I Peter Pan della globalizzazione
Dall'adolescenza all'età adulta oggi, nell'epoca del precariato e della globalizzazione
di Leonardo (Dino) Angelini

Neoadulti precari

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13 aprile, 2014 - 18:01
di Leonardo (Dino) Angelini
È indubbio che oggi l’adolescente si trovi di fronte ad un lunghissimo processo di passaggio, che - mutatis mutandis - presenta gli stessi elementi di cerimonialità riscontrabili in ogni passaggio all’età adulta, basati sulle medesime ragioni difensive che sono alla base di ogni cerimonia di passaggio. Elementi che però oggi diventa difficile riconoscere perché diluiti in un percorso cerimoniale che ormai in questa parte del mondo tende ad avere gli anni di Nestore e di Priamo.
 
Cosicché fra cerimonie d’ingresso in adolescenza e cerimonie di aggregazione all’età adulta lo stato di liminarità, tipico della condizione adolescenziale, si allarga sempre di più e il “personaggio eroico”, cioè l’Ideale dell’Io megalomanico che abita l’adolescente ha modo di affermarsi difensivamente (ma di questa difensività l’adolescente non sa e non deve sapere nulla) e di dispiegarsi a dismisura. Anche perché il personaggio eroico odierno è figlio di quell’atteggiamento estatico che i genitori della famiglia affettiva, così come tutto l’ecosistema adulto che ruota intorno al bambino (per dirla con Charmet) hanno assunto nei confronti del nuovo e idoleggiato - bambino - Narciso, che ormai – a parte qualche enclave di resistenza sempre più fievole ed isolata – ha sostituito il bambino - vortice istintuale – Edipo.
Per cui oggi come ieri la megalomania difensiva impera in adolescenza. Ma oggi, diversamente da ieri, l’azione di levigamento e di ridimensionamento dell’Ideale dell’Io megalomanico adolescenziale – cui, pur fra mille contraddizioni, alla fine anche i genitori e tutto ecosistema adulto mirano – viene diluita enormemente nel tempo. Ed avviene – e questo è ciò che più colpisce - all’interno di un percorso che, come ha dimostrato Stefano Laffi, non si sa mai con precisione quando ha termine, perché contrassegnato dalla precarietà.
 
È il precariato infatti che rende così incerta e continuamente differibile la fase finale di quel lungo processo di rimaneggiamento che si conclude con le “cerimonie di aggregazione all’età adulta”, cui normalmente si accede alla fine dell’adolescenza. Processo contrassegnato dal tramonto dei plurimi ed altissimi ideali megalomanici, e dal loro “imborghesimento”. E cioè dall’acquisizione, attraverso il lavoro specifico che ci è toccato in sorte, di quel Super io riparativo col quale poi dobbiamo fare i conti per tutta la maturità attraverso la partecipazione attiva, personale e specifica ai processi di riproduzione sociale.
Perché ciò accada però è necessario che il neoadulto possa collocarsi su di una solida e stabile piattaforma che permetta la propria personale coniugazione con gli altri attori della riproduzione sociale, sia nella professione che nella vita affettiva. Ma quali coniugazioni che è possibile mettere in piedi sul lavoro e, più in generale, quali progetti di vita è possibile fare allorché si vive in una dimensione di precarietà e di insicurezza circa il proprio futuro?
 
Il risultato di questa mancata partecipazione, da pari a pari e su un terreno di stabilità, ai compiti che l’età adulta impone è, da una parte, la perdita per la società di un patrimonio di energie e di creatività. Dall’altra il permanere del neoadulto in una situazione in cui ormai il lavoro di rimaneggiamento avvenuto in adolescenza sarebbe sostanzialmente terminato: così come il lavoro di rinuncia ai sogni adolescenziali, e la loro sostituzione con la singolarità di “un” progetto.
Il neoadulto cioè si troverebbe in una situazione in cui potenzialmente, terminato il lavoro di rimaneggiamento tipico dell’adolescenza, sarebbe pronto ad affrontare quel nuovo rimaneggiamento del proprio mondo interno contrassegnato dal lutto per il tramonto dei personaggi eroici (i sogni che diventano hobby!) e dal ridimensionamento figlio del Super Io riparativo: Sognavo di essere Freud e mi sono ritrovato Willy Coyote, titola un bel lavoro di un gruppo di miei giovani amici psicologi a commento del loro travagliato ingresso nel mondo del lavoro.
Sarebbe psicologicamente pronto! Salvo poi scoprire che questo passaggio nella società del precariato non è strutturalmente possibile!
 
Ciò che viene fuori è come un pestare acqua nel mortaio: un ulteriore lavoro di levigamento del personaggio eroico che non ha più ragione di essere fatto. Una situazione di stallo in cui gli ulteriori “passi in avanti” sul piano del rimaneggiamento adolescenziale risultano, in effetti, venefici sia per il presente che per il futuro.  Venefici perché, se la situazione di precariato non viene velocemente superata, sono destinati o a produrre uno svilimento (e non più un levigamento) dell’Ideale dell’Io, o a sviare il neoadulto verso sogni illusori di partecipazione “romantica” al processo di riproduzione sociale. E in ogni caso ad incistarlo in una condizione che potremmo definire di “Sindrome di Peter Pan malgré soi”.
 
La famiglia sta tentando di creare degli anticorpi trasformandosi, dove è possibile, in “famiglia lunga”, come dice la Scabini. E la famiglia lunga, così come il welfare familiare, cioè gli 82 miliardi di euro annui che dalle generazioni che declinano paradossalmente passano ai neoadulti, sono lì a dimostrare la natura e l’entità finanziaria di questo sforzo. Ma ovviamente famiglia lunga e welfare familiare risolvono il problema in termini familistici, e sostanzialmente non possono far nulla sul piano sociale.
La società e soprattutto lo Stato, cui spetterebbe questo compito, invece sembrano sordi al problema del precariato, che pure è – e diventa sempre di più - uno dei principali problemi che abbiamo oggi di fronte a noi. E finora hanno preferito premunirsi di fronte a possibili cambiamenti “catastrofici” attraverso una serie di operazioni tendenti ad esaltare la flessibilità e contemporaneamente a killerare la socialità ed ad ottundere lo spirito critico di giovani e meno giovani.
La compartimentazione della formazione cui mirano i governanti attuali va in questo senso: da una parte le elite formate in scuole ed università private e costose. Dall’altra una scuola ed una università pubbliche sempre più svilite.
Passerà e, soprattutto, reggerà questo assetto alla prova delle prossime sfide?
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Commenti

Hai toccato un problema davvero cruciale per il mondo adolescenziale. Il passaggio, già di di per sè travagliato, dell'adolescente nell'età adulta oggi comporta un'entrata nel precariato che equivale ad una adolescenza senza fine, con tutto quello che comporta.
L'adolescente dovrà essere aiutato, a mio parere, a "convivere" con la precarietà perchè non esistono ricette e non ci sono stati o soluzioni politiche che possano eliminare il precariato. L'alternativa sarebbe concepire un mondo che non sia più schiavo dell'economia e della finanza. Quanti però sono disposti oggi a sostenere questa tesi?

" Soyez réalistes! demandez l'impossible!". Gridavano gli studenti parigini del Maggio '68.
Ciò che manca alle nuove generazioni è l'immaginazione! Manca perchè questi giovani sono stati derubati del loro pensiero critico.
E quand'anche volessero esprimere, nonostante l'opera di dilavamento delle coscienze critiche, quel qualcosa di autonomo e di autentico che è rimasto in loro, devono stare molto attenti a metterlo in parola. Perchè sanno che è molto difficile sollevare la testa per chi ha ottenuto un lavoro "per preghiera", e non per diritto!
Dino Angelini


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