Luigi D'Elia
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Seccato dall’inflazione di voci giunte sul web circa l’intervista a Guido Barilla alla trasmissione La Zanzara, commentavo sarcasticamente sul mio profilo Facebook che in realtà quella di Barilla poteva essere interpretata come una promozione subliminale alla polizia privata e alle società di buttafuori.
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Adulto? Chissà cosa significava un tempo questa parola oggi sconosciuta?
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L’ultima cosa che vorrei che mi capitasse dopo aver scritto questo articolo è che un alieno proveniente da un altro sistema solare, somigliante ad uno gnometto, mi bussasse alla porta e mi svelasse telepaticamente la vera natura delle scie chimiche, dei terremoti indotti da sistema HARRP, il complotto mondiale del club Bildelberg, quello giudaico dei Protocolli dei Sette Savi di Sion, quello della Massoneria ed infine l’auto-attentanto dell’11 settembre da parte della CIA.
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Mi piace pochissimo la parola “impazzimento”, come del resto ho avversione per le parole più mediaticamente inflazionate quali raptus o l’associata depressione, e via dicendo, tutte invariabilmente utilizzate a sproposito e quasi sempre per descrivere categorie di fenomeni che sfuggono alla prevedibilità o a precedenti classificazioni o statistiche.
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È difficile raccontare il consumismo senza incappare nella lettura moralista che oggi prevale tra coloro che lo criticano. Basta pensare alla chiesa cattolica, sempre più a sinistra nella condanna del consumismo come uno dei principali mali della nostra società, ma anche dalla galassia ecologista e da altri settori sociali di ogni tradizione politica giungono severe critiche quasi mai prive di una coloritura nostalgica, antimoderna e anche moralistica.
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Non penso sia un problema parlare di temi quali il rapporto tra economia, politica e benessere psicologico partendo da un approccio psicoterapeutico, nell’accezione più inclusiva possibile di questo costrutto. Uno psicoterapeuta deve infatti possedere allo stesso tempo sia delle buone ipotesi scientifiche di lavoro, sia un praticissimo buon senso se vuole occuparsi efficacemente delle vite altrui.
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Se io fossi un giocatore d’azzardo forse non mi interesserebbe niente di sapere della complessa etiologia e della larga comunanza del mio comportamento.
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Primo concetto: il paradosso di Easterlin
Il paradosso di Easterlin (1974), dice in sintesi che la relazione tra reddito e felicità auto percepita non cresce linearmente nel tempo, all’inizio aumentano insieme, ma dopo una certa soglia e dopo un certo tempo, ogni ricchezza in più non solo non aumenta la felicità, ma l’andamento s’inverte e la felicità si stabilizza o decresce.
Il paradosso di Easterlin (1974), dice in sintesi che la relazione tra reddito e felicità auto percepita non cresce linearmente nel tempo, all’inizio aumentano insieme, ma dopo una certa soglia e dopo un certo tempo, ogni ricchezza in più non solo non aumenta la felicità, ma l’andamento s’inverte e la felicità si stabilizza o decresce.