PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
di Luigi Benevelli

Emile Kraepelin eugenetista

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1 ottobre, 2024 - 09:31
di Luigi Benevelli

Anche prima dell’affermarsi delle teorie e delle pratiche dell’eugenetica fra Ottocento e Novecento era opinione comune che le malattie mentali fossero trasmesse per via ereditaria.

Pure Emil Kraepelin (1856-1926), figura di grande rilievo nella scienza medica psichiatrica, oltre che nella società e nella politica sociale del suo tempo ed oltre, fu convinto sostenitore dell’ideologia eugenetica.

Ne hanno parlato Keijin Yamamura e Toshiya Murai, psichiatri dell’Università di Kyoto 1 rileggendo in particolare l’ottava edizione del suo Trattato di psichiatria generale (1909).

Kraepelin al ritorno dal viaggio a Giava (1904) aveva espresso forte preoccupazione per l’aumento dei disturbi mentali in Germania: di qui prese spunto per elaborare il tema della degenerazione e la proposta di misure di “igiene razziale”, a partire dall’obbligo di sradicare nelle popolazioni alcoolismo e sifilide.

Fra le cause interne della follia (o predisposizioni) egli citava la degenerazione intesa come comparsa di caratteri trasmissibili nella discendenza per via ereditaria. Ne elencava 2 tipi:

  1. Degenerazione ereditata da entrambe i genitori

  2. Degenerazione da lesione del germe causa di infezioni o da avvelenamento (in particolare alcool). A tale riguardo elencava la dannosità dei meccanismi della civilizzazione (domestication) in quanto allontanamento dalla condizione di natura come accadeva in particolare, nella vita nelle città. A questo si doveva aggiungere l’impatto delle norme di moralità che portavano a mantenere in vita persone disabili, consentendo loro anche di riprodursi (aspetti negativi dell’amore tra gli umani).

L’elaborazione di Kraepelin faceva riferimento a un complesso di teorie che hanno alimentato l’eugenetica. In particolare:

1) l’auto-addomesticamento che avrebbe avuto un effetto dannoso sugli umani; in specie civilizzazione e urbanesimo ne avrebbero compromesso la capacità di sopravvivere. La tesi dell’ auto-addomesticamento fu fatta propria dall’eugenetica, specie nella prima metà del 20° secolo. Alcuni eugenetisti postulavano che popolazioni più autodomesticate ( - urbanizzate) avrebbero potuto sopravvivere per le stesse ragioni (???). al contrario, l’ipotesi autodomesticazione non pretende di sapere quello che si dovrebbe fare, più semplicemente descrive i tratti comportamentali sviluppatisi nelle generazioni, interpretando il fenomeno come inclinazione naturale o da selezione sociale. Recenti ricerche propongono la natura duale dell’autodomesticamento: gli umani manifestano crescente tolleranza verso i membri del proprio gruppo e maggiore aggressività verso i gruppi esterni;

2) il neolamarkismo, ossia la trasmissione per via ereditaria dei caratteri acquisiti, che si differenzia rispetto al Darwinismo ipotizzando che i fenotipi acquisiti nell’interazione con l’ambiente possano essere trasmessi alle generazioni che seguono;

3) le teorie della degenerazione – trasmissione delle anormalità per via ereditaria e aumento della loro gravità di generazione in generazione. Nella lotta contro la degenerazione auspicava una “rigenerazione” del popolo tedesco;

4) il Darwinismo sociale, ossia la tesi della sopravvivenza del più forte (Spencer). Kraepelin lamentava che mentre le persone giovani e sane si sacrificavano nelle guerre del Novecento, vecchi malati e disabili fruivano dello Stato sociale. I malati mentali costituivano un peso eccessivo, non tollerabile per la popolazione dei sani.

Secondo il nazionalismo etnico, alcune “razze” e gruppi etnici sarebbero superiori, come dimostravano le esperienze del colonialismo europeo che fra ‘800 e ‘900 aveva occupato pressoché l’intero mondo. Egli credeva comunque nella forza della nazione tedesca per la quale proponeva l’eradicazione di alcoolismo e sifilide, una severa igiene razziale comprendente la selezione della discendenza superiore e il miglioramento della vita nelle città. Nel testo del Trattato del 1909 citava la Francia come paese con i più pesanti segni di degenerazione culturale, mentre gli ebrei erano detti “con forte predisposizione a patologie neurotiche e psicologiche”. A loro riguardo notava come l’internazionalismo del popolo ebraico, a lui assai sgradito, fosse stato alimentato dal loro sradicamento.

Kraepelin fu caposcuola di una psichiatria tedesca che fu alla testa della ricerca mondiale sulle basi biologiche delle malattie mentali: da ricordare i finanziamenti della Rockfeller Foundation dal 1930 al 1939 alla scuola di Monaco.

Allievi di Kraepelin furono attivi nel movimento nazista fin dalle origini.

Gli autori concludono che il razzismo non è eticamente accettabile e che nella pratica clinica della psichiatria, i professionisti dovrebbero tener  sistematicamente conto del fatto che a loro e`stato affidato il potere di esercitare la propria influenza sui loro pazienti con prudente, sensata, giudiziosa moderazione. Come da raccomandazione di Disraeli (1845) secondo il quale il potere ha un solo dovere, quello di garantire il benessere sociale del popolo”.

 

Luigi Benevelli ( a cura di)

 

Mantova, 1 ottobre 2024

 

 

 

 

1.Keijin Yamamura & Toshiya Murai, Revisiting Emil Kraepelin’s eugenic argumentsHistory of psychiatry, 138, 2024, 206-214

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