Disagio

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Eravamo almeno 4 operatori della Salute Mentale, molte persone dell'entourage del regista, Antonio Mocciola, centrale figura del gotha della cultura gay di Napoli e qualche coppietta di innamorati, in questa grotta innaturale, oscurata dal nero carbone dipinto sul tufo, sotto un palazzo del Cavone.

Eravamo entrati dal fondo del microscopico palco, per andare verso il fondo della grotta nella piccola platea d'essai, notando appenda il minimalismo alla Dogma di Lars Von Triers della scena, appunto nera, con un rettangolo disegnato col nastro adesivo.

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Si


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Battaglia inutile la mia, da queste pagine ignorato nella mia presuntuosa saccenza, ripartita in due codici virtuali, uno alla moda e questo negletto, in cui a goccia a goccia, come il sangue sfilato via dal corpo condannato, cerco di costruire una possibile visione alternativa a quella della Psichiatria contemporanea, basata sul fastidio, per rifondarla sul concetto antropologico di emancipazione.



Questa volta provo a portare acqua al mio mulino, senza pensare ad altro che al mondo autistico in cui ci rinchiudiamo noi psichiatri, al massimo accompagnati da figure alternativamente utili come gli infermieri, i sociologi, gli assistenti sociali ed i rarissimi OTA dei Centri di Salute Mentale.



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