Violenza di genere

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L'amour est l'enfant de Bohême,

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NELLA STANZA CHIUSA. 
RILEGGENDO VIVERE CON BARBABLÙ” IN TEMPO DI COVID
 

di Pierpaolo Martucci
 

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Dalla “notte delle lunghe molestie” di #Colonia in poi, ne ho lette di tutti i colori.

Chi ha gridato all’Uomo Nero.
Chi ha gridato e basta.
Chi se ne è lavato le mani.
Chi ha inneggiato alla presa di posizione degli uomini bianchi per proteggere le “proprie” donne – ma, forse, in questo caso sarebbe meglio dire femmine – dalle mani dei neri.



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La violenza contro le donne, detta femminicidio nella sua forma più estrema, agita la coscienza della “società civile”; pone in primo piano la drammaticità di un fenomeno che appare terribile, aberrante, e inquietante nella sua dimensione.



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Relazione tenuta il 4 ottobre 2013 durante il Convegno SIPP "LE FORME DELLA VIOLENZA" a Napoli
Simona Argentieri è membro ordinario e didatta dell'Associazione Italiana di Psicoanalisi e dell'International Psycho-analytical Association. Tra i suoi libri: Il padre materno (1999); La Babele dell'inconscio (2003 con J. Amati e J. Canestri); L'ambiguità (Einaudi, 2008); A qualcuno piace uguale (Einaudi, 2010). Collabora con l'«Espresso» e «Micromega».

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Mi piace pochissimo la parola “impazzimento”, come del resto ho avversione per le parole più mediaticamente inflazionate quali raptus o l’associata depressione, e via dicendo, tutte invariabilmente utilizzate a sproposito e quasi sempre per descrivere categorie di fenomeni che sfuggono alla prevedibilità o a precedenti classificazioni o statistiche.



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