’analisi collettiva e il presidente della Camera Fausto Bertinotti.
Il lavoro dei curatori è consistito nella scelta del materiale da inserire nella raccolta seguendo alcuni criteri: anzitutto, vista la delicatezza dell’argomento, quello della veridicità del materiale stesso e della non riconoscibilità delle persone coinvolte; in secondo luogo, di privilegiare gli aspetti più significativi evitando le ripetizioni che spesso connotano questo tipo di fonti; infine, la pertinenza delle questioni sollevate ad ambiti più ampi di quello specifico oggetto di contestazione, ossia la possibilità di interessare un pubblico ben più vasto di quello delle persone direttamente coinvolte nell’esperienza di Fagioli e dell’analisi collettiva.
In questo lavoro di selezione è emerso immediatamente il forte potenziale della riflessione avviatasi, che andava sviluppandosi secondo alcuni precisi filoni. Questo ha reso naturale raccogliere i post in capitoli tematici.
L’attenzione dei curatori si è rivolta anche alla necessità di presentare ogni specifico capitolo con ampie introduzioni che dessero ai post un’opportuna cornice storica, metodologica e teorica, fornendo al lettore la conoscenza dei principali punti in discussione. Questa formula ha contribuito a far perdere ai messaggi il carattere di episodicità proprio di comunicazioni personali, accentuandone le qualità di immediatezza e spontaneità che stanno valorizzando questa forma di scrittura come dotata di particolare efficacia.
Infine, la premessa iniziale, particolarmente curata, insieme al glossario e alla bibliografia che concludono il volume, ne fanno un’opera completa e di vasto interesse.
Piano dell’opera
Il libro si apre con una premessa generale: essa si propone come il filo conduttore dell’intera lettura avanzando un’ampia ed esaustiva interpretazione del percorso di ricerca che vi si svolge, tanto da poter essere riferita alle problematiche di molte nuove proposizioni in campo scientifico.
Il primo capitolo, Testimonianze e racconti, raccoglie le comunicazioni che più direttamente denunciano aspetti problematici della pratica clinica ed extraclinica dell’esperienza in questione. I post di questa sezione sono numerati poiché è soprattutto ad alcuni di essi che ci si riferirà nel progredire della discussione. Nel secondo capitolo, Sul blog, sono contenuti i messaggi relativi alla stessa legittimità del blog, in un confronto tra suoi sostenitori e suoi detrattori. In esso vengono sollevate questioni di deontologia e di opportunità che per essere meglio comprese sono precedute da una premessa centrata sul rapporto, negli anni, dell’analisi collettiva con i media. La questione dell’autoreferenzialità, propria di una realtà isolata, risulta in tal modo svelata in molti dei suoi meccanismi e delle sue dinamiche, comuni a situazioni analoghe, anche se apparentemente distanti.
Nel terzo capitolo, Sulla cura, si affronta lo specifico argomento della cura, ossia della tecnica terapeutica e delle sue motivazioni in termini di teoria della cura. Una premessa introduce al mondo dell’analisi collettiva e al suo linguaggio, in modo che esso risulti raffrontabile con quello di altre pratiche psicoterapeutiche. Il quarto capitolo, Sui rapporti, ha come oggetto i rapporti personali, lo stile di tali rapporti all’interno dell’analisi collettiva. La raccolta dei post che si riferiscono a questo tema, insieme alle note che la introducono, forniscono un quadro abbastanza completo dei problemi che possono riguardare una comunità connotata da una forte tensione utopica, con alle spalle una storia trentennale e che presenta al suo interno pratiche discutibili che possono incorrere nell’intolleranza e nel fanatismo.
Il quinto capitolo, Sulla teoria, tratta delle ipotesi teoriche di Fagioli (l’introduzione riassume le principali novità del suo pensiero, dando modo al lettore di orientarsi). Mentre il riferimento alla teoria è una costante dell’esperienza in analisi collettiva, nel blog questi temi sono più che altro accennati, inizi di una riflessione ancora da svolgere. Il sesto capitolo (introdotto solo da poche righe), Opinioni a confronto, è composto di post quasi tutti firmati da addetti ai lavori che hanno conosciuto da vicino quell’esperienza. In esso i riferimenti al mondo e ai temi della psicoterapia sono costanti e ampi. Il settimo e ultimo capitolo, Sulla storia — dopo una suggestiva introduzione che spiega il titolo del volume (tratto da Il Mago di Oz) e colloca storicamente il blog e l’esperienza che lo ha originato — si interroga sulla vicenda complessiva di quest’esperienza, in particolare su un suo "prima" e un suo "poi" che ne spieghino l’attuale distanza da essa degli autori.
Infine il Glossario, redatto da un gruppo di autori in collaborazione con i curatori, risponde all’esigenza di trasmettere al lettore l’atmosfera del blog, che diventa anche il luogo dove si coniano storie e metafore nuove, insieme a una sorta di lessico che va a costituire un prezioso e intimo legame affettivo tra i partecipanti, capitati lì alla ricerca forse proprio di questo, per sfuggire alla solitudine che sempre accompagna il distacco da una realtà pervasiva come quella di cui si narra.
I curatori
Luigi Antonello Armando, psicoterapeuta, già docente di Psicologia dinamica e di Psicologia generale nelle università di Roma, Siena e Napoli, autore di numerose pubblicazioni e volumi.
Albertina Seta, psichiatra, ha lavorato nel servizio psichiatrico pubblico a Roma, attualmente esercita la professione privata di psicoterapeuta e conduttrice di gruppi nella stessa città, ha al suo attivo diverse pubblicazioni e partecipa alla redazione della rivista psichiatrica online POL.it.
Background
L’analisi collettiva è un fenomeno noto per aver destato ai suoi inizi, negli anni settanta, un certo interesse della stampa. A quell’epoca, a ridosso dell’espulsione sua e di altri dalla Società Italiana di Psicoanalisi, Fagioli iniziò a condurre presso l’Istituto di Psichiatria dell’Università La Sapienza di Roma sedute di psicoanalisi di gruppo che raccoglievano più di cento persone per volta, le quali suscitarono scalpore principalmente per questa loro caratteristica. Dopo qualche anno di permanenza in quella sede, le sedute si spostarono nello studio privato di Fagioli a Trastevere, dove hanno continuato a svolgersi per circa trent’anni e si svolgono ancora.
Del gruppo, che ha un bacino di influenza di qualche migliaio di persone, nel tempo rimasto pressoché costante, ultimamente si è tornato a parlare per via del suo coinvolgimento in alcune vicende della politica italiana, nel cui ambito si è ripresentato con le nuove caratteristiche di compagine particolarmente attiva e militante. Negli ultimi quattro anni, il Partito della Rifondazione Comunista e il suo leader Fausto Bertinotti hanno dato spazi, in verità più ufficiosi che ufficiali, a questa realtà, con conseguenti ricadute mediatiche; nel frattempo l’analisi collettiva si è dotata di propri strumenti di intervento, come il settimanale Left, che ha interessato le cronache per i numerosi cambi di direzione della sua breve vita (due anni), punteggiata dall’agitazione di redattori e maestranze.
L’intera vicenda, che di per sé potrebbe essere considerata marginale, apre una serie di questioni generali che vanno dall’ambito strettamente psicoterapeutico, dove vengono posti seri interrogativi sulla legittimità di alcune pratiche, a quello della valutazione della pretesa di costituire un’alternativa alle antropologie freudiana e marxista, a quello della comunicazione e della possibilità di un utilizzo dei media talmente disinvolto da rasentare la falsificazione, inteso a convalidare quelle pratiche e quella pretesa sul piano di una "politica dell’immagine" sempre più scaltra ed elusiva in merito ai contenuti che veicola.
L’irresistibilità di un’ascesa mediatica montata ad arte dovrebbe trovare un antidoto nei dispositivi critici di cui la società è dotata, ma oggi il rischio è che tali dispositivi non funzionino o vengano a propria volta marginalizzati. In questo senso la vicenda di cui si occupa il blog, e il libro con lui, può risultare emblematica: in uno scenario ipotetico, disporre di una task force di due o tremila persone, potrebbe, rivitalizzando il mito di una partecipazione divenuta la fata morgana della politica, rappresentare una forza di attrazione per politici e intellettuali entusiasti di una platea gremita, indipendentemente dalle idee che ne guidano il movimento.
Il libro quindi, pur avendo come oggetto immediato una specifica "microstoria", punta attraverso di essa a qualcosa di più ampio. Il suo titolo va recepito come una metafora atta a descrivere non solo l’illusione mediatica e le sue possibilità di gestione spregiudicata al di là dello specifico caso; ma anche l’aspetto totalizzante di certe esperienze psicoterapeutiche e ipotesi teoriche, che sempre più tendono a non limitarsi ad attività e proposizioni verificabili in ambito scientifico o di libero confronto di idee e si pongono direttamente a operare in campo sociale, dando vita a piccole lobbies, ovvero a microsocietà, che permettono loro di mantenere autosufficienza e autoreferenzialità: un fenomeno, questo, non riducibile a quello delle cosiddette psicosette, in cui ricorrono evidenti violazioni della legalità, ma a qualcosa di più complesso, che le avvicina piuttosto alla problematica del "culto" alla quale in molti cominciano a interessarsi seriamente.
Il blog, nato come forma di protesta, rappresenta emblematicamente la rottura "dal basso" e "dall’interno" che dà a ogni esperienza la possibilità di essere esaminata e criticata anche da chi non l’abbia direttamente vissuta. Esso ha il merito di proporre, oltre alla denuncia di fatti specifici che richiedono legittimamente attenzione, una riflessione articolata su aspetti che ne fanno un possibile oggetto di interesse per qualsiasi lettore, anche totalmente estraneo alla vicenda di Fagioli. Esso si riallaccia a quelle correnti di pensiero che vedono nella critica interna a certe pratiche il punto di partenza efficace e fecondo di nuovi punti di vista, il cui interesse va oltre l’occasione che li ha prodotti.
Commenti
Massimo Fagioli è morto oggi...