VIRTUALE E DINTORNI...
Cosa ci racconta la rete
di Francesco Bollorino

INFORMATION TECHONOLOGY SOCIETY, istruzioni per l'uso...in sette video

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31 ottobre, 2017 - 16:08
di Francesco Bollorino
Credo sia importante provare a fare il punto dal punto di vista fisiopatologico sul virtuale.
L'affermazione definitiva del nuovo paradigma sociale ci ha fatto entrare nell INFORMATION TECHNOLOGY SOCIETY e come operatori delal Salute Mentale non possiamo esimerci dal CONOSCERE TALE REALTA' dal momento in cui essa ci viene portata dai nostri pazienti e fa parte INTEGRANTE delal loro e della nostra vita.
Ho pensato di raccogliere in sette video le mie opinioni sul tema e mi piacerebbe che questa divenisse anche e soprattutto un'occasione per aprire su questa pagine un dibattito serio ed articolato.

ECCO I VIDEO:

1) INTRODUZIONE

2) CAMBIO DI PARADIGMA

3) DALLA WEB ECOLOGY ALLA APP ECOLOGY

4) FISIOLOGIA DEL VIRTUALE

5) PSICOPATOLOGIA VIRTUALE?

6) UNA VITA "MOBILE"

7) VIVERE COSCIENTEMENTE IL POSTMODERNO

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Interessante l approfondimento che il prof. Bollorino circa il nuovo paradigma proposto dalla nuova società informatizzata. Offre spunti di riflessione che gia noi tutti,operatori del mentale,ci siamo individualmente posti. Gia al comparire dei primi cellulari ci ponemmo il problema del "galateo" d'uso dell'attrezzo sia nel setting dello studio sia attraverso la immediatezza degli sms che prolungavano i tempi di relazione ed interazione medico-paziente: pertanto gia il reperire una nuova formulazione di setting era un portato dell'azione della tecnologia applicata alla realtà delle dinamiche terapeutiche. Fino ai nostri tempi ove il mal di vivere, il dolore, la sofferenza del paziente è intrinsecamente legato ai "like" o a storie d'amore vissute attraverso video scambiati. Senza inoltrarci nell'evidenza di neo-narcisismi realizzati su facebook o altri social.
Cosa sia fisiologico o patologico. Cosa sia sano o "normale" lo scopriremo solo vivendo. E contaminandoci, come invita a fare il prof. Bollorino.

La mia esperienza di uomo di scuola e di analista mi ha portato ad assistere a un sovvertimento nel rapporto adulti e mondo giovanile, dato proprio dalla penetrazione delle tecnologie informatiche, che è stata più rapida presso i giovani, sempre aperti al nuovo, rispetto agli adulti. Se una volta il docente, per un effetto alone, era circondato da un’aurea di competenza a 360 gradi, per il contagio che la sua competenza disciplinare apportava, a torto, ma apportava su altri domini della conoscenza, c’è stata una fase di transizione, da 15 a 5 anni fa circa, in cui si assisteva al fenomeno contrario e cioè, la resistenza del docente all’utilizzo di strumenti informatici, portava la sua incompetenza su tale specifico, a farlo apparire, nel vissuto dello studente, come persona poco credibile anche nella sua materia.
Ora, l’utilizzo dei telefonini e la diffusione capillare della rete hanno riportato le cose in equilibrio, anche se tale equilibrio viene minato continuamente dall’uso improprio di tali tecnologie: ieri era postato sui giornali, il video di un allievo che tirava il cestino dei rifiuti in testa alla professoressa.
In tal senso, sull’uso chiamiamolo trasgressivo della rete, mi autocito come il preside che ad allievi che si erano postati sul web, mentre “fruivano” illecitamente del distributore di merendine, facevo prima ritirare il video, quindi postarne un altro nel quale chiedevano scusa per la ragazzata e invitavano i coetanei a fare un uso virtuoso delle moderne tecnologie e poi facevo scegliere loro tra quindici giorni di sospensione dalle lezioni o quindici giorni di assistenza ai servizi sociali presso un centro di disabili. (Hanno scelto l’ultima proposta, con grande soddisfazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, che proponeva tale decisione come modello di una scuola che educa e non agisce reattivamente, in quanto io, nella motivazione della proposta, evidenziavo come l’educatore debba canalizzare il protagonismo dei ragazzi in senso virtuoso). (Si può digitare: Preside De Luca Bulli).
Come preside ho anche dovuto confrontarmi e risolvere l’angoscia di una madre, che aveva scoperto come la figlia quattordicenne aveva ricariche telefoniche, previo spogliarello, da un orco che dall’altra parte “fruiva dello spettacolo”.
Cioè, mentre una volta, quando i figli tornavano a casa dal bar o dalla discoteca, noi genitori potevamo tirare un sospiro di sollievo, perché li sapevamo protetti nella loro cameretta, ora si è più tranquilli quando essi ne escono fuori.
Altro esempio che riporto è quello di un gruppo di studenti che in una settimana bianca, in una sala dell’albergo attrezzato con ping pong, biliardini, biliardi e altro, erano l’uno in fila all’altro, ognuno con il proprio telefonino in mano: “una moltitudine di solitudini”.
Certo che poi possiamo avere le memorie di momenti felici che non avremmo, possiamo fruire di tutta la musica che vogliamo, possiamo fare una ricerca volante, non stressarci se non ricordiamo il nome del protagonista di un film, andandone a cercare il nome su internet, certo che in un momento critico di un intervento, un chirurgo può intercettare un collega e fargli vedere la situazione, certo che ce ne sono una infinità di vantaggi e non si può essere neoluddisti, ma sta a noi, educatori, analisti, adulti, imparare e insegnare l’uso virtuoso di una tecnologia, la rete, che deve essere una rete di protezione e non una rete che intrappola.

Le affollate solitudini dei nostri tempi
Sarà il caso che aggiunga un capitolo sui social network

Fermiamoci un attimo e diciamocelo. Questo lungo e articolato videosaggio di Francesco Bollorino è cosa grande e importante. Per tantissime ragioni. Ne dico solo tre. 1. Perché costringe ad affrontare seriamente, non sfuggendolo non demonizzandolo, una parte ormai costitutiva del nostro essere, tanto più degli esseri con i quali siamo in rapporto, chi per ragioni terapeutiche chi per ragioni educative. Troppo facile, troppo comodo, ma anche troppo irresponsabile alzare le spalle e bollare tutto come non realtà. Il virtuale, tanto più quello digitale, è componente ineliminabile della pratica comune di realtà (e di verità!). Dunque si tratta di studiarlo, sì, ma standoci dentro, sporcandosene mani e mente e sensibilità. 2. Perché il ragionamento si fa seguire da chiunque abbia desiderio di capire; non usa gli argomenti e i riferimenti tipici di chi si sente deputato a presidiare lo spazio professionale e accademico per salvaguardarlo dalle invasioni barbariche. A questo proposito, Bollorino non è ottimista né pessimista, è semplicemente realista. Il mondo è andato e continuerà ad andare in questa direzione, non si torna indietro, dunque cerchiamo di capirlo, e per capirlo cerchiamo di starci dentro, non fosse altro per esperire la novità, e poterla poi concettualizzare. Soprattutto vediamo di imparare a distinguere fisiologia e patologia. 3. Come ultima ragione di importanza, perché questa serie preziosissima di video presenta la ricchezza e la densità argomentativa di un saggio scritto, senza esserne appesantito da quegli elementi di ricattatoria prosopopea che tanta scrittura porta con sé. E' il suo un invito a discutere. Facciamolo, dunque.

ringrazio Roberto per le sue belle parole che un po' mi confondono.
Prendo spunto dalle sue ultime per stimolare i lettori (ISCRITTI ALLA RIVISTA) a partecipare al dibattito su un tema che credo davvero ci coinvolga e che vada affrontato con attenzione.
Solo da uan polifonia di opinioni può nascere un percorso condiviso di analisi e di prospettive.
Come psichiatri psicologi operatori della Salute Mentale non possiamo esimerci da analisi di tal fatta secondo me


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