lacan

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Se in questa corsa alla verità si è soli, se ad accostare il vero non si è tutti, nessuno tuttavia l’attinge se non attraverso gli altri. […] Il collettivo non è altro che il soggetto dell’individuale.
J. Lacan,
Il tempo logico e l’asserzione di certezza anticipata. Un nuovo sofisma, 1945

 
Il collettivo del Milan fa (faceva) molti gol.



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Sull’altro come altro corpo
 
 

Congetturare, sapere, confidare, attendere, dubitare, esser chiaro, esser certo, sospettare, attribuire qualcosa a qualcuno, sono processi che stanno sullo stesso piano.
E. Bleuler, Affettività, suggestionabilità e paranoia

 



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Dei lavori che ho svolto in vita mia, l’assistenza domiciliare è il più impegnativo. Anche più impegnativo del lavoro in comunità residenziale per bambini con difficoltà psichiche gravi. Lavorare con persone che hanno una certificazione psichiatrica, da soli, senza colleghi, almeno non presenti con te... sola, ma immersa nell’Istituzione famiglia!



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Questo è un testo di ricerca. Non divulgativo, non narrativo, per molti non sarà neppure di facile intelligenza, perché offre pochi agganci a dottrine acquisite. Lo scrivente è un ricercatore, non un maestro né un accademico. Non possiede fonti di insegnamento da dispensare ad allievi; adotta il riferimento epistemico alla matematica, tentando di privilegiare forme di sapere sin dall’origine diffuse e collettive, senza modalità privilegiate di accesso, che nessun singolo abbia diritto di monopolizzare.



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Avevo compiuto sei anni da cinque mesi. Da poco avevo imparato a leggere. Un’esperienza sconvolgente: entrare in un altro mondo al di là del reale, nel mondo dei simboli scritti, che hanno una vita propria, non meno coinvolgente di quella reale. Fu come imparare a nuotare in mare aperto o diventare padre, qualche anno dopo. Lessi sul “Corriere” del 3 dicembre 1946 l’incipit del famoso articolo di Dino Buzzati, grande scrittore prima che giornalista:


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Le maître de demain, c’est dès aujourd’hui qu’il commande.
Jacques Lacan

 



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Sebastiano aveva quasi 12 anni e arrivò due giorni dopo che avevo iniziato a lavorare in un’Istituzione per bambini psicotici e nevrotici gravi.[1] Passava gran parte del tempo a tirarsi la sabbia in faccia, a buttarsi a terra, rompeva vetri e oggetti vari, andava in giro nudo, si toccava il pisello, si picchiava, dava calci e testate. Il primo contatto con lui è andato più o meno così.



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Cara Catherine Millot,
ti scrivo questa lettera innanzitutto per ringraziarti perché pubblicando questo libro mi soddisfi curiosità che non avrei mai chiesto di sapere, ma che non avrei voluto non leggere.


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Regolarmente attorno al maestro si assiepa un collettivo. La massa degli allievi segue le orme di un personaggio vissuto come battistrada sulla via del sapere. Per definizione il collettivo che ruota attorno al maestro è discente. Il problema che raramente si pone è se possa esistere un collettivo docente.

Provo a individuare un paio di condizioni necessarie, chiaramente non sufficienti, che renderebbero possibile l’esistenza di un collettivo docente.




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